Dischi, ritorno al passato: il vinile risorpassa il cd, vince la nostalgia canaglia

Dischi, ritorno al passato: il vinile risorpassa il cd, vince la nostalgia canaglia
di Federico Vacalebre
Venerdì 23 Aprile 2021, 12:00
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Il cd, nato commercialmente nel 1982 (il primo ad essere distribuito fu, in Giappone, «52nd street» di Billie Jole), sorpassò stabilmente, per vendite, il vinile nel 1992. Trent'anni è durato il suo regno, buttato giù dallo streaming, ma ora sbeffeggiato dalla rivalsa retromodernista dell'antico long playing, di cui troppo presto si cantò il tramonto. I dati di vendita del primo trimestre 2021 segnalano, infatti, il primato - per la prima volta, appunto, dal 1991 - del supporto vinilico (+121%, 4,7 milioni di fatturato) sul compact disc (-6%, 4,3 milioni) in un mercato ormai monopolio dello streaming (80%), che permette persino una crescita del mercato italiano (+18,8% quello generale, +37% lo streaming) anche di fronte alla totale assenza di altro genere di consumo musicale, leggasi i concerti. 

La crisi del cd, e del supporto fisico, è iniziata con gli mp3 e la musica gratis in rete, è diventata agonia con il diffondersi del download, la smaterializzazione della musica, e un coma farmacologico quando i servizi di streaming hanno mandato in soffitta, per la maggioranza, l'idea di «possedere» un disco, o comunque della musica, mettendogli a disposizioni l'ascolto di cataloghi che sembrano infiniti. Questo spiega il lento pensionamento del compact disc, non però il revival dell'lp. Azzarda Enzo Mazza, presidente della Fimi, la confindustia della discografia in Italia: «Lo streaming copre il fabbisogno di musica per tutti, la richiesta generalista e generica, il cd cerca di resistere e non credo sparirà, adatto com'è a contenere molta musica, ideale per raccolte e cofanetti.

Il vinile regala il transfert ideale al collezionista in cerca di rarità, al nostalgico in cerca di conferme».

Ma anche le nuove generazioni, soprattutto quelle disposte a scoprire i suoni che furono - e restano, dai, diciamolo fieri - hanno riscoperto i giradischi. Per i millennials 33 e 45 giri hanno il fascino dell'oggetto sconosciuto, spesso da comprare più per la bellezza della copertina che per l'ascolto. Non a caso i nuovi vinili, sempre più numerosi sono accompagnati da un qr code da cui scaricare la versione digitale.

Così, anche grazie ai 500 euro del bonus cultura, in testa alle classifiche annuali di vendita del settore l'anno scorso c'era il sempiterno «The dark side of the moon» dei Pink Floyd, seguito da «Famoso» di Sfera Ebbasta. Poi ci sono le ristampe storiche, il vinile colorato (vuoi mettere il nuovo album della Vanoni, bello peraltro, in versione rossa?), le uscite settimanali in edicola, dov'è appena arrivato, ad esempio, «Landscape of life», quarto album degli Osanna (1974) tra collezioni di Massimo Ranieri e Bob Marley. 

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Così si recupera il mitico «piatto», il giradischi, della mamma e del papà, di uno zio, persino del nonno, mentre il lettore cd è sparito ormai dalle auto come dai pc. Il fascino del modernariato si sposa, per paradosso, con quello dell'hi fi: la musica in rete, quella che ascoltiamo dai diversi «device» è piccina picciò, compressa, con frequenze tagliate, eppure ce ne nutriamo, per poi spararci la posa del primato audiofilo dei nostri antichi lp di importazione o delle nuove ristampe giapponesi pesanti 180 grammi. Che, paradosso del paradosso, spesso non sono ricavate dai master originali, ma dagli stessi cd destinati alla soffitta in attesa che diventino anch'essi vintage, modernariato.

Il fenomeno è anche industriale: «In Italia la richiesta non viene coperta dall'offerta e ci si rivolge a stampatori in giro per l'Europa: comunque anche da noi ci sono fabbriche che hanno riaperto in fretta e furia. Produrre un disco in vinile ha costi piuttosto sostenuti, che si possono contenere solo grazie a tirature sostanziose», ricorda Mazza.

Sia chiaro, il vinile è poco più di una nicchia di fronte al core business dello streaming, ma una nicchia importante, perché da un lato moltiplica i fatturati di un singolo artista (c'è chi vuole «tutto» del suo beniamino), dall'altro valorizza cataloghi che continuano a rendere nel tempo, ma, soprattutto, si rivolge ai «big spender», ai boomer con soldi in tasca e disposti a spendere bene per un cofanetto di inediti di Bob Dylan o di Fabrizio De André, ammesso ce ne siano ancora in circolazione.

E, poi, in queste notti di prigionia da pandemia, vuoi mettere un bicchiere - vino, whisky, persino birra - e un caro vecchio vinile, fruscio compreso? Ma si: nostalgia, nostalgia canaglia...

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