J-Ax: «C'è una pandemia, ma gli italiani sono dei bambini. Fedez? Bei momenti, ma le cose finiscono»

J-Ax: «C'è una pandemia, ma gli italiani sono dei bambini. Fedez? Bei momenti, ma le cose finiscono»
J-Ax: «C'è una pandemia, ma gli italiani sono dei bambini. Fedez? Bei momenti, ma le cose finiscono»
Domenica 23 Agosto 2020, 18:23 - Ultimo agg. 18:28
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«Il mio ultimo singolo, Una voglia assurda, parla della pandemia e sapevo che mi avrebbe svantaggiato». Così parla J-Ax, in un'intervista al Corriere della Sera, in cui si parla del presente ma non solo, fino a ripercorrere una lunga e soddisfacente carriera musicale che ha fatto abbracciare ad Alessandro Aleotti stili e colleghi molto diversi tra loro.

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Il primo argomento affrontato nel corso dell'intervista è il tema del brano scelto per questa estate, ovvero la ripartenza dopo il lungo e sofferto lockdown per il coronavirus. «Ostia Lido è stato triplo disco di platino, Una voglia assurda invece disco d'oro. Sono comunque soddisfatto, volevo fare un pezzo estivo sulla ripartenza nel rispetto delle regole, anche perché da questa cosa non ne usciremo davvero finché non ci sarà un vaccino. Ti danno del filogovernativo, amico di Conte se parli così, ma posso dire che non mi è piaciuto come sia stata gestita questa cosa» - le parole di J-Ax - «Tu non puoi rivendicare il diritto di non mettere la mascherina perché allora io rivendico il diritto di non morire per colpa tua. A Milano abbiamo pianto migliaia di morti, ma la città è vuota: sono tutti in vacanza, gli italiani sono dei bambini che preferiscono pensare che sia stato un brutto sogno e tornare alla vita di sempre. E gli assembramenti non sono solo nelle discoteche, ci sono politici che si facevano i selfie senza mascherina. Tutti mi danno del comunista da sempre ma ora supero tutti a destra: dico che dovevano scendere con i carrarmati per far rispettare le regole, invece a Ferragosto nemmeno avevano fatto i tamponi».

J-Ax parla poi della propria carriera musicale: «Lunga e intensa, abbastanza da farmi capire che è una ruota che gira. Molti cantanti, quando passa il loro ciclo, si scoraggiano. Invece bisogna insistere, tanti dischi deludenti erano in realtà semi da cui poi è nata una pianta, lo capisci dopo. Anch'io mi ero scoraggiato, ora sono sei estati di seguito che un mio singolo diventa un tormentone estivo. Basta capire che non si può accontentare tutti: prima mi accusavano di fare il finto ribelle per piacere a chi mi seguiva, adesso di fare il finto non ribelle per piacere a chi mi segue. In realtà sono maturo e ho deciso di diventare un artista pop anche se in me ci sarà sempre un'anima rap». Nella lunga carriera, non mancano amicizie e collaborazioni: «Al Bano è una persona che apprezzo anche se fa musica distante dalla mia. Ho sempre odiato quelli che non fanno collaborazioni perché si sentono fighi. Io lavoro con tutti, dai rapper underground autoprodotti a Gigi D'Alessio. Non mi faccio problemi, così ho collezionato i miei Grammy: dico così perché considero veri e propri premi aver avuto la possibilità di collaborare con Pino Daniele, Enzo Jannacci, Freak Antoni, Enrico Ruggeri, Jake La Furia e Fabri Fibra».

«A inizio carriera eravamo poveri ma ricchi, erano anni bellissimi. Dividevo la camera con mio fratello, un poster di Michael Jordan e poco altro. Amavamo la cultura hip-hop, i graffiti, mentre tutti andavano in discoteca noi prendevamo treni solo per registrare provini a casa di qualcuno. Il rap italiano, allora, parlava solo di politica perché sembrava l'unica cosa che lo potesse legittimare. Del resto, rispetto ai ghetti di New York, i problemi della nostra vita di quartiere sembravano niente. Però c’erano. E così come Articolo 31 abbiamo iniziato a raccontare la strada, ma quella italiana» - spiega ancora J-Ax - «Che oggi mi seguano i ragazzini è un falso mito: magari sono i figli di chi è cresciuto con la mia musica. Poi, certo, J-Ax è un po’ come se fosse un personaggio dei fumetti, non deve invecchiare, è come i Simpson. Ma la mia formula oggi è parecchio lontana da quello che è trendy, sono passate così tante epoche... non sono un vecchio ma sono un classico».

Non mancano i pentimenti del passato: «Quelli come me, brano scritto con Dj Enzo, è una canzone di odio dopo la fine di una storia d'amore: quattro minuti di puro livore, poi da adulto te ne penti. Capisci col tempo che non è che se finisce una relazione e tu soffri devi distruggere chi ti ha lasciato. Non credo potrò mai più scrivere canzoni così livorose. Anche se Quattro stracci di Guccini è molto peggio e la considero una della più belle canzoni della musica italiana. Mi sono pentito anche di aver deciso di accettare di fare Sorci Verdi in tv, ma in Italia non c'è diritto di satira. Ho dovuto cambiare tutto in corsa e non ho fatto quello volevo. È stata una batosta sui denti, senza contare che un cantante che aveva un programma faceva arrabbiare tanti che pensavano stessi strabordando. Per fortuna mi sono ripreso bene». Sulla tv, J-Ax spiega: «Per me è una specie di secondo lavoro, pensavo di aver chiuso ma poi Santa Maria della televisione mi ha dato una seconda possibilità ed è ripartito tutto. Ho anche capito dove volevo andare: mi invitavano in talk show come opinionista, ma a che pro? Cosa mi importava di scontrarmi con Salvini e riversare la mia vittoria (perché un confronto con lui, lo vincerei sempre) da nessuna parte, visto che non ho un partito? Dovevo occuparmi di musica in tv, le idee le scrivo sui social. Il mio sogno sarebbe però fare un programma di approfondimento sui crimini».

J-Ax parla poi della vita privata: «Diventare papà cambia tutto, nell'immediato è un caos e ti invecchia un po' ma poi ti ringiovanisce, riesci a rivivere l'infanzia attraverso tuo figlio. A lui ho dedicato il brano Tutto tua madre, sto con la stessa donna da 25 anni e mi sentirei un coglione a dire in una canzone quanto è bella o quanto vorrei strusciarmi addosso a lei. A fare il pezzo dei primi tre mesi di una storia, insomma». Quando gli viene chiesto di Fedez, la risposta è secca: «Abbiamo fatto grande musica insieme, è stato un bellissimo momento ma le cose nella vita finiscono». Si parla poi del futuro: «Tra 28 anni, mi piace immaginarmi come Willie Nelson, il cantante che si è fumato una canna sul tetto della Casa Bianca. Non fumo più, ma se mi dovessero invitare a Montecitorio un'eccezione la farei».
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