Beatrice Venezi torna a Napoli con la Nuova Orchestra Scarlatti: «Sexy anche sul podio e attenta al pop»

Beatrice Venezi torna a Napoli con la Nuova Orchestra Scarlatti: «Sexy anche sul podio e attenta al pop»
di Donatella Longobardi
Martedì 8 Dicembre 2020, 12:30
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Negli ultimi anni aveva fatto scalpore la pianista cinese Yuja Wang con le sue mises sexy e i tacchi a spillo esibiti in concerto. Ora è la volta di Vanessa Benelli Mosell, ultima allieva di Stockhausen ed ex bambina prodigio della tastiera, bionda e seducente. Mentre Laura Marzadori da 5 anni primo violino di spalla dell'orchestra della Scala, a 30 anni ha iniziato una carriera parallela di influencer su Instagram. Ma la capofila di quella che sembra un'onda rosa capace di scompaginare il paludato e serioso (almeno fino a qualche anno fa) mondo della musica classica è Beatrice Venezi, direttore d'orchestra, naturalmente giovane, bionda, bella e combattiva, che sabato, 12 dicembre, inaugurerà l'«Autunno musicale» della Nuova Orchestra Scarlatti con un omaggio a Beethoven, a 250 anni esatti dalla sua nascita. Ripresa on line per la formazione diretta da Gaetano Russo, in differita e ad acccesso gratuito nella cornice della chiesa dei santi Marcellino e Festo. Partecipa al concerto la giovane soprano napoletana Chiara Polese. La trasmissione del concerto sarà disponibile sul sito dell'orchestra e sulle sue pagine Youtube, Facebook e Instagram. 

 

Felice di essere tornata a Napoli, la Venezia confessa: «A me piace curare l'aspetto fisico, l'esteriorità fa parte del messaggio, una figura femminile non può dimenticare di esserlo se fa musica colta».

Inserita da «Forbes» tra i 100 under 30 più influenti d'Italia, la Venezi, origini a Lucca nella terra di Puccini cui ha recentemente reso omaggio con un cd inciso con l'orchestra della Toscana, ora che ha passato la boa dei trenta è spesso in giro per il mondo e sembra sempre più decisa a rompere altri tabù. E mentre manda alle stampe un nuovo libro Le sorelle di Mozart (nel 2019 aveva pubblicato Allegro con fuoco- innamorarsi della musica classica, sempre con Utet), con Barbarossa, Morgan e Pelù ha indossato le vesti, molto glamour, di giudice di «AmaSanremo», condotto da Amadeus. 

 

Pronta per l'Ariston?
«Potrebbe essere un modo per far dialogare il mio mondo con quello della canzone di Sanremo, canzone italiana che è figlia della nostra grande tradizione operistica».

Giusto vent'anni fa Pavarotti, grande innovatore, non disdegnò il ruolo di «vallotto», lei era una bambina...
«So che fu molto criticato. Ma sono integralismi bigotti, ormai superati. Un dialogo potrebbe far bene a tutti, nella musica non possono esistere compartimenti stagni, sostanzialmente il linguaggio è uno e unisce i grandi classici del rock, Battisti e la cosiddetta classica. Tra l'altro il pop potrebbe regalare qualche ispirazione sopratutto in questo momento».

In che senso?
«Penso al dopo Covid, a quando finalmente tutto questo sarà finito e i teatri riapriranno. Non sarà facile riportare la gente nelle sale e sopratutto il pubblico di una certa età, il più fedele a questo genere, il più colpito dalla pandemia».

Una maggiore apertura potrebbe portare nuovo pubblico?
«Certamente. L'ho sperimentato proprio nello show sanremese così nazionalpopolare».

Tra gli aspiranti concorrenti di Sanremo Giovani ha trovato dei talenti promettenti?
«Naturalmente il mio orecchio capta aspetti diversi, perché vengo da un background diverso, ma credo che questa ricchezza sia interessante anche per i ragazzi, anche loro iniziano il dialogo con un altro mondo musicale, ed è un buon segnale».

Nel suo nuovo libro lei racconta di donne e musica e, partendo da una monaca medioevale, Ildegarda di Bingen che usava il canto per comunicare con Dio, arriva fino a Bjork. Anche qui sono due mondi che si incontrano?
«Sì perché è musica. Ildegarda è un punto di partenza ineludibile. E Bjork è una musicista col suo stile e il suo linguaggio che non è né elettronica né pop né punk».
 

E le altre? Come le ha scelte?
«Non è stato facile, ne avrei voluto inserire molte di più. Volevo donne dimenticate dalla storia ufficiale. E non potevo non ricordare Nannerl, la sorella di Mozart e artista geniale; Clara Schumann; la sorella di Mendelssohn, Fanny; grandi autrici barocche come Maddalena Casulana, Barbara Strozzi o Francesca Caccini. Per quelle più vicine a noi ho puntato su Maria Callas, Nadia Boulanger, Martha Argerich e Jacqueline du Prè, donne dalle caratteristiche uniche che le rendevano complementari alle altre e fondamentali nella mia personale epifania musicale».

Qualcuna di loro l'ha influenzata maggiormente?
«Forse la Argerich, un faro inarrivabile nei miei studi di pianoforte. O la Boulanger, forse senza di lei non sarei quella che sono oggi».

Lei ai suoi esordi ha diretto spesso a Napoli la Nuova Orchestra Scarlatti, con cui torna sabato a Napoli. Come iniziò questo rapporto?
«Avevo diretto a Salerno, la Filarmonica Campana. Il primo violoncello Pierluigi Marotta aveva apprezzato il mio lavoro e parlò di me a Gaetano Russo, fondatore e patròn della Scarlatti. Ci incontrammo davanti a una pizza a via Tribunali, a pranzo. Mi disse che cercavano energie nuove, avrei fatto un concerto di prova, se avessi fallito non mi avrebbero richiamato. Invece... Trovai una famiglia, musicisti validi non attaccati all'orologio, persone di cuore, un bel gruppo che non ho mai lasciato. A Napoli torno sempre con piacere e se mi invitano al San Carlo ci vado».

Ma se non fosse stata così alta, bella e bionda ma egualmente brava, avrebbe avuto lo stesso successo che ha? «Paradossalmente nel mio ambito forse avrei avuto vita più facile. Qualcuno mi ha accusato di essere troppo donna, ma va bene così». 

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