Almamegretta, elogio del sound figlio di «Ennenne» | Foto

Gli Almamegretta
Gli Almamegretta
di Federico Vacalebre
Venerdì 29 Aprile 2016, 13:25 - Ultimo agg. 6 Maggio, 18:59
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Si intitola «Ennenne» e anche il titolo è una conferma: da sempre convinti che il fiore più felice sia quello senza radice, gli Almamegretta, pronti al ritorno nei negozi di dischi il 6 maggio, ripartono dall’acronimo di «nescio nomen» per reclamare il primato del loro suono meticcio e bastardo, del loro lingo sonico, del loro veracissimo incrocio di suoni, lingue, culture, razze, cucine, profumi, popoli.
 



Di genitori ignoti, ma sicuramente intonati e danzabilissimi, sono i dieci pezzi del cd, che contiene non poche sorprese per il collettivo napoletano: in copertina Raiz, Gennaro «T» Tesone e Paolo Polcari, responsabile degli arrangiamenti, sono sagome che camminano sul mare. E sul lungomare di Napoli i tre hanno girato il primo videoclip del disco (Sanacore/Goofellas), «’O ssaje comm’è» («E sbatte ancora ‘o mare ‘ngoppo ‘a rena ‘e Margellina, pure ‘a muntagna pare blu quanno se fa matina»), contornati di tantissimi amici e colleghi, nel rendere omaggio al sound di quel James Senese con cui hanno fraternizzato nel tour di «Passione».
L'album torna decisamente al reggae, e al dub almeno come filosofia, e a Nino D’Angelo è piaciuta molto la versione in levare di «Ciucculatina d’’a Ferrovia», uno dei suoi brani più intensi, storia di una scugnizza destinata a bruciare come le sigarette che vende di contrabbando riletta con sensuale partecipazione alla Gregory Isaacs. E alla produzione della On-U Sound - ma tutto il missaggio del disco è stato affidato al vecchio amico Adrian Sherwood - è dedicata «Scatulune», canzone, e ci risiamo, dell’animo migrante, di chi ha più case, più patrie, più rifugi, più amori.

Federico «Fefo» Forconi, Mario «4mix» Formisano, Maurizio Capone, la soul sister casertana Wena, la nuova cattivissima di «Gomorra 2» Cristina Donadio e Lucariello aggiungono versi, groove, assoli, suoni, fascino, ma l’ospite più sorprendente è Carlo D’Angiò: tocca proprio al fondatore della Nccp dividere le linee di canto di «Musica popolare», invito ad uccidere il folk prima di restare uccisi da puristi e purismi: un afro/reggatta amabilissimo che riporta D’Angiò a cercare, questa volta con gli Alma, una Musica Nova, qualcosa che rinneghi la tradizione inverandola, che la sovverta amandola.

Ai fans di «Nun te scurda’» piacerà la ballad giamaicana «On the run», «Gimmeurlove» è dolcissima nel seguire due innamorati in via Poggioreale, «Curre core» ricorre a un ritmi nyabinghi mediterraneizzato e si «riprende» il ritornello prestato ai Massive Attack per «Karmakoma - The Napoli trip». «Tiempo niro» è un funly spietato sulla macchina da fango dei social media, di cui Raiz è rimasto più volta vittima. La conclusiva «’A gente» (di Danilo Turco) ci porta nel vicolo cieco dei condizionamenti esterni.

Il sound è pastoso, ipnotico, gioca con i cambi di tempo ma soprattutto di atmosfere, si gode la carnalità del canto profondo del leader che resta il tratto più riconoscibile del gruppo, pronto a macinare chilometri nel tour che verrà.

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