Jaboni: «Napoli è bellezza, la porto sempre nel cuore»

Jaboni: «Napoli è bellezza, la porto sempre nel cuore»
Lunedì 19 Aprile 2021, 16:23 - Ultimo agg. 17:51
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Jaboni è l'alter ego musicale di Simone Iaboni. Raccontaci il perché di questa J nel tuo nome artistico.

«In realtà il mio cognome veniva scritto con la J fino agli anni 50/60.. poi mio nonno, trasportatore di mobili, fece modificare la lettera iniziale perché non riuscivano a trovarlo sull’elenco telefonico. E da lì il mio cognome è diventato Iaboni. Riprendere possesso di quella J è un po’ come recuperare un’identità persa, un po’ come riaprire dei confini che sono stati chiusi».

Come nasce il tuo progetto e la collaborazione con Giorgio Lorito, il tuo produttore?

«Ho conosciuto Giorgio durante il Music Camp al CET di Mogol, 3 giorni di musica e canto durante il Tour Music Fest del 2017. Lui era uno dei coach della manifestazione e tra una lezione e una birra gli ho fatto ascoltare alcuni pezzi che avevo scritto e siamo entrati subito in sintonia.. da lì è partito tutto».

Love come back to me è il tuo primo singolo ispirato all'amore che sa attendere. Qual è il messaggio che vuoi mandare con questa canzone?

«Love comes back to me parla di un amore che sa vivere oltre le distanze e il tempo, che cresce e si fortifica ad ogni incontro. Quello che voglio dire con questo pezzo è che l’amore necessita di pazienza e di generosità, soprattutto quando si è lontani, cosa che in questo periodo conosciamo bene. Allo stesso tempo pretende di essere ricambiato con la stessa intensità e forza. È un sentimento che dà e insieme pretende, generoso e allo stesso tempo egoista».

Qual è il modo per mantenere nel tempo una relazione come quella che descrivi nel brano, nonostante a volte la distanza o la routine ci mettano lo zampino?

«Bisogna saper essere pazienti, saper aspettare, non darsi mai per scontati ma cercare di regalarsi ogni volta. Credo che un modo sia quello di cercare di non concentrarsi troppo sulle proprie esigenze ma piuttosto essere disposti a dare… poi la distanza in realtà può anche essere un buon fertilizzante, perché lascia a ciascuno la possibilità di conservare uno spazio proprio in cui evolvere. La persona che ritroviamo a ogni incontro e sempre la stessa e allo stesso tempo sempre nuova».

C'è qualcosa di autobiografico nella tua musica o ti ispiri alla realtà che ti circonda?

«Nelle mie canzoni scrivo ciò che vedo attorno, quello che succede a me e alle persone che mi sono vicine. Cerco di dare un senso e di trovare un messaggio. L’ispirazione è sempre lì davanti agli occhi».

Come nasce l'idea del videoclip in bianco e nero?

«Il videoclip, diretto da Stefano Teofili, vede il passaggio dalle prime ambientazioni oscure alle ultime dove predominano la luce e gli spazi aperti. Volevo restituire la mia personale esperienza dell’amore, capace di illuminare dove prima c’era il buio. Il bianco e nero da maggiore forza a questo gioco di contrasti».

Stai lavorando ad un disco? Puoi anticiparci qualcosa?

«Sto preparando un EP che spero di far uscire dopo l’estate, conterrà 6 pezzi in inglese dalle sonorità elettroniche e pop.

Love comes back to me è il primo singolo. Seguiranno altri due singoli prima dell’uscita dell’EP».

Perché hai deciso di scrivere in inglese?

«Perché ho sempre ascoltato e direi divorato musica in inglese… ho imparato questa lingua grazie alla musica. Canto, penso e scrivo musica in inglese e tutti i riferimenti e le ispirazioni sono internazionali. Amo il suono di questa lingua e mi viene un po’ naturale usarla per scrivere...ma sto scrivendo anche pezzi in italiano!».

Quali sono gli artisti con i quali vorresti collaborare nel panorama italiano ed internazionale?

«Avrei una lista infinita in realtà! Nel panorama italiano, pensando a Sanremo ad esempio come criterio di selezione posso dire che mi sono piaciuti moltissimo i Coma Cose e La rappresentante di Lista. Ho amato inoltre l’ultimo disco di Cosmo. Per quanto riguarda il panorama internazionale mi piacerebbe collaborare con James Blake, Bon Iver, Lykke Li, così con le produzioni più elettroniche degli M83 o dei Royksopp».

Come ti trovi a suonare dal vivo e quanto ti manca farlo in questo periodo storico?

«Suonare dal vivo è pura energia. Sin dagli istanti prima di salire su un palco, con l’ansia che ti asciuga totalmente la gola! Mi manca tantissimo, manca a me come a tutti i miei amici che fanno musica. Cantare dal vivo ti unisce al pubblico, crea uno scambio di emozioni molto forti».

Nella vita sei anche un architetto. Quanto riesci a trasferire nella tua musica di questo lavoro e viceversa?

«La musica e l’architettura nascono entrambe da un processo creativo, hanno entrambe le loro regole, la loro struttura. Per entrambe ci vuole forza e sacrificio. Anche se sembrano due mondi diversi, entrambi seguono delle logiche di composizione, ma mentre da un lato l’architettura è la sorella più disciplinata, dall’altro la musica incarna quella più spigliata».

Che rapporto hai con le città d'arte e con quale occhio le guardi quando le visiti?

«Credo che la cosa che più mi manca di questo periodo è poter passare un weekend in qualche città d’arte, con la fortuna poi che abbiamo in Italia ad averne così tante. Girare per i vicoli, conoscere i centri storici, cenare in qualche osteria tipica. Ho la fortuna di vivere a Roma e di aver studiato qui architettura. E a Roma l’architettura si studia osservando ogni centimetro dei suoi palazzi.
Un’altra città che porto nel cuore è Napoli, sia per alcuni meravigliosi amici che vivono qui, sia per la bellezza dei suoi luoghi magici e delle sue contraddizioni. Passeggiando per i suoi vicoli puoi trovarti davanti un’affascinante palazzo nobile e subito dopo in un quartiere più povero, poi i suoi colori, il profumo del mare. Impossibile non innamorarsene».

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