Alessio Arena, il cantautore dei tre mari

Alessio Arena, il cantautore dei tre mari
di Federico Vacalebre
Domenica 28 Aprile 2019, 16:01 - Ultimo agg. 16:02
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Canzoni urgenti dal deserto cileno, spagnolo, napoletano. Canzoni urgenti per Santiago, Barcellona, Napoli. Sono le canzoni di un disco come «Atacama!», edito dalla coraggiosa Apogeo records, etichetta resistente del quartiere Sanità e capolavoro di Alessio Arena, il «cantautore dei due mondi», il miglior talento newpolitano, ma forse anche italiano, della sua generazione. Classe 1984, Alessio ha aggiunto al nomadismo che l'aveva portato in bilico tra la sua Napoli e la Spagna, un viaggio nel deserto del Grande Nord del Cile: «È stata una vera illuminazione. Non avevo mai visto un paesaggio così spoglio, senza segreti, un panorama dalle mani aperte o qualcosa di simile a uno specchio: il cielo più stellato del mondo e il silenzio più perfetto mi ha fatto guardare dentro di me per cercare le parole e le melodie che non avrei immaginato di cantare mai».
E ne sono venute fuori parole feroci per melodie dolcissime, veleni che tutti vorremmo bere, quieti rumorose e ogni tipo di ossimoro possa far grande una canzone d'autore capace di parlare per l'Io del suo autore come per la sua generazione confusa e (in)felice, eppure ricca di grandi sogni e bisogni. Arena frulla influenze in qualche modo chiarite nella dedica: a Pino Daniele, e non servono parole, a Victor Jara, e non dovrebbero servire parole per dire del folksinger comunista che Pinochet fece trucidare dopo avergli fatto strappare ad una ad una le falangi delle mani colpevoli di aver scritto canzoni militanti e una delle più belle love song di tutti i tempi come «Te recuerdo Amada», e Gloria Fuertes, che grazie a lui abbiamo scoperto, ipnotizzati dalla versificazione della poetessa di Ni tiro, ni veneno, ni navaja.
Diventato poeta dei «tre mondi» - Napoli «la città pianeta per antonomasia», la Spagna, il Cile - Alessio conosce la melanconia delle melodie inevitabili, la saudade verace che gli ha insegnato la nonna attraverso i classici della canzone napoletana, il misticismo ribelle della nueva cancion chilena, l'esplosione post-franchista e quella attuale del cantautorato iberico, ma anche la sensualità della nueva trova cubana di Pablo Milanes e Silvio Rodriguez, il tropicalismo ineludibile del brasiliano Caetano Veloso.
Scritto soprattutto in spagnolo - finora quel mercato risponde meglio del nostro al cantascrittore - ma anche in italiano e in napoletano, con musici delle tre sponde e dei tre mari, inevitabilmente «Atacama!», oltre che di un viaggio lunghissimo, fisico e mentale, culturale e sentimentale, di maturazione e di agnizione, è figlio del libro dedicato da Arena a Gilda Mignonette, la regina degli emigranti: «Mi è costato la vita scriverlo e vederlo nascere questo album, cinque anni di viaggi e trasformazioni di ogni tipo. Tra i singoli c'è La canzone di pietra sul tema migranti, che mi porterà sino al Napoli Teatro Festival con lo spettacolo Uomini in gabbia, il 29 e 30 giugno. A giugno, a sorpresa, uscirà anche un altro singolo speciale del disco, cantato con Miguel Poveda, che è la stella dell'attuale flamenco in Spagna: il mio incontro con lui ha del romanzesco».
Intanto, tra brani come «La orilla» (in cui spunta la voce di Jara) e «Parlo di noi», insieme a musicisti come Michele Arcangelo Caso, Rocco Papa e Pau Figueres, spuntano i Quartieri Jazz («Los ninos que vieblan»), Manuel Garcia (il brano che dà il titolo al cd) e Marta Gomez («Amor circular»).
Canzoni urgenti ma anche senza tempo, da ascoltare e da vivere: «Sono figlie di un itinerario per il quale mi sono preparato tutta una vita, quello che mi avrebbe fatto conoscere il continente mitificato in tutte le cose lette, scritte e cantate fino ad allora. La sorpresa è stata trovare in un luogo così recondito una pagina dimenticata dell'ampia letteratura dell'emigrazione italiana, sebbene mi sia sentito come se stessi mettendo piede su un pianeta sconosciuto, dove la bellezza è ancora da seminare, dove la pioggia non è ancora mai caduta. Questo nuovo pianeta mio, che ho scorto dopo aver navigato i mari di tutta una vita (per questo il titolo è Atacama! come si direbbe Terra!) l'ho immaginato senza frontiere, lontano dalla purezza, ibrido in tutto. Le canzoni che vi fioriscono sono incluse in questo disco che dedico alle persone nate sulla riva sbagliata del mondo, come direbbe nonna 'Ntonietta, a coloro che lottano più del normale per sussistere e ai quali, in realtà, non manca per niente il talento per stare nella vita».
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