Quando la notizia ieri si è sparsa sui social la disperazione di Flavia D'Alessio, moglie di Federico Salvatore, è diventata doppia: a quella per il marito, ricoverato da sabato all'Ospedale del Mare di Napoli in seguito a un'emorragia cerebrale, si è aggiunta quella per i quattro figli - Paride, Yuri, Azzurra e Fabrizio - che non conoscevano la reale condizione di salute del padre. Per proteggerli non aveva ancora detto loro la verità.
Il cantautore, cantattore, protagonista del teatro canzone più verace sospeso tra la goliardia degli inizi e l'impegno di una seconda fase artistica, è in coma farmacologico, intubato, in attesa di capire se sarà possibile sottoporlo a un intervento. «Non è un momento semplice, ma nessuno, ora, può fare diagnosi certe e definitive», ha spiegato la moglie in un comunicato: «Federico ora è sotto osservazione ed è sottoposto a una serie di accertamenti.
Il 17 settembre scorso, giorno del suo 62esimo compleanno, sarebbe dovuto uscire il nuovo album di Salvatore, «Azz 25 anni dopo», versione riveduta e scorretta delle prime canzoni, quelle del periodo «tamarro» che gli avevano dato il successo, grazie anche all'attenzione di Maurizio Costanzo. fulminato dal confronto-scontro messo in scena tra lo snob Federico e il proletario Salvatore, quasi a scindersi in due. Proprio quel giorno, dalle pagine social dell'artista era arrivato l'annuncio di un ritardo nella pubblicazione del disco. Motivato da un lutto, la morte di Giacino, il suo pappagallo parlante di 25 anni.
Forte la preoccupazione degli ammiratori, espressa attraverso i social. Mancino naturale che non ha mai invertito le corde sulla tastiera della chitarra, il cantacabarettista partenopeo ha sfondato a metà anni Novanta con gli album «Azz...» e «Il mago di Azz», prodotti da revival macchiettistico in salsa triviale. Nel 1996 la partecipazione al Festival di Sanremo con «Sulla porta», censurata per l'uso della parola «omosessuale»: era la prima volta che qualcuno cantava un coming out a Sanremo. Da allora la sua carriera si è spostata verso il teatro-canzone, quando non verso il teatro tout court, che lo ha visto in scena con Peppe Lanzetta o come protagonista di «Novecento napoletano». «Se io fossi San Gennaro», un po' gaberiana e un po' deandreiana (via Cecco Angiolieri), il suo j'accuse più verace e sentito. Sudista verace, studioso di «storia patria», non aveva messo mai da parte l'ironia: dopo dischi come «L'osceno del villaggio», «Dov'è l'individuo», «Fare il napoletano... stanca!» e «PulcinHell» nel 2020 aveva inciso «Sta luna pare na scorza e limone», esilarante rilettura del repertorio degli Squallor.