La (piccola) storia del rock napoletano ha diverse pagine bianche, quelle mai scritte, vissute solo di notte, solo in concerto, da band che hanno lasciato memorie in chi le ha applaudite e ha vissuto il loro sound, ma poco o nulla testimoniate da dischi e registrazioni ufficiali. Si pensi, andando agli anni Ottanta della Vesuwave, ai Frigo, agli Anthra, ai Rhythmotion. Oppure, andando al decennio successivo, ai Gatti Distratti dalla Luce negli Occhi, nome troppo curioso per essere dimenticato da chi l’ha mai ascoltato, sound troppo obliquo per non aver colpito chi li incontrò dal vivo, magari al Velvet di via Cisterna dell’Olio, o in qualche compilation, come «Napoli sound system», seminale centone del suono newpolitano che rivelò il talento dei 24 Grana, ma conteneva anche un pezzo dei Gddlno, «Guarda a terra».
La pagina lasciata bianca dai Gatti, nella loro prima vita e nella seconda, ripresa verso il 2004, l’hanno finalmente scritta i fratelli di palco di Davide Munno, che della band era il leader, scomparso verso la fine del 2016, giovane, troppo giovane. Il gruppo già non c’era più, i suoi elementi avevano fecondato progetti come quello dei Pgr, di Ginevra Di Marco, della Mescla, del Food Sound System di Don Pasta, del Circo de La Sombra, dei Keplero.
Ma Cristiano e Davide Della Monica, che erano con Munno nella prima come nella seconda stagione/line up, glielo avevano promesso che questo disco l’avrebbero completato, lasciando traccia del percorso comune compiuto, di quei sogni e bisogni rincorsi con anarchico entusiasmo.
Eccolo, allora, quel pop schizoide, neoprogressive, neopsichedelico, mai messo a fuoco anche per sperare in una prossima jam session, per scegliere la musica come eterno divenire, work in progress reale. Le canzoni di Davide, gli arrangiamenti dei fratelli Della Monica, gli amici di sempre: Gaetano Munno (fratello di Davide, con Massimo Lanzetta nei summenzionati Frigo, in cui militavano anche Beniamino Esposito, Gino Evangelista e Ciro Mattei), Ale Innaro (Epo, 24 Grana), Fabio Piras e Massimo D’Avanzo che erano con i Gddlno degli inizi), Lino Cannavacciuolo, Charles Ferris, Ginevra Di Marco...
Come definire queste le dieci canzoni di «Uno» (etichetta Funambulo), da «Domani mi regalerò un fiore» a «Senza frontiere»? Psycho rock, art-alt pop, o, meglio, una memoria viva, un omaggio di cuore, un contributo alla storia non scritta, ma vissuta, del rock della città porosa.
Commosso, nel salutare la nascita del disco tanto sognato dal fratello, Gaetano Munno ha ricordato su Facebook quando con Massimo Lanzetta trascinò un sedicenne Davide in un tour teatrale, a fare il chitarrista di una band-parodia che imitava le orchestrine esotiche da matrimonio con «Beniamino Maggio che scambiò il fodero della sua Telecaster per lo scalino che conduceva alla scena, salendoci sopra». Quella sera forse il Gatto Distratto decise che la musica sarebbe stata la sua vita. Ora gli altri Gddlno gli hanno ridato vita, con un disco, oggetto obsoleto se volete, ma le mode non erano roba di cui Gatto Davide si curava, Distratto dalla Luce negli Occhi e dall’amore per la musica.
Gatti Distratti Dalla Luce negli Occhi: l'album della memoria ritrovata
di Federico Vacalebre
Lunedì 11 Maggio 2020, 20:02
- Ultimo agg.
12 Maggio, 00:04
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