Ty1: «Benvenuti nella giungla rap»

Ty1
Ty1
di Federico Vacalebre
Giovedì 6 Maggio 2021, 16:47 - Ultimo agg. 19:24
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Ci voleva un dj, un producer, anche se lui oggi si sente soprattutto un «direttore artistico», per fare un disco di rap-rap, old school, vecchia scuola davvero, niente concessioni trap. Classe 1979, Gianluca Cranco, più noto come TY1, l'avevamo lasciato nel 2016 con «Hardship», disco elettronico ed inglese. «Djungle», invece, «è un disco di puro hip hop, che ho scritto volendo restare nel campo della black music e pensando, strumentale per strumentale, agli amici e alle voci che avrei voluto coinvolgere», spiega lui, che ha annunciato nelle scorse settimane uno per uno i 24 artisti coinvolti, in gran parte provenienti dal mucchio selvaggio urban (Paky, Guè Pequeno, Massimo Pericolo, Pretty Solero, Myss Keta, Noyz Narcos, VillaBanks, Ernia, Capo Plaza, Jake La Furia, Speranza, Taxi B, Rkomi, Ketama126, Samurai Jay, Geolier, Marracash) con qualche incursione pop (Neffa, i Tiromancino) e internazionale (il cileno Pablo Chill-E, il brasiliano Mc Buzzz, il francese Dosseh) più emergenti assoluti come Touchè e Vettosi.

Il titolo e la grafica del disco rimandano agli esordi del disc jockey salernitano: «Nella periferia di Salerno, rione Torrione, mi sentivo come un bambino perso nella giungla. Così, con un gioco fonetico che guarda anche al Django unchained di Tarantino, ho coinvolto con me solo fratelli di periferia, dalla Secondigliano di Geolier alla Baronia di Marracash, passando per favelas e ghetti latini».

Naturalmente, la varietà di voci è anche varietà di stili e persino di lingue e dialetti, «ma il mio sound unifica il lavoro, questo è un disco vero non una compilation, con voci e beat dalla giunga metropolitana a scandire il riscatto possibile attraverso il rap: a me questa disciplina ha permesso di crescere, di non perdermi per strada, di viaggiare e vedere il mondo.

Vivevo in mezzo al nulla, con in tasca solo la voglia di fare musica e di riuscire a portarla a tutti: sembrerebbe che ce l'abbia fatta».

Gli stereotipi dell'hip hop si riaffacciano spesso, con credibilità di strada, droghe varie e maschilismo profusi a iosa, comprensibilmente, però, se si pensa al concept delle voci delle periferie messo in campo. Marra, Massimo Pericolo, Geolier, Speranza ci danno dentro, ma ognuno troverà la sua barra preferita, il suo beat da ballare. «Il mio team produttivo sta a Londra, abbiamo dovuto lavorare a distanza, come anche con molti dei miei ospiti, spesso scoperti e sentiti solo grazie alla rete: questo è un disco nato nella pandemia, registrato nella pandemia, un abbraccio virtuale e digitale, ma vero, la senti la tribù che si ritrova nella giungla del dj».

La Salerno di Ty1, intanto, si è ritagliata un posto che conta nella mappa dell'hip hop italiano, «ma anche internazionale, visto come stanno andando Rocco Hunt e Capo Plaza. Loro venivano da un'altra periferia-giungla, da un altro quartiere di palazzine, l'ormai famosa Ciampa di Cavallo. Ma in motorino ci separavano cinque minuti. È bello sapere che dove sono nato non ero l'unico ad essere stato fulminato dalla possibilità liberatoria della cultura hip hop: chi ha preso in mano il microfono, chi una bomboletta spray, chi, come me, si è messo a scratchare».

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