Alluvione Emilia Romagna, intervista a Mirko Casadei: «Romagna mia nel fango, orgoglioso di quei ragazzi»

«Peccato non sia arrivata una parola dal palco di di Bruce Springsteen»

Mirko Casadei con la sua orchestra
Mirko Casadei con la sua orchestra
di Enzo Gentile
Domenica 21 Maggio 2023, 08:00 - Ultimo agg. 22 Maggio, 07:21
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«Quando dalle strade piene di fango e detriti ho sentito che dalle voci dei ragazzi intenti a spalare si alzava il canto di “Romagna mia”, ho sentito un grande orgoglio. Tra di loro c'erano anche i miei figli e ho pensato alla mia famiglia, a chi ha raccontato la Romagna: e ho capito che ce la faremo anche stavolta». Mirko Casadei, cinquant'anni, è l'erede di una famiglia che attraverso le generazioni, dal patriarca Secondo Casadei al padre Raoul (con la sua mitica orchestra) scomparso due anni fa, ha portato nel mondo quel pezzo del nostro Paese oggi martoriato dall'alluvione. «Siamo tutti colpiti nel profondo da questa tragedia: non parlo di casa nostra, a Gatteo siamo stati risparmiati, ma a pochi chilometri il dramma è pesantissimo. Anche alcuni nostri musicisti che vivono a Ravenna sono stati evacuati. E per ora ci preoccupiamo delle persone, sui danni bisognerà fare i conti più avanti. Certo, qui davanti a noi le spiagge, che erano già pronte, sono un cumulo di rovine; è evidente che serviranno molti aiuti e il lavoro di tutti per salvare la stagione turistica».

Come affronta un artista che qui è nato e vive, e che canta da sempre la Romagna, una simile disgrazia?
«Non resta che rimboccarci le maniche e lavorare tutti insieme, nella stessa direzione, per uscire dai tantissimi problemi.

Dal canto mio ho una stagione già fitta: tante date in calendario e anche ieri, da Montecatini, ho rilanciato la raccolta fondi e so di camion che arriveranno a Faenza con i beni di primo soccorso. È naturale che io faccia questo, ma credo che nessuno si tirerà indietro: una manifestazione itinerante già prevista per l'estate, “Balamondo”, presente sulla costa romagnola ma anche all'interno, vedrà la partecipazione di colleghi che naturalmente si uniranno alla solidarietà. Tra coloro che avevano già aderito al mio invito ci sono Max Gazzè, Ron, Fabio Concato, e alti si aggiungeranno. Non basterà, ma può essere un inizio».

Che cos'altro potrà servire a livello di comunicazione?
«Mi hanno già chiamato i conduttori di diverse trasmissioni televisive, che mi ospiteranno per ribadire la necessità di sostegno: lunedì sono da Simona Ventura, martedì da Serena Bortone, domenica prossima da Mara Venier. E intanto si diffonderanno le note delle nostre canzoni, da “Romagna mia” a “Romagna capitale”: e sono sicuro che anche mio papà Raoul sarebbe, anzi sarà comunque in prima fila, anche se non c'è più: lui è stato il motore della diffusione e della divulgazione della nostra tradizione. Mi mancano in questo momento la sua parola di conforto, la sua certezza che ci si rialza sempre, anche dalla peggiore delle scoppole».

Ha avvertito subito la presenza solidale della comunità artistica?
«Sicuramente, e la cosa mi ha emozionato, perché è partita spontaneamente. Tanti mi hanno chiamato. Succede anche perché lo spirito dei romagnoli è noto a tutti e la forza di chi ci vuole bene non rimarrà isolata. Ho anche letto delle polemiche intorno all'appuntamento di Ferrara per il concerto di Bruce Springsteen. Ma chiunque abbia appena avvicinato questo mestiere sa che non si poteva sospendere o rimandare lo show. Certo, sarebbe bastato pochissimo per dare un segnale: una parola dal palco per accendere la sensibilità su quello che è un disastro davvero impressionante. Peccato non sia arrivata».

In tutta la regione cinema, teatri, discoteche non hanno chiuso, dove era possibile.
«Ecco perché dico che pensare che si potesse cancellare o spostare un evento di quella caratura era sbagliato e che troppe polemiche sono state fatte inutilmente. Ma il silenzio di Springsteen - e me lo hanno detto anche alcuni suoi grandi fans - è pesato nella notte di Ferrara. Ma forse dirà o farà qualcosa di concreto prossimamente, magari anche senza pubblicizzarlo. La solidarietà si fa, si vive, non si sbandiera». 

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Anche Carolina Casadei, altra figlia di Raoul, è d'accordo: «Brividi... brividi e orgoglio romagnolo: questo ho provato quando ho visto e sentito tanti giovani volontari cantare “Romagna mia"”mentre raccoglievano l'acqua e spalavano il fango dai locali e dalle strade colpite dall'alluvione che si è abbattuta sulla regione. Abbiamo un ristorante a Cesenatico, abbiamo avuto danni ma oggi siamo chiusi per andare ad aiutare i nostri amici di Cesena che sono stati colpiti più di noi: questo è il vero animo romagnolo», esclama Carolina, che ricorda le parole scritte dal padre nelle ultime righe della sua autobiografia, Bastava un grillo: «La nostra musica ha un segreto, che poi è quello della nostra gente: ha i piedi ben piantati a terra. E quando il vento soffia forte, può sbattere e inclinarsi ma rimane sempre salda e, soprattutto, sa ridere del vento». 

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