Alex Britti, Mojo è il nuovo album: «Il mio disco strumentale diversamente blues»

Alex Britti, Mojo è il nuovo album: «Il mio disco strumentale diversamente blues»
di Federico Vacalebre
Venerdì 24 Giugno 2022, 11:00 - Ultimo agg. 26 Giugno, 11:45
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È il disco che forse avrebbe voluto fare da sempre, o forse l'unico possibile in un momento come questo: di ritorno alla musica dopo gli anni dedicati al figlio; di transizione visto il mercato travolto dai giovanissimi; di cambiamento dato il nuovo corso discografico, da indipendente. «È sicuramente il disco che dovevo fare adesso», spiega Alex Britti, 53 anni magnificamente portati, parlando di «Mojo», il suo nuovo album, strumentale, dall'1 luglio sulle piattaforme e a settembre anche su vinile.

Un disco sorprendente, inciso con pochi amici musicisti, meno blues di quanto si sarebbe potuto immaginare conoscendo la passione chitarristica del cantautore romano, o forse, per dirla meglio, diversamente blues: Stevie Ray Vaughan è il modello di riferimento per un brano come «Dolce Sveva», ma in «West & Co» il tocco è alla Link Wray, altrove spuntano riferimenti fusion e patmetheninyani («Sotto il cielo di Amsterdam»), ma anche melodie che tengono insieme Santana, Paco De Lucia e Pavarotti («Tuscany»).

«I miei discografici si aspettavano un disco di blues, poi l'hanno trovato pieno di mare, di Mediterraneo, lo presenteranno come un lavoro di jazz contemporaneo, tanto le definizioni di genere servono a poco», continua Alex, «io non avevo parole da spendere e sentivo che, dopo la pandemia, mettere le mani sulla sei corde era diventata una questione urgente.

L'afasia dell'isolamento doveva essere superata in qualche modo, magari fedele con gli esperimenti musicali che stavo portando avanti da qualche tempo». 

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Così Britti se ne andrà in tour lasciando a casa le sue canzoni («qualcuna la canterò, ma non le più famose»), domani sera tornerà alla Casa del Jazz di Roma, «poi on the road, come piace a me. La domanda giusta non è perché io abbia fatto un album così, ma perché abbia aspettato a farlo sino ad oggi. Era quasi un'esigenza morale, la sentivo crescere in me, anche se finché stavo con le major non ero libero di farlo. Un po' come successo ad un maestro come Pino Daniele. La confusione del mondo musicale che ci sta travolgendo tiene insieme stupidità e creatività, per me è meglio passare un turno, rifugiarmi nelle mie chitarre: il mondo è fluido? E fluido, inclassificabile, è il mio blues, in cui ritrovi il funky, il rock, il melodramma, lo shuffle, il country, il suono del delta di Chicago e quello del Texas, ma, in fondo, anche la mia anima più pop». Il titolo, «Mojo», viene da un cavallo di battaglia di Muddy Waters: «I classici sono i classici, non si scherza», conclude Alex, «e quel brano parte dall'Africa, approda in America e arriva sino a casa mia. Mojo vuol dire amuleto, e di portafortuna abbiamo tutti bisogno». 

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