Avitabile: «Il mio canto di dolore dalle terre che bruciano». Il disco con De Gregori, Zero e Giorgia

Enzo Avitabile fotografato da Augusto De Luca
Enzo Avitabile fotografato da Augusto De Luca
di Federico Vacalebre
Sabato 24 Settembre 2016, 11:07 - Ultimo agg. 10 Ottobre, 10:03
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La sua «Music life», per dirla con Jonathan Demme, l'ha portato a firmare un nuovo contratto con una multinazionale, la Sony, a 22 anni da «Easy», suo ultimo lp per la Emi, ritrovando, e non è un caso, il produttore dell'epoca, Mimmo D'Alessandro, che affianca per l'occasione il fido Andrea Aragosa. Come il precedente «Black tarantella», è «un disco di incontri e non di duetti» l'album del ritorno in grande stile di Enzo Avitabile, questa volta pronto a dividere la scena con Giorgia, Francesco De Gregori, Mannarino, Renato Zero, Pippo Delbono, le due «gemelle siamesi» di «Indivisibili» Angela e Marianna Fontana, Elena Ledda, Paolo Fresu, Giovanna Marini, Lello Arena, Daby Tourè. Ma «Lotto infinito», questo il titolo del disco in uscita il 7 ottobre - intenso, spietato, maturo, fedele alla linea - non riparte solo dal capolavoro «Black tarantella», facendo lezione dell'importantissima esperienza ritmica con i Bottari di Portico quanto di quella più intima di «Napoletana», affiancando al sassofono l'arpina monodica.

Partiamo dal titolo, Enzo?

«Nel disco c'è un'altra Napoli, non quella del lungomare e dei turisti ritrovati, ma quella del Mare verde che cantavano Mario Trevi e Milva, la campagna che fu, la Napoli da cui vengo io: Marianella, Scampia, oggi con le radici nel cemento. L'idea del titolo è arrivata da uno striscione che ho visto in un quartiere di Ponticelli, davanti al Lotto Zero, mi piaceva l'idea di partire da un microcosmo per arrivare alle mappe geografiche realizzate per la grafica del disco da Piero Pizzi Cannella: da zero a infinito, i lotti diventano frammenti di universo, piccoli mondi del mondo».

Un mondo alla fine del mondo, verrebbe da dire. «Terra a svantaggio, gente fora e vista, inesistente», canti in «Napoli Nord». E, ancora, «terra appicciata», spieghi in «Abbi pietà di noi», quasi un rosario per tutte le lande che bruciano, «comuni mbuttunate e rifiute tossici illegali», nominate una per una: Qualiano, Giugliano, Orta di Atella, Caivano, Acerra, Nola, Marigliano, Regi Lagni, Pianura, Acerra, Nola, Marcianise, Succivo, Mondragone, Castel Volturno, Frattamaggiore, Melito...

«È una rielaborazione laica delle litanie lauritane, un atto di dolore sulle terre dei fuochi, dalle terre dei fuochi, dal cuore di quegli uomini, tutti noi, colpevoli di devastazione ambientale, di crimine contro l'umanità, di genocidio ecologico. L'uso del dialetto, della nostra lingua, insieme antica e moderna, le storie dei Gigli, di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, la musica suonata su botti e su tini stanno a bilanciare il racconto, sono la grande bellezza contrapposta a questa grandissima bruttezza».

Veniamo agli «incontri» e non «duetti». Zero e De Gregori sono sorprese anche per chi si ricorda i tuoi rendez vous con James Brown e Guccini, Tina Turner e Battiato, Afrika Bambaataa e David Crosby, Khaled e Manu Dibango.

«In fondo, questo disco inizia dove finisce Black tarantella: li c'era il ritrovarsi con Pino Daniele e un maestro-fratello maggiore come Franco, qui il ruolo di guida l'ha svolto Francesco. Lui rinasce ogni volta, è un punto luce per chi voglia guardare a un'altra canzone possibile nel buio degli anni della canzone di plastica».

Con il «principe» dividi «Attraverso l'acqua», dedicato ai migranti che arrivano in Italia via mare.

«È un benvenuto solidale a chi sbarca a Lampedusa».

Renato, invece, l'hai fatto cantare addirittura in napoletano.

«L'aveva già fatto solo per Modugno e qualche classico. Ha scelto lui il pezzo, gliene avevo fatto sentire anche un altro, ma è rimasto colpito da Bianca, omaggio a Bianca D'Aponte, cantautrice di Santa Maria Capua Vetere morta giovanissima. Ha voluto cantare questa storia scabrosa di perdita, castità, assenza».

Un'altra storia vera è quella di «San Ghetto Martire».

«È un omaggio a Felice Pignataro e all'esperienza del Gridas, all'invenzione di una maschera di cartapesta perfetta per un carnevale popolare di periferia. San Ghetto porta addosso come ex voti, cartelli con slogan politici e sociali. È un santo di lotta, non di governo, gli piacerebbe la frase che ho visto a Scampia e ho scelto come titolo per un altro pezzo, costruito intorno alle Sette Opere di Misericordia: Quando la felicità, non la vedi cercala dentro».

C'è molta religiosità, popolare nel disco.

«Perché ce n'è molta in me, con tutti i miei limiti di uomo. C'è il De Profundis: Giorgia presta la sua voce straordinaria a questo canto di dolore e di speranza. Ma c'è anche una citazione di Bella ciao, ci sono frasi mantriche di liberazione, ci sono momenti in cui guardo ai miei nipotini rap, c'è l'energia di Caparezza e l'incitamento a cambiare di Amm''a amm''a, c'è la Jastemma d'ammore con Pippo Delbono, c'è lo schierarsi al fianco dei diseredati, c'è la dichiarazione d'appartenenza di Addo' so' nato io. Questo è un disco sacro e profano, laico e religioso, napoletano e italiano e figlio del mondo».
Prima presentazione a Napoli, l'8 ottobre, alla Feltrinelli.

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