Da Vinci, sinfonie in Sal Maggiore: «Un'orchestra sulla love boat»

Sal Da Vinci
Sal Da Vinci
Venerdì 16 Marzo 2018, 10:44 - Ultimo agg. 17 Marzo, 09:43
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Lui di crociere, anche canore, ne ha fatte più d'una così, quando ha dovuto mettere in piedi il nuovo spettacolo per l'Augusteo, l'idea di una «love boat» ha titillato il suo immaginario, spingendolo alla sfida di «Sinfonie in Sal maggiore», ideato, scritto e diretto da Sal (appunto) Da Vinci, e al debutto stasera.

Cinquanta orchestrali: come ce li si può permettere in un teatro?
«In nessun modo, è una follia: un godimento per le orecchie, sia chiaro, un regalo che faccio prima a me e poi al pubblico, ma un controsenso economico. L'artista Sal queste cose non le sa e non le vuole sapere. Il produttore Sal lo sa e... fa finta che vada bene lo stesso. In fondo, investo i miei risparmi su me stesso».

La metafora del concerto come viaggio non è abusata?
«Forse, ma questo è un viaggio in mare, il mare, anzi i mari, della canzone. E non si vedono i porti dove si attracca, le genti e le culture che si scoprono, ma il teatro della nave, dove, chi va in crociera lo sa, si passano i momenti di festa».

Regia di Marco Carniti, che ha lavorato con Strehler, coreografie di Patrick King («Fame») che si fa accompagnare sul palco da Sara Grether, Adriano Pennino a dirigere l'orchestra, la tua band. E pure un manipolo di attori.
«Proprio così: è un concerto, ma ormai ho abituato il mio pubblico a cornici spettacolari. In scena c'è Gianni Parisi, nei panni del capitano di lungo corso, poi Floriana De Martino, un'attrice straordinaria che qualcuno conosce perché parte delle Sex and the Sud, Ciro Villano con cui ho scritto anche qualche breve monologo, e mio figlio Francesco Da Vinci».

Monologhi? Su cosa?
«A volte semplici battute, a volte momenti più pensosi, se stai su una nave non puoi non pensare, ad esempio, a quelli che il mare lo attraversano, quando ce la fanno, su un canotto. Da Scugnizzi in poi ho acquistato una coscienza sociale, che permea sempre, anche solo per un attimo, il mio lavoro».

Veniamo al repertorio?
«Ci sono canzoni che ho sempre cantato, ma sotto la doccia, con gli amici, mai in pubblico. E altre che canto da sempre, come le mie, come quelle di Carosone, che, però, con cinquanta musicisti alle spalle, diventano altra cosa».

Facciamo qualche titolo?
«L'omaggio al nostro Carosone - Tu vuo fa' l'americano, Pigliate na pastiglia, Mambo italiano tra i pezzi pronti - va a braccetto con la New York New York versione Frank Sinatra: per me, napoletano nato a New York, è quasi inevitabile rendere omaggio all'italoamericano che sapeva cantare Napoli. Ho visto la casa in cui è nato a Hoboken, quanti ricordi...».

Continuiamo.
«In un quadro dedicato alle vacanze - siamo pure sempre su una nave - mi riprendo E la chiamano estate di Bruno Martino e Settembre di Peppino Gagliardi. E una Oh che sarà ispirata alla versione specialissima che ne fece Pino Daniele alla chitarra con Fiorella Mannoia».

Un canzoniere  vastissimo.
«Di più: ''A mano a mano'' di Riccardo Cocciante, ma anche brani dal potentissimo richiamo melodico come Un amore così grande e Il mondo. Ma l'inizio è davvero inatteso».

Come si parte?
«Ho chiesto a Pasquale Panella di scrivermi un testo italiano per la canzone di El cantante, un film di qualche anno fa con Marc Anthony e Jennifer Lopez: è la storia, tormentatissima, del portoricano Hector Lavoe, tra i fondatori della salsa. È la storia di un uomo che tutto quello che sa, e può, e vuole fare è cantare. La mia storia, insomma, in un tripudio caliente di fiati. Una vera fiesta».

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