Fabrizio De Andrè, tradotto in siciliano l'album “La Buona Novella” del 1970

Fabrizio De Andrè
Fabrizio De Andrè
di Fabrizio Zampa
Domenica 26 Settembre 2021, 16:52 - Ultimo agg. 17:09
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Era il lontano 1970 quando Fabrizio De Andrè incise La Buona Novella, album tratto dalla lettura di alcuni Vangeli apocrifi (in particolare dal Protovangelo di Giacomo e dal Vangelo arabo dell'infanzia) nel quale, spiegò lui, «avevo urgenza di salvare il cristianesimo dal cattolicesimo. I vangeli apocrifi sono una lettura bellissima con molti punti di contatto con l'ideologia anarchica. Quando scrissi l’album era il 1969, si viveva in piena lotta studentesca e le persone meno attente, che sono poi sempre la maggioranza di noi, compagni, amici, coetanei, considerarono quel disco come anacronistico. Mi dicevano: "Ma come? Noi andiamo a lottare nelle università e fuori dalle università contro abusi e soprusi e tu invece ci vieni a raccontare la storia della predicazione di Gesù Cristo?". Non avevano capito che in effetti La Buona Novella voleva essere ed era un'allegoria che si precisava nel paragone fra le istanze migliori e più sensate della rivolta del '68 e istanze, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate ma da un punto di vista etico sociale direi molto simili, che un signore 1969 anni prima aveva fatto contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell'autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù di Nazareth e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi».

 

E’ un album che appartene alla storia della migliore canzone d’autore, e adesso c’è chi ha pensato, giustamente, di tradurlo in siciliano. Chiariamo subito che i nostri dialetti non sono dialetti regionali ma vere e proprie lingue, e la lingua della Sicilia ha così tante sfumature da essere una delle più ricche di dettagli, allusioni, significati, sottintesi, energie. Così 22 anni dopo la scomparsa del cantautore e poeta (non dimenticate il suo splendido album Creuza de mä del 1984, tutto in una musicalissima lingua genovese) un gruppo di musicisti, studiosi, appassionati e amici ha deciso di  dare il via all’operazione. Il progetto è firmato da Francesco Giunta, poeta, cantautore, cantastorie, appassionato linguista e maestro di cunto, l’arcaica forma di racconto in dialetto siciliano di antiche origini greche elaborata stabilmente durante il Medioevo e del quale è maestro Mimmo Cuticchio. Giunta ha lavorato con la benedizione del professor Giovanni Ruffino, eminente linguista, considerato uno dei più grandi dialettologi al mondo, dal 2017 anche accademico della Crusca. Al fianco di Francesco Giunta ci sono le voci di interpreti come Cecilia Pitino, Alessandra Ristuccia, Laura Mollica, Giulia Mei, alle quali è affidato il canto e l’incedere, accompagnate al pianoforte da Beatrice Cerami nella registrazione del disco e nell’ambientazione ritmica curata dal chitarrista Giuseppe Greco, con l'aggiunta delle narrazioni del cantautore romano Edoardo De Angelis, la partecipazione della Fondazione Fabrizio De André Onlus guidata da Dori Ghezzi e via di questo passo.

Il risultato del loro lavoro è La Buona Novella di Fabrizio De André in siciliano, album in vinile per ora a tiratura limitata numerata di 500 copie, un disco a chilometro zero costruito e prodotto grazie agli Amici per Buona Novella, che è stato presentato in anteprima a Palermo a luglio e che verrà proposto dal vivo a Roma venerdì 8 ottobre all’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini (viale Giardino dei Giusti della Farnesina 6, ore 21) da tutti i realizzatori.

E’ un’occasione unica per godersi un lavoro attento, raffinato, di enorme sensibilità, e pazienza se per il momento sarà un problema entrare fra quei cinquecento fortunati che avranno il piacere di conquistare materialmente il disco, perché in un non precisato futuro ne uscirà molto probabilmente una versione in cd. Non vi preoccupate se non capite il siciliano: vi basterà portare il testo che era allegato all’album originale (magari in fotocopia, grazie a qualche amico che lo possiede) per non avere problemi di traduzione.   

Spiega Dori Ghezzi che «Fabrizio amava spesso ripetere “un uomo che perde il dialetto è come un animale che perde l’istinto”, e mi sarebbe piaciuto che avesse avuto la possibilità di ascoltare questo riadattamento in siciliano». E aggiunge che l’album «è una riscrittura, una rilettura che vuole prendere le mosse, o forse riprenderle, dal grande lavoro del Fabrizio dialettale, che in questo progetto passa diretto per la lezione che Pier Paolo Pasolini ci ha insegnato nel Decamerone e nei Racconti di Canterbury: un’Italia da riscoprire attraverso le sue tante lingue». Nelle intenzioni di Francesco Giunta («Spero sia proprio una buona novella per la Sicilia – dice - tentare di dire una volta per tutte, in modo chiaro, che il dialetto siciliano non è la lingua dei mafiosi, è la lingua della nostra cultura migliore») questa riproposta unica, inedita e straordinaria di La Buona Novella guarda con il pensiero e il sentimento a Rosa Balistreri, scomparsa nel 1990: lui dal 1996 al 1998 ha collaborato con l’amministrazione di Licata per dare vita al “Centro Rosa Balistreri” e poi ha pubblicato con l’etichetta Teatro del Sole una serie di dischi che hanno definitivamente segnato il ritorno sulle scene del magico repertorio dell’artista siciliana, tanto da venire persino contattato da Wim Wenders nel 2007 quando arrivò a Palermo per le riprese del film Palermo Shooting. Ed è così che nella colonna sonora appare un frammento di Quannu Moru, uno dei brani più toccanti incisi da Rosa.

Insomma, vi aspetta una bella iniziativa per riscoprire il fascino di quel progetto che Giunta riassume in poche parole: «Torniamo a riascoltare questo capolavoro della musica italiana in un modo emotivamente nuovo, proponendo un riadattamento che ne vuole amplificare il contenuto emozionale, attraverso il ricorso al dialetto. L’esposizione interamente al femminile aggiunge ulteriore pathos».

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