99 Posse, vent'anni dopo i guaglioni ribelli corrono ancora

La copertina di «Curre curre guagliò 2.0. Non un passo indietro» cita quella originale
La copertina di «Curre curre guagliò 2.0. Non un passo indietro» cita quella originale
di Federico Vacalebre
Lunedì 24 Marzo 2014, 14:18 - Ultimo agg. 15:48
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Non pensate ai dinosauri rock che rifanno, in studio o live, il loro disco-capolavoro o di maggior successo per mascherare una crisi creativa che suggerirebbe il pensionamento immediato. Curre curre guagli 2.0. Non un passo indietro una festa di compleanno agrodolce, a ritmo di reggae-rap e techno-rock, con una consapevolezza che venti e passa anni fa non poteva essere patrimonio di un collettivo di rivoluzionari veraci: Hasta la victoria siempre, ma ogni tanto un pareggio ci sta bene lo stesso. L'idea dei 99 Posse di reincidere, e a tratti riscrivere, un disco storico per la scena alternativa e militante italiana, inno dei centri sociali e recentemente entrato anche nelle antologie scolastiche, è antigaberiana: «La nostra generazione non ha perso, almeno non quanto quelle che ci hanno preceduto», dice con il solito sorriso sardonico Luco Persico, alias 'o Zulù, frontman e portavoce del quartetto ribelle, anzi del sestetto: con Marco Messina ai beat, Jrm al basso e Sacha Ricci alle tastiere «ci sono altri due compagni a formare il collettivo, ogni giorno decidiamo tutto, da come partire per la prossima data a chi destinare i fondi delle nostre iniziative: per questo disco abbiamo scelto di devolvere tutto alla costruzione dell'asilo Vittorio Annigoni a Gaza».

Ma torniamo al bilancio: «Nel 1993 ”Curre curre guagliò” fu uno spartiacque: scugnizzi incendiari incisero un disco per un’etichetta indipendente napoletana, la Flying Record, e mostrarono la strada: si poteva fare, si poteva dire quello che si pensava, si potevano denunciare le debolezze di una sinistra finta e troppo divisa. Per quello che ci riguarda, come canto, siamo attivi, le battaglie si vincono e si perdono, ma i collettivi restano. Oggi in Italia si dà per scontata la presenza di spazi occupati e autogestiti. La battaglia per mantenerli aperti continua, ma andare in un centro sociale e scoprire che ormai non conosciamo quasi nessuno dei compagni che li animano è una bella notizia: dice che noi stiamo invecchiando, ma anche che ci sono nuove generazioni di combattenti per un altro mondo possibile».

E di compagni, nuovi e vecchi, la ritrovata 99 Posse se ne porta dietro tanti per reinventare un album epocale: i reggaeman Alborosie e Mama Marjas dicono la loro in «Curre curre guagliò. Still running», Enzo Avitabile e i Bottari aggiungono profumi etnici al funerale della Partenope della Prima Repubblica di «Napolì», Clementino trasforma «Ripetutamente» a confessare ispirazione e maestri come fa anche Ensi in «Odio ancora», J-Ax griffa «Rappresaglia rap», Paolo Rossi e Caparezza aggiornano «'O documento». Ma all'appello hanno risposto anche Pau e i Punkreas («Odio»), Samuel dei Subsonica, la Banda Bassotti, Signor K e Bonnot, i Sangue Mostro, Roy Paci («Ripetutamente»). Non ci sono Meg e i Bisca, con cui pure hanno fatto ditta, né gli Almamegretta, con cui pure divisero l'adrenalina degli esordi.

I brani originali («1 2 3 4» con Francesco Di Bella, «Soggetti attivi», la surreale poesia di «Stato d'emergenza», «Nun c'à faccio più» con Valerio Jovine) mostrano che la creatività c'è ancora anche se è difficile, se non impossibile, replicare la magia di quel momento esplosivo: per la band, per la città, per la scena che li elesse a megafono. Il suono è «aggiornato, come qualsiasi musicista farebbe con un suo disco chiuso il giorno prima, figuriamoci con qualcosa di vent'anni fa», riprende Zulù, sorpreso «di quanto seminato e di un'inattesa maturità che ci suggerisce di badare più alle cose che uniscono che a quelle che dividono. Vale per la sinistra, non certo quella ufficiale, da noi, come per i musicisti. Qualcuno si stupirà di trovare J-Ax al nostro fianco, ma noi e gli Articolo 31 abbiamo esordito insieme, per la stessa indie partenopea, scoperti dallo stesso talent scout, Francesco Diana. E, come i giovani rapper di oggi, cantiamo la strada e la rabbia di chi si sente diverso, non il fighettismo imperante».

Siamo liberi, liberi, ma ce sentimmo 'e schiattà, insomma: non sarà molto, ma urlare il disagio è sempre meglio che tenerlo dentro, somatizzarlo, vederlo poi implodere o esplodere. Restiamo umani, suggeriva Annigoni. «Ora e sempre resistenza», saluta Zulù, «e la minuscola sta per dire che abbiamo imparato a non prenderci troppo sul serio, la rivoluzione è lontana, forse non ci sarà mai, ma piccole cose sono cambiate, se il mondo forse è anche peggiore che nel '93, la nostra vita ha spazi e speranze e suoni che allora non c'erano».

Domani, martedì 25, con il cd finalmente nei negozi, prima presentazione: alle 18 alla Feltrinelli di Napoli.

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