Foja, il nuovo album: «Abbiamo visto più miracoli che rivoluzioni»

Foja, il nuovo album: «Abbiamo visto più miracoli che rivoluzioni»
di Federico Vacalebre
Mercoledì 6 Aprile 2022, 12:00 - Ultimo agg. 16:10
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Da quando sono nati (nel 2006, anche se il primo album è del 2011) vivono di un dualismo dichiarato: folk e rock, Napoli e l'America, melodia e ritmo. Ma il nuovo album, «Miracoli e rivoluzioni» (Full Heads), in uscita dopodomani, sin dal titolo trasforma quella condizione in una sorta di bipolarismo conclamato: dove folk e rock, Partenope e resto del mondo, storie private e collettive continuano ad andare a braccetto, entrano in collisione due universi. I miracoli avvengono, perché non hanno bisogno di mano umana. E le rivoluzioni nascono abortite perché nessuno ci mette davvero mano, e cuore, e testa. I suoni sono saturi, i mandolini si concedono amplessi con chitarre elettriche e soluzioni elettroniche, il dialetto è arma narrativa affidata alla voce di tufo di Dario Sansone, frontman della band: alla batteria Giovanni Schiattarella, al mandolino elettrico Luigi Scialdone, alla chitarra Ennio Frongillo, al basso Giuliano Falcone.

Allora Dario, hai sfiorato più miracoli che rivoluzioni?
«Miracoli, mi sa, sia pur detto da non credente.

Penso, ad esempio, al fatto che suoniamo davanti a tanta gente, ai due scudetti del Napoli».

Potrebbero essere tre, tra poco.
«Non se ne parla. Nel disco c'è 'A mano e D10s, il brano dedicato al sommo Maradona diviso con l'autore Alejandro Romero, che avevamo già messo in 10, l'antologia del decennale».

«E tutt'a gente cantaie/ Marado' Marado'/ e tutt'o stadio alluccaie/ Marado' Marado'/ Luceva comme a na stella/ senza paura e fa a guerra/ e tutt'a curva cantaie/ Marado' Marado'./ Nascette a mano e Dios/ Marado' Marado'/ facette tutte cuntenti/ vasaie a maglia e sta terra/ purtanno na croce ncuollo/ a croce d'essere o meglio». Ma davvero non si può nemmeno pensare al tris?
«Siamo napoletani, napolegni, di queste cose non si parla. Non succede, ma se succede...».

Nuove canzoni verranno. Torniamo al disco. Dei miracoli mi hai detto. E delle rivoluzioni?
«Le abbiamo inseguite, lette, cantate, mai viste davvero. E questo ci provoca frustrazione, rabbia, angoscia».

«I wanna a riot, a riot of my own», si spolmonavano i Clash.
«Sì, ma una rivoluzione, che non è una rivolta, quelle ancora ce le possiamo permettere, è una cosa che fai per cambiare tutto. Qui non cambia niente perché non cambiamo noi, non cambia l'uomo, il suo egoismo. Così ogni giorno è un miracolo che non scoppi una pandemia, una guerra, una catastrofe naturale causata dall'incuria dell'uomo. E ogni giorno potrebbe essere una rivoluzione».

Mancata, diremo il giorno dopo. Come ci ricorda «Nun è ancora fernuta», incipit del disco che cita l'Eduardo di «È cosa è niente».
«A furia di minimizzare, di dire È cosa è niente, diventiamo niente noi. A furia e dicere è cosa e niente addiventammo niente».

Già in questo pezzo che pure vorrebbe parlare di speranza, come in molti altri, spunta la parola «guerra», si sente lo stato di cattività in cui ci ha ridotti il Covid, sia pur ingentilito dalla a lira pontiaca di Michele Signore (Nccp).
«Si vede che la guerra era nell'aria, quella della pandemia, quella nelle nostre teste e nei nostri cuori almeno: il brano è stato registrato nel marzo 2020, pieno lockdonw, ognuno a casetta sua».

«Ma tu magni o si' magnato»? I versi di «A cosa stai pensando» ti vedono insieme a Davide Toffolo, frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
«È un brano pop rock sull'epoca dell'eterna connessione, che si trasforma in assoluta disconnessione: con Davide da tempo volevamo fare qualcosa assieme, spinti anche dal nostro secondo - o è il primo? - lavoro in comune da disegnatori di fumetti e di animazione».

In «Santa Lucia» c'è Clementino.
«È la storia di una donna che piglia a vita e pietto senza paura, che combatte, ama, perdona. Il nome, il titolo, guardano alla patrona dei non vendenti, al quartiere verace che collega il centro con il mare, alla canzone napoletana più classica... Con Clementino, nostro fratellino, avevamo diviso già il palco, finalmente abbiamo registrato una cosa insieme».

Non è un nome di donna, invece, «Stella».
«No, ma è una luce guida, illuminata a sua volta dal pianismo di Lorenzo Hengeller».

In «Nmiezo a niente» c'è Gragnaniello.
«Il mio vicino di casa ai Quartieri Spagnoli, un punto di riferimento nel nostro songwriting, nel nostro essere dei folktellers, dei narratori popolari».

Bella definizione, Dario, ci vediamo domani alle 18.30 a Napoli, alla Feltrinelli di piazza dei Martiri.
«Si, finalmente si suona! Il disco è stato fermo un pezzo, noi di più. Ora si è riparte: è un miracolo, proveremo a farne una rivoluzione». 

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