Edoardo Bennato ristampa La torre di Babele: «L'immagine biblica è attualissima»

Edoardo Bennato ristampa La torre di Babele: «L'immagine biblica è attualissima»
di Federico Vacalebre
Giovedì 7 Ottobre 2021, 12:00
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Scene di guerriglia metropolitana. È il 16 settembre 1977, al palazzetto dello sport di Pesaro. «Bennato, Bennato, il sistema ti ha comprato», urla un piccolo gruppo da parterre. Edoardo reagisce di prima, aveva visto Lou Reed costretto ad abbandonare il Palalido di Milano urlando «fuck of» a chi lanciava sanpietrini sul palco e non aveva nessuna voglia di farsi intimidire. Chitarra e tamburello scandiscono il ritmo parossisistico di «Ma chi è? Ma che d'è tutta st'ammuina? Ma chi è?». Poi aggiunge: «Ma chi so' sti quattro scornacchiati? Ma che sfaccimma vonno? Basta con queste violenze di questi scornacchiati». La platea lo sostiene: «Buffoni, buffoni, buffoni», «fuori, fuori fuori». E il rocker flegreo: «Purtroppo noi siamo vittima di questi quattro disgraziati, fino a quando saremo costretti a subire la loro violenza da fascisti non riusciremo a concludere niente». La rissa che ne segue è una scazzottata niente male, amplificata dall'ironia guerrafondaia di «Cantautore». Cronache di un'altra era, rievocate dalle tracce finali della nuova edizione di «La torre di Babele», capodopera bennatiano del 1976, che domani torna nei negozi in edizione rimasterizzata con l'aggiunta di un secondo disco di registrazioni live tra il 1975, con Roberto Ciotti e Tony Esposito per compagni di session. 

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Fa impressione risentire il famigerato concerto di Pesaro, Edo.
«Avevano già processato De Gregori, ma Francesco era, ed è, un bravo ragazzo, voleva il dialogo con chi voleva processarlo.

Io ed i ragazzi del cortile di Bagnoli che lavoravano e lavorano con me eravamo smaliziati, pronti a rispondere alla violenza con la violenza. Ragazzini viziati venivano a contestare noi, biglietto politico a 500 lire, mica i Pooh o Cocciante, biglietto a 10.000 lire, come dicevano i manifesti. A Palermo Lotta Continua e Autonomia Operaia ci contestarono persino per un concerto di solidarietà con i compagni arrestati».

Anni luce dall'Italia di oggi.
«Sì, ma l'immagine biblica della torre di Babele è attualissima. Anche se nella mia canzone, nel mio disegno di copertina, non immagino che la torre possa bucare il cielo, causare il buco dell'ozono, e resto fedele alla vendetta divina del moltiplicarsi di lingue. Oggi abbiamo i traduttori nei telefonini, ma continuiamo a non intenderci tra di noi, soprattutto quando si parla di razza e religione. Che, poi, basterebbe poco a capire che esiste una sola razza, quella umana. E che l'unica religione possibile è quella del mutuo rispetto».

Un disco rock, pacifista («Viva la guerra»), sospeso tra ballate («Venderò», dedicata a Raffaele Cascone), pezzi da folksinger («Quante brave persone») e travolgenti («Eaa»).
«Era il 1976, mi ero salvato dal no dei discografici che mi avevano invitato a cambiare mestiere grazie alla mia esperienza londinese. Avevo visto i busker, i musici di strada, mi ero costruito un aggeggio che mi permetteva di suonare insieme chitarra, kazoo e tamburello e urlavo per strada le mie canzoni similpunk».

Il tema della rincorsa al riarmo era molto sentito a sinistra.
«Dove si sentiva meno il tema che affronto in Cantautore, dove sembrava normale vivere un cantautore, un guitto, come un maestro di pensiero e, per questo, mettere sotto la lente di ingrandimento ogni suo movimento».

In America era successo lo stesso a Dylan.
«Frugavano nella sua immondizia per sapere da che parte avrebbe soffiato il vento, dove si sarebbe diretta la rivoluzione».

Che non c'è stata.
«E io in quei concerti, visto che avevo un repertorio breve, aggiungevo ai miei pezzi quelli del maestro Dylan».

E «Deportee» di Woody Guthrie, che sentiamo tra le registrazioni live recuperate da tuo fratello Giorgio negli archivi.
«È una canzone che parla di migranti, come il mio penultimo album Pronti a salpare, come la mia omonima mostra di dipinti».

In «Franz è il mio nome» canti «E come Pinocchio non crederai ai tuoi occhi/ quando vedrai il paese dei balocchi». Covavi già il progetto di «Burattino senza fili», il best-seller del 1977?
«Forse sì, magari in modo inconscio. I personaggi di Collodi erano perfetti per Bennato, il pazzaglione sociologo, il burattino ingestibile. Prendi il Gatto e la Volpe: chi altri sono, se non o Zuoppo e o Cecato, il Pd e i Cinquestelle? E il Grillo parlante non è... proprio lui?».

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