Abbiamo visto per voi il film
di Gilmour a Pompei

David Gilmour a Pompei
David Gilmour a Pompei
di Enzo Gentile
Sabato 9 Settembre 2017, 23:40 - Ultimo agg. 10 Settembre, 18:52
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Gli aggettivi, i giudizi entusiastici, di encomio senza se e senza ma, si erano sprecati già dopo il concerto, venendo poi ribaditi anche nella traduzione cinematografica che arriva a poco più di un anno dall’evento: «David Gilmour live at Pompeii» di Gavin Elder sbarcherà nei cinema solo tre giorni, dal 13 al 15 settembre, per poi allungare la propria vita anche in dvd e nel circuito televisivo.
La versione su grande schermo si è già guadagnata i titoli del «Guardian» («Epocale») e di «Rolling Stone» («Straordinario»), regalando godimento unanime ai fortunati che sinora l’hanno vista in anteprima, compresi quanti erano presenti alla proiezione milanese.
Il concerto, andato in scena il 7 e 8 luglio 2016 nell’anfiteatro di Pompei, si richiamava naturalmente alla storica performance che i Pink Floyd avevano tenuto quarantacinque anni prima per un set divenuto poi leggendario grazie alle riprese di Adrian Maben: il desiderio e la possibilità di replicare quella spettacolare esibizione, con il gruppo guidato da uno dei protagonisti di quell’esperimento del 1971, fin dal l’annuncio aveva fatto scalpore a livello internazionale. Gilmour, accompagnato da una formazione di eccellenti musicisti, su cui spicca alle tastiere e, sorprendentemente anche alla voce, Chuck Leavell, sideman fisso dei Rolling Stones, ha voluto omaggiare la sua band d’origine, mantenendosi però le mani libere rispetto al repertorio e alla formula dello show.
Innanzitutto nel ‘71 si registrò per una settimana, con luce diurna, sotto il sole caldo e impietoso e senza pubblico, mentre stavolta le soluzioni di luci disegnate dallo specialista Mark Brickman, il maxischermo che rinvia filmati chiaramente evocativi dell’immaginario pinfloydiano, i fuochi pirotecnici risulteranno un perfetto complemento alla musica, sia per i fortunati spettatori del luglio scorso, sia per coloro che fruiranno del corretto e rispettoso montaggio approntati dal regista Gavin Elder, aiutato anche da un impianto sonoro all’altezza della situazione. Quanto ai materiali proposti, Gilmour è andato sul sicuro: oltre a qualche estratto dai suoi più recenti lavori solisti, «On an island», 2006, e «Rattle than lock», 2015, ha ovviamente saccheggiato la storia dei Pink Floyd, privilegiando quei segmenti di discografia meno legati alla figura del suo antagonista per antonomasia, Roger Waters (neppure una nota, ad esempio, da «The Wall»).
Gli appassionati della band, che proprio cinquant’anni fa, nel 1967, faceva il suo esordio, potranno assicurarsi comunque il pieno di emozioni, grazie alle superbe versioni di titoli come «The great gig in the sky», gemma tratta da «The dark side of the moon», dedicata all’amico scomparso Rick Wright, tastierista del gruppo fin dalla nascita, «Wish you were here» e «Shine on you crazy diamond», ispirate allo strategia della prima ora, Syd Barrett, e poi ancora tracce senza tempo come «High hopes», «Run like hell» e «Comfortably numb», cui spetta il compito di chiudere la scaletta, forte anche di un mirabile, straziante assolo chitarristico di Gilmour. Il quale nelle due ore di spettacolo ha scelto di eseguire un solo pezzo presente già nel documentario Pink Floyd a Pompei, lo strumentale «One of these days».
Tutta la durata del film, che si vedrà nei cinema e che dal 29 settembre sarà disponibile anche in doppio cd, doppio dvd, blu ray, in un box deluxe e anche in un quadruplo vinile, è coperta dalla esibizione live, tranne una breve introduzione di Gilmour in studio, durante le quali si recuperano anche le poche, sentite dichiarazioni di ringraziamento per l’opportunità ricevuta: «Ricordo bene la magnifica esperienza del 1971, quando suonammo in una condizione di completa solitudine, mentre stavolta abbiamo avuto un folto pubblico a cui rivolgerci. Considero un privilegio assoluto aver fatto ritorno in un posto magico e travolgente come questa arena».
Per i fans del rock si tratta di una questione di nostalgia canaglia, di un ritorno sul luogo del delitto, di un mito al quadrato: quello del chitarrista tornato a Pompei, quello del fascino eterno delle rovine della città perduta. Peccato solo, che dopo l’apertura al rock l’anno scorso con il doppio Gilmour e poi con Elton John, quest’estate l’anfiteatro abbia richiuso le sue porte a questo sound, capace, come dimostra questo film, di riportarne in giro per il mondo la leggenda nel migliore dei modi: abbinando grande bellezza - la musica di Gilmour e soprattutto dei Pink Floyd - alla grande bellezza della città distrutta da Vesuvio, ora di nuovo nei cinema di tutto il mondo, come successe con «Pink Floyd at Pompeii», ormai un film di culto, più volte rieditato.
Intanto, tutti al cinema: il formato d’immagine 4K regala la più alta definizione disponibile, con una risoluzione quattro volte superiore rispetto alle normali proiezioni digitali 2K, con oltre 8.6 milioni di pixel. E il sistema audio Dolby Atmos svincola per la prima volta la sala dai limiti del tradizionale audio multicanale 5.1 o 7.1, per avvolgere lo spettatore da ogni direzione con un suono realistico e naturale, mediante il posizionamento dinamico tridimensionale di oggetti sonori virtuali: fino a 64 diffusori distribuiti su ogni lato della sala, soffitto incluso, gestiti da un processore audio in modo individuale.

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