Ted Bundy, il "padre" dei serial killer: 36 omicidi raccontati in un audiobook

Il serial killer Ted Bundy in una foto degli anni Settanta
Il serial killer Ted Bundy in una foto degli anni Settanta
di Leonardo Jattarelli
Giovedì 24 Agosto 2017, 18:36 - Ultimo agg. 30 Agosto, 20:32
4 Minuti di Lettura
Chi volesse mettersi sulle sue tracce, può spulciare tra i romanzi di Bret Easton Ellis come il celebre “American Psycho”, o ne “La metà oscura” di Stephen King o ancora in “Oggetti di reato” di Patricia Cornwell ma di lui parlano anche Michael Connelly, Niccolò Ammaniti, Lars Kepler, Stephenie Meyer nel suo “Eclipse” e, ultima, Paula Hawkins in “La ragazza del treno”. Il soggetto in questione non è stato un uomo qualsiasi, ovviamente, ma uno dei criminali più sanguinari della storia. Ma c’è di più: per lui, Ted Bundy, fu addirittura coniato per la prima volta il termine “serial killer”, trentasei omicidi ai danni di giovani donne tra il 1974 e il ‘78 dodici delle quali trovate decapitate.

La ferocia incommensurabile di Bundy ora passa attraverso il racconto sonoro di un prezioso audiolibro firmato da Jacopo Pezzan e Giacomo Brunoro (la pubblicazione è di Le case Books), già autori degli audiobook dedicati al mostro di Firenze e al caso di Felice Maniero. «Noi serial killer siamo i vostri figli, i vostri mariti. Siamo ovunque» è questa la frase di Bundy scelta dagli autori per presentare il loro lavoro, ottanta minuti di narrazione e suspense su quello che definiscono «un caso unico nella storia. Risulta quasi impossibile comprendere l’orrore e le oscene perversioni che albergavano nel cuore di un uomo capace di azioni bestiali e aberranti. Ancora oggi si resta interdetti di fronte alla follia lucida di Bundy: tutti quelli che lo conoscevano - continuano - non avevano mai nutrito il minimo sospetto sulla sua natura bestiale. Era un ragazzo pulito e dai modi gentili, tutto qui. Una brava persona, uno come tanti altri».

Il “caso” dell’audiobook su Ted Bundy riporta anche all’attualità il mercato in espansione del genere, attestato anche dai recenti dati dell’Aie (Associazione Italiana Editori): dopo un leggero boom attorno agli anni 2009 e poi ad un calo di vendite, il settore degli audiolibri oggi sta vivendo un periodo di rinascita nel nostro Paese di non lettori. Gli editori specializzati in audiobook hanno 1.800-1.900 titoli in catalogo, numero che però sale a 2.400 su Audible, con una stima di fatturato di circa 4,8-5 milioni di euro, il tutto senza contare i risultati del gruppo Amazon che non rivela i propri dati di vendita.

L’opera su Ted Bundy rappresenta un fiore all’occhiello del settore, se non altro per la scelta di un personaggio folle che ha ipnotizzato anche il cinema. Il grande schermo ha infatti dedicato alle sue gesta tre film: “Ted Bundy” nel 2002 di Matthew Bright, “Il serial killer” diretto da Paul Shapiro l’anno successivo e “An Ameriacn Icon” (2008) di Michael Feifer. Tra l’altro, Bundy è presente anche nella decima puntata di “South Park” dal titolo “Inferno sulla terra” dove il serial killer compare con altri due pluriomicidi, John Wayne Gacy e Jeffrey Dahmer.

«Un sadico sociopatico che traeva piacere dal dolore altrui e dal senso di potere che provava verso le sue vittime, sia quando stavano per morire, sia dopo» ha scritto di lui la sua storica biografa, Ann Rule, mentre Bundy stesso si è definito una volta «Il più gelido figlio di puttana che incontrerai mai». Per la maggior parte dei casi che hanno riguardato la lunghissima scia di sangue che si è lasciato dietro, Ted Bundy utilizzava una tecnica speciale di adescamento, definita “del braccio ingessato”: alle sua vittime chiedeva infatti, mostrando l’arto offeso, di aiutarlo a trasportare nel suo Volkswagen maggiolino, pacchi e oggetti vari. Quando la vittima saliva a bordo dell’auto, Bundy girava la chiave dell’accensione e partiva. Qualche attimo dopo la giovane malcapitata si accorgeva che sul lato del passeggero mancava la maniglia per aprire lo sportello e la manovella per abbassare il finestrino. E il gioco per il serial killer a quel punto era fin troppo semplice.

Un’infanzia difficile senza genitori e con un nonno, Sanuel Cowell, definito tiranno e razzista, antisemita e anticattolico, violento con la moglie e anche con i cani e i gatti del quartiere, il giovane Bundy è cresciuto vagabondando per i quartieri della cittadina di Burlington, dov’era nato nel ‘46, rovistando nella spazzatura in cerca di foto e giornaletti pornografici. Raccontano fosse un assiduo lettore di riviste pulp e romanzi polizieschi che avevano come sfondo violenze sessuali. 

Nel ‘69, quando decise di iscriversi all’Università per seguire corsi di psicologia e legge, Bundy sembrava aver placato il suo istinto omicida. Ma solo cinque anni più tardi firma il primo tentato omicidio ai danni di Joni Lenz, diciotto anni, presa a sprangate sul suo letto e violentata. La ragazza si salvò per miracolo riportando lesioni gravi. Da lì, la ferocia del killer diventò seriale, fino al suo arresto in Colorado, il trasporto in carcere, l’evasione nel ‘77 per raggiungere la Florida dove ucciderà altre donne e infine la nuova cattura, il processo con l’accusa di 36 omicidi e la condanna alla sedia elettrica che si accese alle 7.06 del 24 gennaio del 1989. 
Il procuratore Polly Nelson, uno dei suoi avvocati difensori, scrisse su Bundy: «Era la precisa definizione del Male».
© RIPRODUZIONE RISERVATA