Loguercio: «Adesso provo
a fare il cantante davvero»

Canio Loguercio
Canio Loguercio
di Federico Vacalebre
Mercoledì 2 Dicembre 2020, 09:13 - Ultimo agg. 09:14
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La Targa Tenco vinta nel 2017 ha convinto Canio Loguergio a provarci davvero. «Canti, ballate e ipocondrie d'ammore», premiato all'Ariston come miglior album in dialetto, e prima ancora «Amaro ammore» e «Indifferentemente», avevano rimesso in campo il musicista, poeta e performer, lucano ma con base a Napoli negli anni Ottanta della Vesuwave quando cercò con i Little Italy la via verace ai Talking Heads. Blues metronapoletani sposavano salmodianti lacerti di melodia, il recitarcantando si travestiva da rap, guardando però a Tom Waits e a Filipponio più che al ghetto nero. «Ci stiamo preparando al meglio», in uscita venerdì 4 dicembre per Squilibri, è invece, un album di canzoni-canzoni, o quasi. Meno compatto dei precedenti, più vario, forse anche più aperto, amaramente ironico.
Si inizia con il brano del titolo, meno ottimista di quanto voglia far sembrare, esorcistico quanto «L'anno che verrà» di Lucio Dalla: «Ho pensato a un vecchietto ed una vecchietta in ospedale quando Covid-19 non era ancora una parola dei nostri discorsi quotidiani», racconta Loguercio: «Con un sorriso i due riescono a guardare al futuro, un futuro che contiene anche il loro addio al mondo». Saltellante quanto insinuante nell'arrangiamento, il brano ci prepara a un meglio che può essere anche peggio, tanto «siamo dei sopravvissuti al grande errore». Pop ma colto, avanguardia situazionista e citazionista ma senza chiudersi nella torre eburnea dell'incomprensibilità: per cantare versi come «ho imparato ormai come ci si prende cura del dolore e come si fa a custodire lacrime e paure» serve una leggerezza che faccia da contraltare, magari con la complicità delle voci di Andrea Satta e Sara Jane Ceccarelli.
Le voci femminili sono una costante del disco, che alterna brani in italiano e in napoletano, originali e cover. Tra quest'ultime nessuno cerchi un fil rouge: si va dalla dimenticata «Quando vedrete il mio amore» lanciata nel 1963 da Donatella Moretti su arrangiamento di Morricone all'indimenticabile «Incontro» di Guccini: «La prima mi era rimasta in mente chissà perché, e l'ho ripresa con il conforto dell'ugola di Monica Demuru. La seconda la cantavo da ragazzo con la chitarra, riascoltandola mi sono accorto che era una canzone di nostalgia, chiave di interpretazione di questo lavoro, anche se nel 1972 Guccini aveva solo 32 anni». Il treno evocato dal testo è però ad alta velocità, visto il ritmo scelto. «Core ngrato» è voce di dentro contro la tradizione del do di petto sparato al cielo, «Mia cara madre» è «Lacreme napulitane» che si ferma alla prima strofa, potentissima e poi, invece di seguire la storia da sceneggiata, lascia alla tunisina M'Barka Ben Taleb e a voci di migranti senegalesi, ecuadoregni, srilankesi, della Costa d'Avorio, leggere la loro lettera d'amore distante alla cara madre, ribadendo il tema scomodo di «Tienimi forte le mani», «un racconto di corpi che si perdono nel mare, di anime nere che ritornano, di mani che cercano di tenersi strette l'un l'altra» con le voci di Badara Seck e Barbara Eramo.
«Più canzoni e meno ipocondrie: forse è vero che ormai ci credo anche io alla possibilità di fare il cantante, ma dentro un collettivo, che sin dai tempi della militanza era il sogno di una condivisione, ma anche il modo di nascondersi nella moltitudine», riflette Canio, che oltre a fidi partner come il videomaker Antonello Matarazzo (occhio al video di «Ci stiamo preparando al meglio») e Rocco Petruzzi (agli arrangiamenti), ha arruolato il violoncello di Giovanna Famulari («In un punto lontano»), la tromba di Luca De Carlo («Cos'è», storia di un tragico «ammore»: «Perché noi siamo due scorze di pane / siamo sangue allungato col vino/ foglie che sfidano il vento / e nessun Dio ci perdonerà»). Il melodioso canto libero di Flo dà nuova vita a «Luntano ammore», mentre «Core e plastica» racconta la musica in un cocktail impazzito di versi, titoli, omaggi divisi con le ugole di Brunella Selo e Carolina Franco, madre e figlia nel brano più vicino alla precedente produzione dell'artista lucano.
Un disco inatteso, anche per gli estimatori di Canio Loguercio, e, forse anche per questo, ancor più meritevole di attenzione. Non sono solo le solite canzonette.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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