Francesco Da Vinci: «Quel provino da sconosciuto per cantare nello show di papà»

Francesco Da Vinci: «Quel provino da sconosciuto per cantare nello show di papà»
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 15 Gennaio 2021, 21:00
5 Minuti di Lettura

Essere figli d'arte non è facile come potrebbe sembrare. Francesco Sorrentino, anzi Da Vinci, figlio di Sal e nipote di Mario, il vecchio leone di cantaNapoli, lo sa bene. «Devi dimostrare di essere più e meglio degli altri, devi faticare il doppio pure se sei bravo, altrimenti resterai sempre il figlio di qualcuno. E dopo un po' diventa insopportabile».

Percorso tutto in salita, dunque.
«È successo a mio padre con il nonno e ora accade a me: marchio indelebile».

Difficile dimenticare Mario, il re della sceneggiata napoletana.
«Sempre nel mio cuore, mi ha portato per mano verso il mondo della musica quando avevo solo 7 anni. Proprio perché il nonno era un grande, mio padre ha dovuto faticare assai per convincere il pubblico che era bravo pure lui, a prescindere dal cognome.

Dire Da Vinci, a Napoli, significava Mario».

E però Sal ce l'ha fatta lo stesso e bene.
«Certo. Ottimo artista e tanto successo. Ho imparato molto da lui anche se oggi lavoriamo su generi di musica completamente diversi ma è giusto così. È una questione di generazioni: le sonorità cambiano, si evolvono».

Sul palco insieme come ci state?
«Benissimo».

Qual è un momento che non dimenticherà
«Eravamo a Made in Sud, insieme sul palco duettammo Luntan a me, un brano inedito che scrissi prendendo solo il ritornello di un suo pezzo che risaliva a tredici anni prima».

Un remake?
«In realtà lo stravolsi quasi del tutto, venne fuori una canzone straordinaria. Fu uno show carico di emozione. Mio padre che cantava un brano riscritto da me, in onda su Rai2, tra gli applausi e il consenso generale mi riempì di orgoglio».

Quando avete deciso che avreste lavorato insieme?
«In realtà gli feci una sorpresa. Un inizio casuale».

Racconti.
«Accadde nell'estate in cui mi ritirai dal mondo del calcio. Sapevo che papà sarebbe stato il protagonista della commedia musicale Stelle a metà - da un'idea di Alessandro Siani - e sapevo pure che il cast non era ancora al completo».

Voleva provarci?
«L'idea mi allettava solo che non osavo neanche pensare di dirlo a mio padre».

Perché?
«Intanto non era d'accordo sulla decisione che avevo preso di lasciare la squadra di calcio in cui giocavo. E in parte aveva pure ragione. Non solo io, ma tutta la famiglia si era sacrificata non poco per assecondare la mia passione sportiva, e quando finalmente cominciavo a raccoglierne i frutti, la scelta di appendere le scarpette al chiodo non era ciò che si aspettavano».

Quindi suo padre Sal avrebbe voluto che continuasse a giocare a pallone?
«Sì, certo. Ho lasciato nel meglio».

Il richiamo della musica è stato più forte?
«Quando vieni da una famiglia di musicisti, dove tutti cantano e suonano a meraviglia, è difficile rimanere immuni».

Torniamo al musical.
«Dove eravamo rimasti?»

Suo padre stava lavorando alla commedia di Siani e lei seppe che nel cast c'erano ancora caselle da riempire.
«Qualcuno mi riferì che i provini si facevano al Tam, in via Martucci. Quasi per gioco, e soprattutto senza dire niente a nessuno, mi iscrissi a partecipare».

Suo padre non si accorse di nulla?
«No. Non si occupava dei provini. Le selezioni toccavano ad altri, a lui portavano solo i migliori».

Possibile che nessuno la riconobbe?
«Non vivevo a Napoli da tempo e quello di papà era un mondo a me quasi sconosciuto. E poi il mio vero cognome è Sorrentino, mica mi chiamo Da Vinci».

Francesco Sorrentino, dunque.
«Vi assicuro che non mi riconobbe nessuno. Mi presentai al provino del musical da illustre sconosciuto. Una condizione che, devo ammettere, mi fece sentire particolarmente bene e soprattutto a mio agio».

Niente ansia da prestazione.
«Zero. A totale beneficio della performance».

La presero?
«Superai brillantemente tutte e tre le prove. Quasi non ci credevo quando mi dissero che facevo parte dello spettacolo».

E suo padre?
«C'è un episodio fantastico».

Quale?
«Gli presentarono l'elenco di chi aveva superato i tre provini, scorrendo i nostri nomi, disse Francesco Sorrentino? Guarda un poco le combinazioni, questo si chiama come mio figlio».

Difficilmente avrebbe potuto immaginare che invece si trattava proprio di suo figlio. Come la prese?
«Rimase di stucco ovviamente ma alla fine fu molto contento. L'idea di cantare con me lo entusiasmava anche se nello stesso tempo era una preoccupazione».

Temeva il fiasco?
«No, quello no. Conosceva le mie capacità, ma capisco che un figlio in scena può essere motivo di tensione. In ogni caso avrebbe potuto fare ben poco: il provino lo avevo superato da solo e quel posto era mio»

Alla fine come andò?
«Un trionfo. Non ricordo nemmeno più quante repliche abbiamo fatto. Devo ammettere che è stata una palestra irripetibile. Mio padre è severo quando si lavora ma è un ottimo maestro. Anche grazie ai suoi insegnamenti sono riuscito a farmi valere a The Voice, il talent di Rai 2. E poi Gomorra».

Dalla musica al cinema.
«Altra gavetta straordinaria. Senza contare l'opportunità che ho avuto di scrivere pure due brani per la colonna sonora della serie, Sul io e Nun passa maje, e questo lo considero il mio primo vero traguardo da musicista».

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