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Biagio Antonacci: «Show con palco centrale, ma sogno un tour con Eros»

Il cantante al PalaSele di Eboli: «A ogni concerto sono emozionato come un ragazzino»

di Andrea Spinelli
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 10 Novembre 2022, 11:33
4 Minuti di Lettura

«Ho passato 3 anni e 3 mesi senza salire sul palco, record assoluto della mia vita» spiegava l'altra notte Biagio Antonacci, con un calice in mano per festeggiare i 59 anni appena compiuti, nel ventre d'acciaio e cemento di quel Palasport di Roma da cui è partito il tour che domani lo vede in scena al PalaSele di Eboli. «Nonostante tutta l'esperienza che mi porto sulle spalle, salendo in scena mi sono sentito timoroso come un ragazzino: perché non sapevo quale pubblico mi sarei trovato davanti. Con quali attese. E invece l'energia è incredibile».

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In repertorio uno stuolo di hit in bilico tra «Liberatemi» e «Iris». Tutte nate con 6 accordi di pianoforte («so solo quelli») e la voglia di comunicare qualcosa. Ma anche il racconto del bambino balbuziente che per questo inizialmente aveva scelto quella batteria («con le bacchette ho rovinato due divani a mia madre») che risuona in una canzone sola, «Il mucchio». Fra gli ospiti del debutto romano Laura Pausini e Mario Incudine.

Antonacci, per la prima volta utilizza un palco al centro, con il pubblico disposto attorno a 360 gradi.
«Il palco centrale è coinvolgente, inclusivo, mi piace questo concetto che è proprio dell'artista chiamato a far godere tutto quel che vive. Non ti puoi permettere distrazioni, perché devi dare un po' di te stesso a tutti senza dimenticare nessuno. Una formula tanto bella quanto impegnativa, ma più soffro nello slancio di accontentare chi mi viene a sentire e più godo».

Come si sente fuori dal tunnel della pandemia?
«Durante il Covid ho avuto un paio di giorni d'attacchi d'ansia, quando sembrava che non ci fosse via d'uscita e ogni giorno la situazione era più grave. Fortunatamente ero in casa con i figli, ma un po' di smarrimento c'era lo stesso. Poi mi sono ripreso. Per due anni, però, non ho scritto niente, ho solo imparato a fare il liutaio con i tutorial di YouTube e ad aggiustare le chitarre della mia collezione, unico passatempo capace di strapparmi alla pigrizia di quel periodo. Il secondo lockdown l'ho passato, invece, in campagna e questo mi ha permesso di dedicarmi all'attività dei campi. E non solo quella, visto che tra galline e uova m'è scappato pure di fare un figlio».

I suoi figli più grandi, Paolo e Giovanni, stanno seguendo entrambi le sue orme. Uno come autore, l'altro come rapper.
«È cambiato il mondo della musica. Oggi si lavora per team e sono pochi i cantautori nel senso letterale del termine. Fare un album con Paolo sarebbe bello, perché lavorerei con la persona che conosce meglio la mia sensibilità e i miei difetti; non mi farebbe debordare, ma mi spingerebbe fino al limite delle mie capacità».

Da big ha gareggiato a Sanremo nel 1993. Trent'anni fa. Potrebbe riprovarci per il trentennale?
«Non penso proprio. Anche se Amadeus ha aperto le porte alla nuova musica e il Festival migliora di anno in anno. All'Ariston puoi andare solo con una canzone figa, che ti rappresenti e che possa lasciare il segno. Qualcosa di grande come Signor tenente di Giorgio Faletti. E poi bisogna andare pure con lo spirito giusto, perché quando sei davanti a quel microfono sai che ti sta guardando tutta Italia. Oggi probabilmente non sarei pronto a livello emotivo».

Che impressione le ha fatto ritrovare suo nipote, coautore del brano di Tananai, in gara contro il nonno Gianni Morandi.
«La cosa mi ha fatto sorridere. Certo, durante l'annuncio quel di Paolo Antonacci mi ha fatto venire la pelle d'oca. Mi è tornato alla mente mio padre, che si chiamava proprio come lui e sarebbe stato felice di sentire il suo nome su quel palco. Mentre io, da padre, avrei accettato un patto col diavolo perché accadesse».

Un momento che l'emoziona particolarmente?
«Quando canto canzoni molto introspettive come Le cose che ho amato di più: mi tornano in mente tanti ricordi a cominciare da quello di mia madre; oppure Vivimi di Laura che è diventata un successo internazionale ed era nata con tutt'altri presupposti. O ancora Pazzo di lei, che sembra leggera ma in realtà si porta dentro una disperazione molto forte; come Se è vero che ci sei che è una preghiera scritta di getto difronte al mare».

Perché non avete ancora esportato il tour a due con la Pausini?
«Laura mi ha invitato più volte. Perfino ad andare al festival di Viña del Mar, la Sanremo cilena, ma non siamo riusciti ad incastrare le nostre agende».

A parte lei, con chi le piacerebbe mischiare le carte?
«Eros Ramazzotti è una persona con cui mi piacerebbe vivere del tempo. Fare un tour a due è difficile, ma anche bello se ti piace la persona con cui sali sul palco. E io, volendo molto bene ad Eros, sono sicuro che andrebbe bene. Fra l'altro abbiamo la stessa età. Se, invece, dovessi andare in tour nei teatri mi piacerebbe fare qualcosa di acustico con Giuliano Sangiorgi dei Negramaro».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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