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Bono, Dio e il rock'n'roll: dietro le quinte del mito degli U2

di Federico Vacalebre
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 2 Novembre 2022, 09:50 - Ultimo agg. : 3 Novembre, 15:15
5 Minuti di Lettura

Questo non è un libro rock and roll. Non c'è droga (al massimo riabilitazione, Alcolisti Anonimi et similia), non c'è sesso (qualche pomiciata, dai), ma c'è tanto rock and roll. Almeno sino a quando il suo protagonista non inizia a usare quel rock and roll per far sentire la sua voce (e quella dei senza niente) nelle stanze dei potenti del mondo.

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Questo è un libro rock and roll, una storia dettata dall'urlo punk dei Sex Pistols e dei Clash e poi illuminata dagli incontri con Brian Eno, Bob Geldof, Quincy Jones, David Bowie, Paul McCartney, Johnny Cash, Patti Smith, Michael Hutchence...

Questo non è un libro rock, e mai potrebbe esserlo raccontando di Luciano Pavarotti, Volodymyr Zelensky, Frank Sinatra, Angela Merkel, Bill Clinton, lady D., Papa Giovanni Paolo II, Desmond Tutu...

Nelle quasi settecento pagine di Surrender. 40 canzoni una storia il sessantaduenne Paul David Hewson, ai più noto come Bono mette a nudo le contraddizioni tra quello che voleva essere e quello che è diventato, il posto da cui è partito (Dublino, i sobborghi criminali di Cedarwood road) alla cima del mondo dov'è arrivato e dove non si capisce poi così bene se voglia restare (a lungo), anche se si parla di pubblicare il già strombazzato «Songs of ascent», anche per far dimenticare il clamoroso autogol di «Songs of innocence», l'album regalato a spese di Apple a tutti gli utenti di iTunes.

«Il 9 settembre 2014 mettemmo la nostra bottiglia di latte non soltanto sulla soglia, ma in ogni frigorifero di ogni casa della città. In certi casi, lo versammo sopra i cornflakes della brava gente. E certa gente preferisce versarsi da sola il proprio latte. Senza contare gli intolleranti al lattosio. Mi assumo ogni responsabilità... Pensavo che se avessimo messo la nostra musica a portata di mano la gente l'avrebbe accettata. Mi sbagliavo. Un buontempone scrisse sui social media: Stamattina mi sono svegliato e ho trovato Bono in cucina che beveva il mio caffè e leggeva il mio giornale con la mia vestaglia addosso. O peggio ancora: L'album gratuito degli U2 costa troppo». La confessione è schietta, l'autodafè totale.

Prima di arrivare ai giorni nostri, però, Bono mette in scena un'atipica storia di rock'n'roll, intrisa di religione, come nemmeno quelle di Johnny Cash e Jerry Lee Lewis. Eccolo in ginocchio a pregare con i fidi David Howell Evans, in arte The Edge (chitarra), Adam Clayton (basso) e Larry Mullen Jr. (batteria). Le prime pagine suggeriscono una domanda: cosa sarebbe successo se Bono, invece degli U2, avesse guidato i Virgin Prunes degli amici fraterni Guggi, Strongman e Gavin Friday? I due gruppi «erano uno l'immagine capovolta dell'altro. Se loro scatenavano l'inferno, noi puntavamo al paradiso».

L'adolescenza del cattolicissimo Bono è travolta dal punk, oltre che dalle esigenze dell'età. «Signore, rendimi casto, ma non subito: se all'epoca avessi conosciuto la citazione attribuita a sant'Agostino, l'avrei capita al volo. Durante quei viaggi, Guggi e io non condividevamo solo l'interesse per le Scritture. Morivamo dietro alle ragazze, e ci offrivamo a quelle degli amici più grandi di noi per fare pratica di baci con la lingua».

Mister Vox incontra subito quella che gli ruberà il cuore, Alison Stewart, la sua Ali, anche se ci mette un po' per capirlo. Intanto, nella sua ugola esplodono storie di «figli che sfidano i padri, che c'è di strano? Sfogavamo l'angoscia con la nostra passione per la lotta, le arti marziali, il pugilato e il wrestling. Ci ammazzavamo di botte continuamente». The Edge trova il suono della band che verrà, la sua chitarra ruba gli armonici e le note scampanellanti agli Yes, odiatissimi dal primo, e da tutti i punk, come ogni gruppo progressive che (non) si rispetti, poi però ruba loro ogni magniloquenza, riporta quelle note per strada. Perché gli U2 sono post punk, o così saranno definiti. E il post punk è «l'ultimo chiodo piantato sulla bara del rock di matrice blues con cui siamo cresciuti... un trapano nel cervello, un coltello elettrico che affonda nella carcassa del passato, un carrello elevatore che toglie di mezzo qualsiasi ostacolo».

Per comporre una grande canzone bastano due corde e due accordi: ancora una volta il manifesto è rubato a John Lydon. Intanto, però, ci sono i salmi, la chiesa, la fede con poche domande ed ancora meno risposte. «No future? A Dublino avevamo l'impressione che non ci fosse un presente, prima ancora che un passato o un futuro».

A ogni capitolo corrisponde una canzone degli U2, l'andamento della narrazione è cronologico, o quasi, ma spesso i versi o le note sono pretesti per un periodo, per un approfondimento, per una sorpresa. «Sunday bloody sunday» ruba l'argomento all'Irlanda insanguinata, il titolo a John Lennon, un verso («I can't believe the news today») si ispira a «A day in the life» dei Beatles. «With or without you» è «frutto di un'indigestione di Roy Orbison. Volevamo scrivere un pezzo come Cheree dei Suicide, un classico dell'elettronica underground, un momento d'intimità cupo e romantico. Qualcosa di melodico e melodrammatico, alla Scott Walker».

Il libro non rock and roll dà molto spazio alle storie di management, che poi sono purissime storie di rock and roll, dall'incontro alla rottura con Paul McGuinnes. Intanto il successo da ultimi giganti rock (o pop? Per Bono è un'equazione) portano il cantante a frequentare le stanze del Potere, sia pur in nome delle buone cause, dal «Live aid» a «Cancella il debito». E le riflessioni su Lou Reed e Van Morrison lasciano il posto a quelle politiche: «Forse il capitalismo ha salvato dalla povertà più persone di ogni altro -ismo, ma ha anche distrutto troppe vite. Non è immorale, è amorale. È un mostro, una bestia selvaggia che ha bisogno di istruzioni per mettersi al nostro servizio. Bisogna ripensare il capitalismo. Riavviarlo».

Ai fan basterebbe riavviare la rock ad roll band di un tempo. Ammesso che il mondo abbia ancora spazio per il rock and roll. Cosa di cui, in fondo, Paul David Hewson dubita già da tempo.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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