Bruce Springsteen, ecco l'album "A Letter to You": «Vi scrivo una lettera per cambiare, per farvi votare contro Donald Trump»

Bruce Springsteen
Bruce Springsteen
di Fabrizio Zampa
Venerdì 23 Ottobre 2020, 19:48 - Ultimo agg. 20:13
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«Trump non vincerà, e gli Stati Uniti saranno davvero di nuovo insieme come una nazione unita»: così Bruce Springsteen vede le elezioni americane del prossimo 3 novembre, e ieri, in occasione dell’uscita del suo nuovo album "A Letter To You" (rock vero e tosto, come poi vedremo), ha ricordato una canzone che scrisse e propose nel suo "Vote For Change Tour" del 2004 in cui, insieme a diversi altri artisti, invitava a votare contro George W. Bush. In un articolo uscito sul New York Times il boss, che fin dagli inizi della sua carriera canta temi sociali e politici  («Ho sempre cercato di scrivere canzoni che parlano delle cose di cui andiamo orgogliosi e criticano le cose in cui abbiamo fallito», ripete ormai da anni),  sosteneva che gli artisti e i musicisti americani hanno un ruolo ben preciso nella vita sociale di un paese perchè contribuiscono a creare una precisa identità culturale. «E la tornata elettorale in arrivo è importantissima per chi come me ha vissuto la presidenza Trump come un incubo – spiega oggi. - Joe Biden vincerà, e il lungo incubo nazionale sarà... beh, non so se sarà davvero finito, ma Trump se ne andrà. Sono sicuro che non verrà eletto per il suo secondo mandato».

 

Politica a parte (si fa per dire, perché è uno dei temi che lui preferisce), “A Letter to You” è un bel disco, uno di quei dischi veri e concreti ai quali il vecchio Bruce (da Long Branch, New Jersey, 71 anni compiuti lo scorso 23 settembre) ci ha abituato nel corso degli anni: solido, ricco di significati e di precisi riferimenti al mondo che lo circonda e che di conseguenza circonda anche noi della lontana Europa, è un album nel segno della verità, della realtà che è sempre possibile modificare e migliorare, dell’energia rinnovativa che il rock deve avere come principale  forza motrice. Vede al fianco di Bruce l’ultima formazione della fedele E Street Band (i chitarristi Little Steven Van Zandt e Nils Lofgren, la vocalist e compagna Patti Scialfa, il pianista Roy Bittan, il bassista Garry Tallent e il batterista Max Weinberg, che hanno suonato in studio ma come se fossero dal vivo su un palcoscenico) e suggerisce, al di là dei tanti contenuti, di guardare avanti, comunque e sempre, verso un futuro migliore.

Video

Date un’occhiata al video del brano che dà il titolo al cd (lo trovate su Youtube e su Apple Tv), tutto girato in bianco e nero in un paesaggio scuro e innevato, e capirete i tanti messaggi di Sprigsteen. «Sotto un ammasso di alberi ibridi ho tirato quel filo irritante, mi sono inginocchiato, ho impugnato la mia penna e inchinato la testa.

Ho provato a invocare tutto quello che il mio cuore trovava vero e lo spedisco nella mia lettera per te: le cose che ho scoperto durante i periodi difficili e belli le ho scritte tutte con inchiostro e sangue, ho scavato profondamente nella mia anima e ho firmato con il mio vero nome, e l’ho spedito nella mia lettera per te…», dicono i primi versi del testo di quello che è un invito a una saggia, obbligatoria riflessione.

Il ventesimo album del boss offre dodici brani doc, tra i quali c’è “Rainmaker”, una canzone che Bruce scrisse sedici anni fa, ai tempi della sua battaglia con George W. Bush. «Credo di averla composta quando lui era presidente. Avevo cominciato a buttarla giù in quel periodo, ma mi sono accorto che si adatta molto meglio a Trump perché parla di un demagogo. E’ un pezzo nel quale cerco di capire che cosa sta succedendo, qual è la connessione tra il demagogo e i suoi seguaci, qual’è la dinamica del potere tra loro. Il tema è molto interessante, e così ho deciso di metterla nel nuovo disco. Ce l'avevo nel cassetto da un po', ma l'ho ripresa e l'ho aggiornata perché penso che abbia una relazione diretta con la nostra situazione attuale, vedi iniziative come quella, pacifica e indispensabile, del movimento di Black Lives Matter».

Vi rocordiamo che sono tanti gli artisti che si augurano un nuovo inquilino alla Casa Bianca, dai Rolling Stones ai Village People, da John Fogerty (che ha appena diffidato Trump dall'usare la sua "Fortunate Son" come colonna sonora dei suoi comizi) ai Pearl Jam, dal batterista dei Motley Crue Tommy Lee (si è dichiarato pronto a tornare nella natìa Grecia in caso di un secondo mandato dell’attuale presidente)  ai R.E.M. (anche il leader Michel Stipe si è scagliato contro Trump perché aveva utilizzato “It’s the End of the World as We Know It” durante un comizio a Washington) o a Jon Bon Jovi («Mi spezza il cuore vedere gli americani così divisi su temi importanti come il controllo delle armi e i flussi migratori: mi piacerebbe vivere in una società fatta di "noi" piuttosto che in una fatta di "io”») e a moltissimi altri che non hanno mai nascosto la loro antipatia nei confronti di Donald. «Nel caso in cui dovesse essere rieletto, e non lo sarà, ne sono certo, ci vedremo sul primo volo per l'Australia», ha detto Springsteen.

Speriamo che quel volo rimanga deserto. E nel frattempo godetevi il boss alle prese con la sua splendida e nuova avventura musicale.

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