Testa, un album postumo davvero «Prezioso»

Gianmaria Testa
Gianmaria Testa
di Federico Vacalebre
Domenica 3 Febbraio 2019, 13:30 - Ultimo agg. 14:17
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«Povero tempo nostro... e poveri questi giorni di magra umanità». Il titolo, «Prezioso», non mente, è prezioso davvero il nono album di Gianmaria Testa su etichetta Incipit/Egea, come del balsamo sulle ferite, come un esorcismo per voce e chitarra, come una ninnananna prima del sonno che non vuol venire per la testa ferita dai pensieri, per il corpo appesantito dai dolori. Il nono album del cantautore-capostazione, scomparso tre anni fa, è cantautorato vecchia scuola, scheggia d'arte demodè nata nelle Langhe come provino casalingo, come abbozzo di canzone da regalare a un amico/interprete (Paolo Rossi, Mauro Ermanno Giovanardi), come appunto in divenire, e completata come omaggio postumo dalla moglie Paola Farinetti e dall'ingegnere del suono Roberto Barillari con lavoro accorto, discreto, che non aggiunge code posticce, arrangiamenti ricottari, aggiornamenti mediocri, sovraincisioni social.

La voce di Gianmaria attraversa «pallidi orizzonti interrotti dai boschi» per cantare la pianura di Brel, di cui traduce «Le plat pays», ma sa di montagna anche quando sogna il mare, e sa che il mare e la montagna sono confini scomodi, da attraversare, da superare, a cui sopravvivere, ma che la pianura è un pantano, una trappola, un orizzonte impossibile. E sì, «Povero tempo nostro», impoverito anche dall'assenza di uno chansonnier che la Francia ha capito più e prima dell'Italia, eppure così italiano, tra Tenco e Pavese, Conte e Capossela, ma più essenziale del primo, più in viaggio del secondo, più restio alla swing del terzo, più concreto del quarto. Per una Barbara, a cui sarebbe bastato mettere al caldo i piedi, nel disco c'è una carezza d'amore. Per «chi fa il padreterno» in terra, invece, un sonoro «vaffanculo», che la canzone d'amore e quella d'odio si inseguono sempre, come ebbe a insegnarci il maestro Cohen. Per i neorazzisti, per quelli che «aiutiamoli a casa loro», per quelli che bloccano i porti, le navi e le migrazioni c'è «Merica Merica», storia d'italica transumanza con la voce recitante di Battiston. «Dentro la maschera di Arlecchino» c'è un uomo che sa più cos'è un uomo, figurarsi un commediante. Scabrosi racconti di donne andate («l'oblio è una virtù»), arpeggi che inseguono il ritmo del treno come quello della risacca, il «x agosto» di Pascoli messo in musica: memorie di quando c'era Gianmaria, che non era in influencer, e nemmeno voleva esserlo. Ma aveva storie e mondi da cantare e li sapeva cantare. 

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