Alex Britti: «Io e la mia chitarra. Un concerto a Roma, poi un disco e un tour»

Alex Britti: «Io e la mia chitarra. Un concerto a Roma, poi un disco e un tour»
di Marco Castoro
Venerdì 24 Giugno 2022, 06:55 - Ultimo agg. 25 Giugno, 14:49
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Alex Britti, nuova metamorfosi. Complesso strumentale, solo chitarra.
«Concerto di chitarra, ho una band che mi accompagna, suonerò non canterò, o meglio non canterò tormentoni. Qualcosa canto».
Quei brani mai ascoltati alla radio…
«Sì, proprio quelli, che non sono passati negli anni in cui passavano altre cose. Quindi ho preferito cantare il lato b dei miei dischi, anzi il lato c».
Mi dicono che appena nato non aveva il biberon ma una chitarra…
«Ho iniziato molto presto. Ho chiesto per regalo una chitarra quando avevo 6 anni e al compleanno dei 7 me l’hanno regalata».
Quindi c’è chi giocava con Batman e chi con la chitarra…
«Infatti. Ha sostituito molto i giochi dell’infanzia, dell’adolescenza e adesso mi accompagna anche da adulto».
Si è mai ispirato a qualche grande chitarrista?
«Io dico sempre che per capire come suono la chitarra devi prendere un frullatore e metterci dentro Stevie Ray Vaughan, Freddie King, Jimi Hendrix, Pat Metheny, Paco de Lucia e Bill Frisell. Agiti bene ed esce Alex Britti».
Nuovo disco il primo luglio…
«Esatto. Sabato 25 alla Casa del Jazz di Roma concerto in cui presento il disco. Poi il tour».
Tornerebbe a Sanremo?
«Sì, perché no: c’è un bel mare, si mangia bene, si sta da Dio».
Nel periodo del lockdown l’abbiamo applaudita per le sue lezioni social di chitarra…
«È stata una bella esperienza, mi sono sentito anche lì in dovere.

Avevamo tempo a disposizione, potevo fare solo il papà ed eravamo chiusi in casa. Quindi perché non sfruttare il fatto di saper suonare la chitarra? Sono riuscito a raccogliere un po’ di soldi da dare all’ospedale Niguarda di Milano che all’inizio era in sofferenza, non avevano neanche le mascherine, il disinfettante. Nei primi giorni ho aiutato malati, infermieri, dottori ad affrontare questa nuova cosa che stava accadendo e che nessuno capiva. Hanno comprato anche dei respiratori, dei macchinari per aiutare i pazienti, mi arrivarono i messaggi da Instagram degli infermieri che mi ringraziavano. Ho fatto una cosa normale che mi ha fatto sentire importante».

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