L'anima napoletana de «I malati immaginari», il duo vastese finalista a Sanremo Rock

L'anima napoletana de «I malati immaginari», il duo vastese finalista a Sanremo Rock
di Luigi Sabino
Martedì 12 Aprile 2022, 15:44
4 Minuti di Lettura

C’è un’anima napoletana nel nuovo sound che arriva dalle coste adriatiche e che, in pochi mesi, si sta diffondendo sul territorio nazionale. E’ quella di Dario Parascandolo, voce e chitarra del duo ‘I Malati Immaginari’, finalisti al Sanremo Rock.

Un successo confermato sabato scorso a ‘Futuro Imperfetto 2.0’, solida realtà culturale pescarese dove decine di persone hanno assistito alla loro ultima esibizione. Una storia, quella degli ‘I.M.I.’ come i loro sempre più numerosi fans hanno iniziato a chiamarli che merita di essere raccontata e che ha inizio nell’ottobre di due anni fa quando Dario incontra quella che sarà la ‘socia’ Laura Trivilini, abruzzese doc cresciuta ad arrosticini e musica punk. Un incontro che è un segno del destino per come racconta Laura.

«Ero in un locale di Vasto, la mia città, per ascoltare questo ragazzo che proponeva delle cover chitarra e voce. Sinceramente è un genere che non amo, anzi, posso dire che non sono mai rimasta fino alla fine ad ascoltare questo tipo di concerti. Dario, però, aveva qualcosa di particolare e sono rimasta incollata alla sedia». Il feeling è immediato tant’è che dopo qualche ora si gettano già le basi per un progetto comune.

«Il giorno dopo -prosegue Laura- l’ho portato in giro per tutti i locali».

L’incontro, con la benedizione di Gaia, moglie di Dario e ombra dei futuri ‘I.M.I.’, per l’artista napoletano è la molla che lo spinge a uscire da quello che si potrebbe definire ‘letargo artistico’. Diplomato al Conservatorio di Napoli e maestro in composizione corale, fino a qualche anno fa il suo nome era gettonato negli ambienti musicali del capoluogo campano. Poi, un improvviso silenzio. Cosa è successo?

«Ero giovane - sorride Dario - e tante cose non le conoscevo. Insieme ai miei compagni dell’epoca volevamo sfondare, prendere tutto e subito. Quando, però, le cose non sono andate come ci aspettavamo sono cominciati i problemi e, allora, ho deciso di dedicarmi a un’altra mia passione, la scrittura anche se la musica non l’ho mai abbandonata».

Che tipo di difficoltà? «Innanzitutto, logistiche. Le principali case discografiche erano a Milano e per noi, che non potevamo trasferirci in pianta stabile era un bel problema. Dovevamo farci girare il cervello. Una volta, ad esempio, ho finto di essere il cameriere di un bar che doveva portare dei caffè ai dirigenti della Sony. Volevo che ascoltassero la nostra musica».

Come è andata? «Si sono messi a ridere e mi hanno dato tantissimi validi consigli, di cui faccio ancora tesoro». Nessun contratto? «No ma va bene così. Adesso posso dire che eravamo acerbi». Anche a Napoli ci sono case discografiche, però. «Vero tant’è che il nostro primo album, come ‘I Malati Immaginari’ lo abbiamo registrato presso ‘L’Arte dei Rumori Studio di Marano’ ed è stato prodotto da Silvio ‘Dottor Hope’ Speranza. Il fatto, però, che Napoli è una realtà unica, con una tradizione musicale e delle sonorità che sono diventate patrimonio dell’umanità».

E questo è un problema? «No assolutamente. Solo che da un musicista napoletano ci si aspetta sempre, anche se inconsciamente, che esprima la sua napoletanità. Quando, ad esempio, suonavo nei villaggi turistici e si veniva a sapere che ero napoletano era quasi immediata la richiesta di cover di Pino Daniele o di grandi classici del passato. Io, invece, pure amando la musica napoletana preferisco altri generi che sento più vicino a me».

Quali? «Per me, ma anche per Laura, la musica è introspezione, un viaggio in noi stessi che, poi, proviamo a raccontare agli altri con gli strumenti che ci sono più congeniali. Voce, chitarra ma anche sintetizzatore, cajon e percussioni, queste ultime due materia di Laura. Diciamo che facciamo musica elettropop con un orecchio ai Radiohead e agli U2».

Un bell’esperimento che sta dando i suoi frutti nonostante la pandemia. «Il lockdown è stato duro anche perché ‘i Malati Immaginari’ avevano pochi mesi di vita e non poter fare i concerti ci è pesato. Però, grazie al Covid è arrivata anche la prima grossa opportunità ossia partecipare al flashmob ‘Ultimo Concerto’ con artisti come Manuel Agnelli, Subsonica, Marlene Kuntz e Lacuna Coil. E’ stato il momento in cui abbiamo capito che stava succedendo davvero». Ultima domanda. Il futuro? «Oltre all’album in uscita, abbiamo in programma un tour nazionale con date da headliner e di supporto a Federico Poggipollini, Meganoidi, Caleido, Matrioska e Statuto. Poi chissà? Un passo alla volta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA