Riccardo Muti a Valle Cilento:
«Difendiamo la cultura»

Riccardo Muti a Valle Cilento: «Difendiamo la cultura»
di Donatella Longobardi
Mercoledì 27 Luglio 2022, 08:00 - Ultimo agg. 18:32
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«È omaggio a un meridionale rigoroso, orgoglioso di esserlo, la sua è una personalità che ci aiuta a difendere l'italianità nel mondo». Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca con poche parole condensa la figura di Riccardo Muti e gli consegna il premio Segreti d'Autore, una maschera disegnata da Mimmo Paladino. Lo slargo davanti al Palazzo Coppola di Valle Cilento è zeppo di fan e appassionati divertiti. Sul palco l'ideatore e anima della manifestazione Ruggero Cappuccio sembra commosso e felice. Perché quella dell'altra sera è stata una occasione speciale, una ouverture in grande stile per il festival diretto da Nadia Baldi che porta nelle aree interne del Cilento teatro, musica e cultura. Il regista e scrittore, che qui ha radici di famiglia, ha invitato il maestro napoletano impegnato in una due giorni campana conclusa ieri sera a Ravello con il concerto dell'Orchestra Cherubini.

Muti, in gran forma, per una volta non fa musica ma con garbo si concede a un insolito talk show animato proprio da Cappuccio, amico di vecchia data. Insieme hanno realizzato importanti regie liriche, alla Scala, a Salisburgo, nel piccolo teatro verdiano di Busseto.

Su un maxi schermo scorrono le immagini di un «Falstaff» con Ambrogio Maestri e un giovanissimo Juan Diego Florez. Muti ricorda come individuò nella voce del baritono parmense l'ideale per interpretare il personaggio shakespeariano. «Tutti gabbati», cantano nel finale. Una metafora per il mondo di oggi tra pandemia, guerre, drammi ambientali e crisi politiche? «Vedremo...», dice Muti che con la sua solita verve e l'ironia tutta napoletana, parla della sua nascita in casa della nonna in via Cavallerrizza a Chiaia 14 (domani l'ottantunesimo compleanno). Volle così mamma Gilda, una partenopea «tosta», come è «tosto» lui quando sale sul podio e deve dare indicazioni ai suoi orchestrali: «Insegno l'importanza delle gerarchie, il rispetto delle regole, valori che oggi si stanno perdendo», insiste il musicista. E sul tema registra la piena sintonia con De Luca, convinto che servono assunzioni di responsabilità «altrimenti il Paese non può andare avanti». 

Tra i due anche un simpatico siparietto. Sul palco il maestro racconta dei patrimoni italiani e della creatività italiana, di come molto spesso in nome di una malcelata apertura gli italiani subiscano il fascino dello straniero. Mentre, ad esempio, gli stranieri «rubino» all'Italia senza neppure riconoscerlo. E cita il caso della «Marsigliese», l'inno francese copiato pari pari da un brano di un compositore italiano, Giovanbattista Viotti: «Tema e variazioni in do maggiore». «Controllate sui cellulari, ascoltate», invita Muti. De Luca in prima fila subito accetta. E con un microfono fa ascoltare alla platea dal suo telefonino l'evidente plagio. «Ci siamo fatti fregare anche questo, bisognerebbe ricordare che Caterina de' Medici insegnò ai francesi ad usare forchette, cucchiai e coltelli e anche l'arte dei profumi esportata da Santa Maria Novella». Ed è così per un paio d'ore filate, concluse con Claudio Di Palma che ha letto gli auguri d'autore che Cappuccio aveva indirizzato al maestro dalle pagine de «Il Mattino» in occasione del suo ottantesimo compleanno. 

Si parte da questo luogo magico e incantato tra fertili colline che guardano il mare, «un eden» lo definisce Muti, la terra che ispirò Gian Battista Vico e, molto prima, vide nascere nella vicina Velia il genio di Parmenide, di Zenone e della scuola eleatica. Cappuccio sottolinea il ruolo della Regione in questa fase, l'importanza del restauro di gioielli come il Palazzo Coppola, edificio settecentesco con torre del 400 oggi sede museale e testimonianza di una ricca civiltà. E anche la somma di 100 milioni messa a disposizione per la cultura dalla Campania, unica nel panorama italiano a investire tanto nel settore in cui rientra anche il contributo al «Campania teatro festival» di cui il regista è direttore. 

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Ma Muti invita a fare, se possibile, di più. «Ci sono regioni in cui non ci sono orchestre, in cui mancano i teatri, la cultura è l'unico argine contro il malaffare; non amo sentir parlare di Napoli come Gomorra, la città è tutt'altro, ai giovani dobbiamo dare cultura, la gioia di conoscere la musica attraverso il divertimento, hanno pensato di risolvere il problema facendo suonare i pifferi in classe che hanno allontanato invece che avvicinare i ragazzi al mondo delle note. Serve maggiore formazione, evitare che i talenti debbano scappare all'estero. A Chicago, dove dirigo da 12 anni, incontro tanti ragazzi italiani, studenti e ricercatori. Noi invece, lasciamo spesso che le nostre istituzioni cadano in mano agli stranieri, non ho nulla contro perché io stesso dirigo tanto in giro per il mondo. Ma chi prende in mano un incarico deve amare e conoscere la storia del tesoro che dirige». E non mancano le stoccate alla politica, ai ministri che dovrebbero amministrare e ai maestri che dovrebbero insegnare, ai troppi «dibattiti sul nulla». «Il Parlamento? Per carità...». E parte l'ennesimo applauso. 

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