Un libro sugli Alunni del Sole:
non sono solo canzuncelle

Gli Alunni del Sole
Gli Alunni del Sole
di Federico Vacalebre
Sabato 21 Marzo 2020, 19:00
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Non sono solo canzuncelle. Perché la storia degli Alunni del Sole non è quella di un qualunque complesso pop italiano, nato sul finire del beat e degli anni ‘60 per arrivare nel decennio successivo al grosso successo popolare e conoscere poi l’inevitabile declino, l’onta della rottamazione e poi la ricompensa della riscoperta tardiva. E non è nemmeno da relegare alla nostalgia canaglia, alle «Rotonde sul mare» e «I migliori anni», quei revival televisivi che fan di tutta l’erba un fascio, confondendo protagonisti e comparse. Paolo Morelli è stato un talento complesso, a volte anche difficile nella personalità mai nel suono melanconicamente gentile, nella versificazione pallida e assorta, nella napoletanità melodica di cui erano intrise le sue canzoni, nel curioso vibrato canoro, nel pianismo colto ed eurocentrico, nella sapiente utilizzazione delle ripetizioni, nei testi capaci di parlare con gentilezza dell’amore profano, carnale, promiscuo al posto di quello dei trottolini amorosi: per sempre viva Liù, che si stendeva su di noi, senza chiederci perché.
Nessuno avrebbe potuto raccontare questa storia meglio di Bruno Morelli, fratello del cantautore che volle essere gruppo pur di averlo a suo fianco. La loro vita, professionale e privata è un unicum, una sintonia mai interrotta, con Paolo a comporre e scappare dal successo, e Bruno a trovare il modo che i «sogni» del fratello diventassero realtà, canzoni, dischi, concerti, successi. Con l’aiuto di Antonio G. D’Errico, Bruno Morelli ha raccolto questa storia in un libro, «Alunni del Sole», edito da Arcana, disponibile da fine mese su Amazon e nelle librerie... quando riapriranno.
Il racconto è tenero, come Bruno d’altronde, che non poteva che iniziare dalla fine, da quel 9 ottobre 2013 in cui Paolo se n’è andato, per riavvolgere poi il nastro della memoria. Papà Ardelio, toscano di Fucecchio, era violinista e, da militare, entrò nell’orchestra che si esibiva per i soldati americani a Santa Maria Capua Vetere, poi passò alla Scarlatti e rimase a Napoli, dove si sposò e scrisse canzoni come «La mano del signore» per Little Tony. Mamma Maria, pianista diplomata al San Pietro a Majella con Francesco Cilea, si vantava di aver cantato come mezzosoprano nell’«Adriana Lecouvreur» al San Carlo, alla presenza di Maria Josè e del principe ereditario. Lei amava l’opera, lui suonava di tutto, sassofono contralto e clarinetto compresi, e prediligeva Jelly Roll Morton, Louis Armstrong, Count Basie, Charlie Parker, il Quintetto dell’Hot Club de France. A mettere d’accordo i gusti c’erano i classici napoletani, in casa si cantava e suonava tutti insieme «Reginella» e «Palomma ’e notte».
Paolo e Bruno, Bruno e Paolo. Il cervello e le braccia. Paolo legge Rimbaud, Mallarmè, Verlaine. I primi complessi, i primi ingaggi, i primi night, l’U.S.0. di via Medina, il Laghetto, a Fuorigrotta e i Damiani al parco della Rimembranza, oggi noto come Virgiliano. Il Lido club 21, il San Francisco, il River club alle Arcate, le spogliarellista, la dolce vita alla partenopea. Poi un dirigente Rai li nota allla Lampara di Ischia Porto e inizia l’avventura. Si fanno chiamare i Maronti prima di trovare il nome adatto in un romanzo di Marotta, ma sanno di essere un gruppo strano, in realtà Paolo è un cantautore che si nasconde dietro Bru’, come lo chiama lui, e gli altri musicisti che passano nelle fila del gruppo. Arbore, puntualmente, li nota, anche perché flirtano con il napoletano.
Poi, trasferiti a Roma i Morelli, la vicenda degli Alunni del Sole corre parallela ad una stagione d’oro della discografia italiana: prima la Produttori Associati di Antonio Casetta, poi la Ricordi di Carlo Rossi, infine la Rca del mitico Ennio Melis. Quando quest’ultima sarà venduta ai tedeschi del gruppo Bertelsmann, proprietari del marchio Bmg Ariola, il gruppo finirà nel cono d’ombra che accompagna il tramonto dell’industria discografica nostrana.
Ma prima... In studio Fabrizio De André non perde una registrazione di Paolo, «L’aquilone» e «Concerto» sono i primi successi della band, «Dove era lei a quell’ora» del 1972 è l’lp d’esordio, quasi un concept album, in sintonia con la temperie progressive. Protagonisti a «Canzonissima» come al «Festivalbar» (nel ‘78 lo vincono con «Liù», ex aequo con «Wutering heights» di Kate Bush), gli Alunni del Sole evitano di restare prigionieri dei 45 giri, sanno costruire melodie profonde, che si svelano ascolto dopo ascolto, mentre la versificazione cerca di farsi meno banale del solito, racconta amori e storie. Gli lp del gruppo, che non ha un look particolare né cerca trovate promozionali particolari, scandiscono il decennio che sarà dei cantautori con un feeling da ultimi romantici ribadito da ogni lp: «...E mi manchi tanto» (‘73), Jenny e la bambola (‘74), «Le maschere infuocate» (‘76), «‘A canzuncella» con la title track che riporta con orgoglio il napoletano in hit parade nello stesso 1977 in cui esce «Napule è» (che non va in classifica), «Liù» (‘78), «Tarante’» (‘79), «Cantilena» (80). Strada facendo nel racconto incontriamo Ennio Morricone, a cui i due bros. non erano piacciono tanto; Giorgio Gaslini, i cui arrangiamenti vengono considerati troppo «avanti»; Giampiero Reverberi; Gato Barbieri; Lilli Greco, Del Newman...
Poi, poi... Paolo non crede più nella discografia, senza la libertà creativa garantitagli da Melis si sente mancare il terreno sotto i piedi. Il gruppo si scioglie, si riforma, resiste grazie ai concerti, Paolo dipinge, scrive, compone, ogni tanto i fans lo costringono a tornare al disco...
Grazie Bruno, per questo racconto. Grazie a Paolo, per le sue canzoni, per aver raccontato storie d’amore in carne e ossa, disinvolte, promiscue, come erano quelle di quegli anni, come torneremo a cercare usciti da questa clausura.

No, non sono solo canzuncelle.

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