In 40mila al San Paolo per Pino: l'omaggio in quattro ore di musica

In 40mila al San Paolo per Pino: l'omaggio in quattro ore di musica
di Federico Vacalebre
Mercoledì 6 Giugno 2018, 22:59 - Ultimo agg. 7 Giugno, 17:51
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Putesse essere allero, già. Napoli proverà ad essere allegra, stanotte, nasconderà la sua appocundria, mostrerà i suo migliori sorrisi e le sue migliori canzoni sul prato del San Paolo e alle telecamere di Raiuno, gioirà per le sue voci più veraci, applaudirà il mainstream nazionale, si sgolerà esorcizzando la festa per lo scudetto mancato, si nasconderà dietro le facce e i suoni che confessano di aver vissuto (qui) di James Senese, Massimo Ranieri, Enzo Avitabile. Perché «Pino è», certo, ma ci manca, e forse ci manca anche quella Napoli in cui Pino è cresciuto, e con lui Massimo Troisi e l’esercito della creatività del neapolitan power, che cambiò il suono partenopeo, e quindi quello italiano, fieri della loro città-mondo e, quindi, aperta al mondo. E con loro noi.  
Quarantamila lazzari felici per quattro ore di musica che, certo, pagheranno pegno allo show televisivo, ma da quanti anni, decenni, forse bisogna risalire agli ultimi Festival di Napoli, non ascoltavamo così tante canzoni nella nostra lingua in tv, in prima serata, con l’omaggio dei big reduci dai Wind Music Awards e l’assenza dell’ultima generazione rap&trap a dirci che il mondo sta cambiando, che il suono sta cambiando?
Aprirà il ragazzo fortunato, Jovanotti, nel primo dei duetti virtuali della serata. «Yes I know my way», lui e il Mascalazone Latino, che in questo stadio hanno consumato due notti magiche, nel 1994 c’era anche Ramazzotti, nel 1998 anche Raiz. Che impressione, vederlo, sentirlo, voce e chitarra, qui, come se...
 


«Putesse essere allero», anche quella la canterà Lorenzo Cherubini, ha preso lezioni di dialetto dal coach Luigi Vertaglio, e, per piacere, stasera non fate i censori, con lui nè con altri, che la crema del pop nazionale è venuta in città a cantare in napoletano, qualcuno non lo farà per pudore, rimediando sul repertorio in lingua, che ai nostalgici piace di meno, ma non sempre, perché «Quando», perchè «Anna verrà»... Non è la notte del purismo pinodanieliano, questa, ma dell’omaggio più impressionante e compatto mai reso dalla musica italiana a un suo grande protagonista. C’è voluto del tempo per organizzarla, c’è voluta la tv per centrarla, oltre alla disponibilità dello stadio, alla fine ci sono tutti o quasi, qualche assenza pesa, ma stanotte sarà difficile in Italia ascoltare altro, oltre a Raiuno, oltre a Radiodue Rai, rimanderanno il segnale Rtl 102.5,Radio Italia, Radio Kiss Kiss, Rds, Radio Deejay, Radio Capital, Radio Monte Carlo e Radio Zeta, anche loro così tante canzoni napoletane in una volta sola non le hanno mai mandete in onda.

Qualcosa non ci piacerà, e non penso a eventuali stecche, ma a concessioni alla narrazione televisiva, al pubblico generalista. L’uomo in blues era molto critico con le passerelle televisive, ma se le concedeva un po’ per business e un po’ per non dire sempre no, ironia della sorte il suo saluto al pubblico è avvenuto in tv, su Raiuno.
«Putesse essere allero cu ‘na parola sola/ ca me desse calore senza me fà’/ sunna’». E quella parola prima si strozzerà in bocca, poi esploderà nel grido di tutta Napoli, di tutt’Italia, a tv e radio unficate: «Pino, Pino, Pino». Come ai suoi concerti, quando c’era, quando non dovevamo accontentarci del suo avatar e dei suoi colleghi e amici, gridavamo «Massimo, Massimo, Massimo». Quella parola è diventata chiave d’orgoglio, racconta la storia di uno scugnizzo nato con niente per arrivare a tutto questo, di un sognatore che ha saputo costruire una nuova canzone, l’unico rinascimento napoletano che sia durato.

Anche lui ha avuto alti e bassi, stagioni meno creative, ma non ha mai smesso di credere nella sua chitarra e nella possibilità di usarla per dire, non solo dare, anche quando non gli venivano le parole. Musicautore, suonautore, lo abbiamo chiamato e a lui piaceva molto, quando il mestiere di cantautore gli stava stretto, quando... «Ho scritto “Napule è” a 18 anni, che devo dire ancora?», minimizzava, prima di tornare sulla sei corde, acustica, classica, elettrica... Quanto le amava le sue chitarre, forse è quello il vero peccato non veniale della serata, ci voleva un grande chitarrista, o qualcuno dei jazzisti che ha così tanto amato, ma la tv ha paura della musica strumentale, per non dire del jazz. 

E, poi, ha ragione Jovanotti, che aizzerà il pubblico, come si è preparato a fare nei suoi ultimi concerti, preparandosi al concertone di questa notte: «Pino Daniele musicista Masaniello, jamme Napule facimme nu’ burdello». E poi, semplice come deve essere un rap: «Si ricomincia da Pino, la Napoli migliore».
Yes, I know my way, me l’ha mostrata Pino Daniele, ce l’ha mostrata Pino tanti Daniele anni fa. 
 

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