Gianni Morandi, «Evviva!» il nuovo album: «Chi si ferma è perduto, io corro e canto ancora»

«Amadeus è il rinnovatore di Sanremo, si inventerà qualcosa di nuovo, magari torno in gara»

Gianni Morandi torna con il nuovo album
Gianni Morandi torna con il nuovo album
di Federico Vacalebre
Venerdì 3 Marzo 2023, 07:00 - Ultimo agg. 17:04
5 Minuti di Lettura

Tra i vincitori morali dell'ultimo Sanremo, condotto per sottrazione accanto allo straripante Amadeus, l'eterno ragazzo di Monghidoro (78 anni) vive la sua terza-quarta giovinezza: l'11 marzo saranno due anni dall'incidente che poteva costargli la vita («e ancora non riesco a chiudere questa mano»), esorcizzato con un album, «Evviva!», in uscita oggi, e un tour, al via il 10 da Rimini, per arrivare sino a Eboli, PalaSele, il 30 marzo. E si diverte Gianni Morandi nel presentare il tutto alla stampa regalando ai giornalisti una scopa, simile a quella usata all'Ariston per ripulire il palco dalle rose massacrate da Blanco.

Tanta carne al fuoco, Gianni, iniziamo dal Festival?
«Buffo, ho fatto centro senza fare niente».

Niente? Hai presentato, cantato (l'inno di Mameli, Dalla, le tue canzoni più brutte, «Fatti rimandare dalla mamma a prendere il latte» con Sangiovanni), spazzato... Sembravi sempre in palla, quasi come Osimhen.
«Non esageriamo! Io sono un fan di Sanremo, sono felice che sia tornato alla grande, che sia finito lo snobismo e la puzza sotto il naso degli anni 70, che lo abbia vinto Mengoni, tecnicamente il più bravo, dotato non solo di voce ma anche di cuore».

Disponibile a tornarci l'anno prossimo? Con Amadeus, magari solo dietro le quinte?
«No, Ama è il rinnovatore di Sanremo, si inventerà qualcosa di nuovo, magari torno in gara, anche se ho già fatto anche quello».

Quanto ha a che vedere un titolo come «Evviva»!» con la caduta tra le fiamme delle sterpaglie del tuo giardino?
«Tanto, il disco è iniziato in qualche modo quel giorno, quando Jovanotti mi ha chiamato per sapere come stavo, per mandarmi una canzone-esorcismo, “L'allegria”.

Ci conoscevamo con Lorenzo, avevamo anche fatto una collaborazione a tre con Fiorello, ma è nata un'amicizia, un'intesa, che l'anno scorso mi ha riportato a Sanremo, poi al Jova beach party e ora...».

Ora il Cherubini è dietro cinque degli otto pezzi del disco: quella che dà il titolo all'album, «Anna della porta accanto», più le già note «L'allegria», «Apri tutte le porte», «La ola». Lui ti definisce Mister Evviva!, dice che dove entri tu «succede qualcosa di misterioso, l'atmosfera si ossigena, aumenta la percentuale di aria, si respira tutti meglio e ci si dispone al sorriso».
«È la sua vitalità che è contagiosa. Non so se regalo sorrisi, mi piacerebbe, magari emozioni. Ma so che non credevo che ci fosse voglia di un mio nuovo disco, addirittura di un giro di show nei palasport. Poi ho visto che, sì, forse, c'era voglia: magari non mi fermo ad Eboli come ha fatto qualcun altro, magari d'estate sarà tempo ancora di show. Io la voglia ce l'ho, anche di correre. Non smetto, se serve rallento, non è tempo di stare con la copertina sul divano: quando succederà, ed è inevitabile che succeda se sei fortunato, sarà la fine».

«Evviva!» è un contagioso inno morandiano in «quest'Italia bella e pazza/ si divide su ogni cosa/ Casa chiesa rete e piazza/ Moralista e fantasiosa». Com'è l'Italia di Meloni e Schlein?
«Mi piace che i due maggiori partiti siano guidati da donne. Elly la conosco, ha un bel background, credo possa fare bene».

Tra i pezzi nuovi c'è «Un milione di piccole tempeste», che racconta il rapporto padre-figlio. Come va con i tuoi?
«Marianna e Marco sono grandi da un pezzo, hanno le loro vite, ma siamo sempre in stretto contatto. Tredici Pietro sta per i fatti suoi, vuole costruirsi un percorso senza sentirsi figlio di... anche se poi ogni tanto mi chiama, sa che ha un padre anziano. Consigli? Il rap non è il mio mestiere, meglio di no».

A completare la famiglia c'è tuo nipote Paolo, figlio di Marianna e Biagio Antonacci, che firma «Stasera gioco in casa», ma c'è anche la mamma con la rilettura con Sangiovanni di «Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte».
«Era il 1962, mai avrei immaginato che sarebbe diventata la mia canzone per antonomasia. Quando ha iniziato a pesarmi l'ho tolta dalle scalette, ma l'ho dovuta rimettere subito a grande richieste. Ed è il brano che risuonerà quando andrò via».

Beh, un'altra canzone-carriera è «C'era un ragazzo come me che amava i Beatles e i Rolling Stones».
«L'ho incisa contro la guerra americana in Vietnam, mi è valsa un premio in Russia dove erano contenti che si cantasse contro l'invasore yankee, oggi, però, è contro di loro, gli invasori sono loro».

Ancora una canzone-simbolo, «Uno su mille».
«Non è vero che uno su mille ce la fa, ce la fa chi combatte, chi non si arrende, chi insiste. Ognuno di noi, nella vita, ha alti e bassi, non solo i cantanti. Io, in 60 anni di carriera, ho passato momenti straordinari e altri non bellissimi, dal 1972 agli anni 80 nessuno mi chiamava, pensavo mi avessero staccato la linea del telefono; ma ero preparato, mio padre mi aveva avvertito di come si passa in un battibaleno dall'osanna al buio».

Domani Lucio Dalla avrebbe compiuto 80 anni.
«Mi manca: l'artista e l'amico. E domenica avrebbe compiuto 80 anni Battisti. È pazzesco come due geni che si chiamavano Lucio siano nati a distanza di 24 ore, gemelli mancati. Una volta Battisti mi propose di incidere un suo pezzo, "Prigioniero del mondo": era molto diverso dalle cose mie, se lo riprese e lo incise lui. Abbiamo fatto un Cantagiro insieme, quello del 68: io cantavo "Chimera", lui "Balla Linda"». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA