Joe Bastianich: «Io e la Terza Classe, americani di Napoli»

Joe Bastianich: «Io e la Terza Classe, americani di Napoli»
di Andrea Spinelli
Domenica 2 Gennaio 2022, 11:00
4 Minuti di Lettura

«È accaduto dieci anni fa, girando a Napoli un programma per Sky intitolato Joe Bastianich on the road, per strada mi sono imbattuto nei ragazzi della Terza Classe che facevano i buskers», spiega l'ex giudice di «MasterChef» (laurea in teologia e filosofia buttata alle ortiche), che doveva esibirsi, con la band bluegrass partenopea, stasera al teatro Bolivar: esibizione annullata, come tutto la coda del tour, causa Covid, visto che uno dei musicisti era entrato in contatto con un positivo e costretto, quindi, alla quarantena.

«Mi dispiace davvero», commenta Bastianich, «tutti loro, ma anche io, tenevamo in modo particolare a questo ritorno a Napoli.

La Terza Classe è una grande formazione, mi sono sembrati subito molto bravi e così li ho voluti in America a suonare con me. Durante l'ultimo lockdown, poi, ho pensato di mettere in piedi un tour di bluegrass e li ho chiamati».

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Com'era lo spettacolo che non vedremo?
«Un viaggio in America con sonorità d'oltre oceano, alcuni miei brani inediti, e qualche racconto. Per lanciare il tour abbiamo anche lanciato un singolo, ed un videoclip, The good man».

Chi è il brav'uomo del titolo? Lei?
«Chiunque di noi. Il senso di tutta la canzone è che non si può cambiare quello che è stato detto o fatto, che errori e difficoltà sono le insidie che possono portare a perdersi sulla strada della fama e che c'è un prezzo da pagare, ma che ritrovarsi porta a una crescita umana e una consapevolezza che fanno della vita un posto migliore. E che, alla fine, i conti dicono che quando paghi i tuoi debiti il Signore dice Amen puoi sentirti sempre e comunque un Brav'uomo».

Si può usare la tv per arrivare al grande pubblico e poi cambiare strada?
«Beh, 27 edizioni di MasterChef in giro per il mondo (ma in America lo fa ancora - ndr) possono anche bastare. Ora sto cercando la mia opportunità nella musica, ma fra qualche tempo in Italia mi vedrete anche nei panni di giornalista. Di più non posso anticipare».

Sul suo sito web ha scritto «restauranteur, showman & musician». In quali panni si sente più a suo agio?
«Quella della musica è sempre stata l'attività più vicina al mio cuore. Amo scrivere. Scrivo libri, scrivo programmi tv, ma soprattutto scrivo canzoni. La musica è la cosa più onesta che faccio. Quelli dell'imprenditore e del giudice televisivo sono lavori, la musica è passione. Forse non riempirò mai uno stadio, ma salire sul palco con la chitarra mi piace».

Parliamo di musica, allora.
«Mio padre e mio zio erano musicisti professionisti, suonavano la fisarmonica e io sono cresciuto ascoltando la lirica italiana, ma della canzone di oggi so poco. Da Vasco Rossi e Jovanotti, che sono miei amici, sto imparando qualcosa. E mi sto rendendo conto della loro importanza nella musica italiana».

C'è un musicista che ammira sia artisticamente che umanamente?
«Bruce Springsteen. Con le sue canzoni ha raccontato l'America per mezzo secolo e umanamente è una persona che fa bene al mondo. Un figo. Un idolo».

Potendo portarsi un'ospite in tour, con chi le piacerebbe dividere il palco?
«Con una grande signora della canzone americana come Emmylou Harris».

Altre attività?
«Sto scrivendo un nuovo libro sul vino. Per vivere meglio, considero a tutti di bere una buona bottiglia ogni giorno».

Come si vede il musicista-restaurant man fra dieci anni?
«Speriamo non morto e ancora sul palco. Anzi, seduto tra i miei vigneti di Cividale del Friuli con un bel bicchiere di vino in mano e sul piatto un buon hamburger cucinato dai miei figli».

Un progetto che prima o poi realizzerà?
«Scrivere un musical sulla mia vita. Sul figlio triste, cicciotto e sfigato di una coppia di emigranti istriani che cerca il successo e, alla fine, raggiunge i propri sogni».

Nient'altro?
«Suonare e ballare flamenco... non scherzo».

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