Battisti, l'intervista inedita:
«Ho detto ai giornali: io non ci sto»

Battisti, l'intervista inedita: «Ho detto ai giornali: io non ci sto»
di Federico Vacalebre
Mercoledì 18 Novembre 2020, 23:38 - Ultimo agg. 23:39
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Nel 1969, insofferenti ai rapporti con la Dischi Ricordi, Giulio Rapetti, in arte Mogol, suo padre Mariano, in arte Calibi, e il produttore Alessandro Colombini fondarono la Numero Uno, etichetta distribuita dalla Rca. Logo di Franco Crepax, ufficio stampa affidato a Mara Maionchi, sede in galleria Del Corso a Milano, in scuderia autori di rango come Carlo Donida, Alberto Salerno, Mario Lavezzi, Damiano Dattoli, Bruno Tavernese e Oscar Prudente. Mogol voleva già dire Lucio Battisti, che con il marchio di casa (era azionista) pubblicherà i suoi dischi dal 1972 («Umanamente uomo: il sogno») all'ultimo, «Hegel», 1994. E Battisti voleva dire la sua band: Alberto Radius (chitarre e voce), il napoletano Tony Cicco (batteria e voce) e Gabriele Lorenzi, alias La Formula 3. Loro il primo 45 della Numero 1, «Questo folle sentimento», e successi seguenti, a partire da «Eppur mi son scordato di te». Con loro la label lanciò Edoardo Bennato (il primo singolo, «Marylou/La fine del mondo», 1969), l'Anonima Sound da cui si distaccherà Ivan Graziani, Eugenio Finardi («Spacey stacey/Hard rock honey», 45 giri del 73). Tra i nomi importanti del catalogo la Pfm, Adriano Pappalardo, Bruno Lauzi, Tony Esposito (i primi tre lp: «Rosso napoletano» del 74, «Processione sul mare» del 76, «Gente distratta» del 77), Mango...
Ceduta alla stessa Rca, alla fine del 1974, per 400 milioni di lire, e sopravvissuta solo come marchio, la Numero Uno torna adesso sotto le ali della Sony, come annunciato ieri in streaming alla «Milan music week» con il beneplacito di due protagonisti di quella storica avventura: Mogol («Non fu un progetto, ma un'azione impullsiva fondare un'etichetta dove poter fare tutto noi, essere liberi di creare») e Mara Maionchi («inseguii Salvetti per giorni e alla fine scelse Questo folle sentimento, il nostro primo singolo, come sigla di chiusura del Festivalbar: quindici giorni dopo eravamo in cima alle classifiche. Non andavamo in ufficio per lavorare ma per divertirci, come mi sono divertita in quei giorni mai più»), e discografici come Stefano Patara e Sara Potente, più l'ebolitano Massimo Bonelli, che con la sua iCompany scommette «sulla possibilità dell'indie pop storicizzato di andare oltre la moda e di diventare certezza del nostro nuovo cantautorato». Già, perché i primi parti annunciati sono di nomi già rodati come Iosonouncane (un singolo, con l'inedita «Novembre» e una cover della tenchiana «Vedrai, vedrai»), ColapesceDimartino (il loro delizioso «I mortali» è uscito in giugno, senza sottolineare il marchio non ancora ri/lanciato) e La Rappresentante di Lista, ma nel rooster, come si dice ora, ci sono anche i «novissimi» Fadi, Gianluca De Rubertis, Camilla Magli e Marco Castello. L'11 dicembre, intanto, arriveranno un po' di ristampe-strenne in vinile: il primo 45 della Formula 3, l'album «Rock» dei Flora Fauna e Cemento, la compilation «Collezione Numero Uno», più «Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera» (1974) e il singolo «La canzone del sole/Anche per te».
Dopo il (mezzo?) passo falso del rilancio della Cramps affidata a Boosta ma incapace di replicare il vigore creativo e alternativo della label di Gianni Sassi, qui si tenta di «raccogliere il testimone comprendendo la responsabilità di usare il marchio di un'etichetta sinonimo di una creatività inarrestabile, di un entusiasmo contagioso, di un flusso costante di energia», suggerisce la Potente. Mogol fa gli auguri e ci mette i ricordi: «Io ero una bomba, Mara pure, se non passavi il disco che promuoveva non ti lasciava andare. Lucio mi disse un giorno: Il mio merito è aver creduto a un pazzo come te. E non aveva tutti i torti. Ero pazzo, mi fidavo del mio intuito: dopo averlo convinto al viaggio a cavallo del 1970 da Milano a Roma gli spiegai che di imprese così ne dovevamo fare una all'anno e che già avevo deciso la prossima: risalire in muta il corso di un fiume».
E Battisti, inevitabilmente, ruba spazio ai pur interessanti artisti della nuova Numero 1, visto che l'anno prossimo, nell'edizione «legacy» di «Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera», remixato e arricchito di chicche come si usa in queste occasioni, ci sarà anche un'intervista fattagli nel 1976 da Max Onorari, compositore-giornalista, per il lancio di quell'lp. Il nostro caro angelo già aveva rarefatto i contatti con i media, ma Onorari riuscì a farlo parlare. «Non faccio interviste nei giornali», spiegava negli stralci ascoltati in anteprima, «dove esiste quella manipolazione smaccata, sfacciata e insopportabile, non mi va che faccio un discorso bello aperto e poi mi trovo completamente diverso da quello che sono... La manipolazione arriva al punto di inventare notizie, frasi», c'è «il gusto di schiacciarti», ma «è una lotta persa perché si sa che i giornali non hanno mai influito sull'opinione pubblica, né hanno mai creato o distrutto un artista, al massimo ne hanno registrato la caduta». E quindi «o reciti per convenienza, vai in copertina e prendi la grana» o «dici io non ci sto». Ma si soffermava anche su Mogol: «I testi sono suoi, ma è evidente che c'è un rapporto umano, ci frequentiamo. Magari non ci vediamo per sei mesi, poi prima di scrivere si parla, ci si racconta le cose della vita». Era ancora tempo di Mogol-Battisti, insomma.
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