Quarant'anni di Avion Travel: «Ma ora non è tempo di cantare»

Avion Travel
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di Federico Vacalebre
Giovedì 16 Aprile 2020, 13:40 - Ultimo agg. 13:41
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Le note sono quelle di «La leggera», una perla del terzo lp degli Avion Travel, «Opplà», il testo è cambiato, parla di vita che riprende, sogna la vita che riprende, «la leggera vita»: «Che fatalità restare a casa così/ dalla sera al dì/ mangiando da soli/ quello che avevamo... Vittime del peso indisponente/ è possibile la leggera vita/ che forse ci riporterà un po’ più su/ un po’ più su». Peppe Servillo canta così in un video che la piccola grande orchestra casertana ha pubblicato il giorno di Pasqua sulla sua pagina Facebook. Accanto a lui - ma ognuno a casa sua - il pianoforte di Duilio Galioto, l’ultimo entrato nella band, il sassofono di Peppe D’Argenzio, il contrabbasso di Ferruccio Spinetti e la batteria di Mimì Ciaramella.
«Non vorrei che questo gioco ci sfugga di mano, con ventiduemila e passa morti come si può parlare di canzoncine, di cantantini?», ragiona Servillo dalla sua casa romana. «È un omaggio: stavamo da tempo ragionando su come festeggiare i quarant’anni del gruppo, e chissà se mai quest’estate riusciremo a farlo, e ci è scappato un augurio in musica destinato a chi ci segue e ci sostiene da così tanto tempo: siamo nati nel 1980. Ma c’è poco da parlare di musica, c’è poco da fare retorica su come lo streaming ci unisce o ci dà sollievo: ci unisce la paura che ci tiene a casa, il sogno di uscire da queste mura. So che c’era un prima, non so come sarà dopo, ma è nel dopo che dovremo parlare di chi fa musica, spettacolo, teatro, cinema. Arte o artigianato che sia, maestri o saltimbanchi che ci si voglia chiamare».
Pensi all’appello di Massini, Peppe: non siete inutili.
«Ma non siamo nemmeno utili, e forse non vogliamo nemmeno esserlo. Ma siamo lavoratori, attorno a noi c’è un indotto, però troppo piccolo, non fa gola ai politici: ricordatevi di noi dopo, quando usciremo dalle case e... chissà come suoneremo, reciteremo, balleremo. Però sia chiaro, usciti da questa clausura prima bisognerà pensare al diritto universale alla salute, poi, solo poi, all’arte, le canzoni, l’immaginario collettivo».
Fiducioso?
«No, temo che vinca il cinismo che è in noi, ci stiamo abituando ad ascoltare il bollettino dei morti ad ora di cena».
Per Adorno era immorale fare poesia dopo Auschwitz, ma l’uomo ha continuato a fare poesie.
«E noi, o chi per noi, continueremo a fare canzoni, sperando che quei politici che non si sono mai occupati di noi, che tengono l’Iva sui dischi al 22% mentre per i libri - tutti i libri - è al 4%, capiscano che il settore ha bisogno di aiuti lungimiranti, altrimenti rischia di morire. Lo spettacolo è dal vivo, lo streaming serve solo a darsi appuntamento a quando torneremo sui palchi, altrimenti è... dal morto. È morto».
Non è tempo di parlare degli Avion Travel, dici, ma fa impressione accorgersi che sono quarant’anni che mostrate, in Italia e non solo, che un’altra canzone è possibile: leggera, appunto, ma profonda, ma urlata, cantata e suonata per emozionare ed emozionarsi.
«Caserta, anni Settanta, eravamo dei ragazzi come tanti tra la politica e la musica, due forme di grande condivisione, ma la prima discuteva della “necessità della violenza politica”, che a me faceva paura, orrore, e la seconda dava modo di fare politica molto più pacificamente. La città di provincia guardava a Napoli, scoprivamo le band rock che accompagnavano gli spettacoli di una danza diversa come quella di Karol Armitage o di Carolyn Carlson, c’era il pop diverso dei Prefab Sprout a Castel Sant’Elmo, andavamo fino a Roma a vedere i Talking Heads e i B52’s. Quei ragazzi come tanti decisero di dire la loro in musica».
Qualcuno di quegli ex ragazzi ha scelto altre strade, qualcuno non c’è più, in mezzo ci sono quarant’anni, una dozzina di dischi importanti, tante canzoni, tanti concerti (che voglia di riapplaudirvi come fosse la prima volta al teatro Posillipo di Napoli, festival «Rock e i suoi fratelli»), colonne sonore, incontri, persino un Sanremo vinto (nel 2000, con «Sentimento»). 
«Ma oggi un solo sogno: uscire e trovare una vita leggera davvero, per tutti. Poi potremo riparlare di canzoni, del nostro lavoro, dei diritti dei lavoratori dello spettacolo».

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