Nino D'Angelo: «Liberato è il mio erede, cantaNapoli si rinnova»

Nino D'Angelo: «Liberato è il mio erede, cantaNapoli si rinnova»
di Federico Vacalebre
Venerdì 11 Maggio 2018, 11:27 - Ultimo agg. 14 Maggio, 08:28
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La festa per i sessant'anni ormai è archiviata, ma continua, come si dice, a grande richiesta: sabato prossimo, il 19, secondo sold out, come in febbraio, al Palapartenope: «Diciamo che stavolta più che al passato penso al presente, aggiungendo ai miei hit gli inediti dell'ultimo disco, quello 6.0, scegliendo tra quello che il pubblico ha amato di più e quelli che sono più cari a me», spiega Nino D'Angelo, mentre si concede un paio di giorni di relax a Ischia («peccato che non ci sia sole»), prima di rimettersi a lavorare al prossimo cartellone del Trianon.
Siamo al terzo, e ultimo, anno del tuo mandato, Nino.

«È vero, sarò in scadenza, vedremo che cosa succede, ma quel che più conta è che per il teatro sarà una sorta di anno Zero. Quando De Luca mi ha rivoluto come direttore artistico ho fatto tutto il possibile per rilanciare la sala di piazza Calenda, ma nel primo anno abbiamo dovuto tirare a campare, nel secondo abbiamo fatto qualche passo avanti, ora... I debiti sono stati pagati o sono in via di pagamento, le poltroncine nuove fanno bella mostra di sè, stiamo mettendo a posto quanto non funzionava, a partire dai servizi e c'è il progetto Forcella strit con Abel Ferrara che aprirà la stagione. La Regione, sia pur con i tempi rallentati dalla burocrazia, ha mantenuto le sue promesse, sono arrivati i soldi che servivano, segno che si crede davvero nel teatro del popolo come avamposto culturale in un quartiere difficile. Ora serve un cartellone all'altezza. Abbiamo diversi progetti che potrebbero fare al caso».

Parliamo del fenomeno Liberato?
«All'inizio, quando è uscito con Nove maggio, forse l'ho sottovalutato, mi ricordava la stagione di 99 Posse, Almamegretta e anni Novanta. Mi piaceva, lo sentivo affine al mio spirito, ma mi sembrava già ascoltato. Poi, invece...».

Invece?
«La cosa è cresciuta, sono arrivati gli altri pezzi, ho capito la genialità dell'operazione. Un marketing straordinario, con una valenza culturale di cui forse Napoli non si è ancora accorta».

Il marketing è chiaro a tutti, vogliamo dire della valenza culturale?
«Vi ricordare quando, visto che non mi facevano cantare nella mia lingua, la nostra lingua, a Sanremo, deciso di smettere di scrivere? Poi ho cambiato idea, ma il dialetto napoletano ha continuato a subire ostracismi dai grandi network radiofonici e televisivi, che invece trasmettono l'inglese, il francese, lo yoruba come se tutti fossero dei poliglotta. Nessuno, negli ultimi anni è riuscito a piegare il Nord come ha fatto lui, obbligandolo a ballare delle canzoni in dialetto verace».

Verace?
«Insomma, lui dice Mergellina, io direi Margellina, ma pure Pino Daniele diceva Mergellina. Sì, verace - anche al di là delle sue radici - e moderno. M'è sciarmat, m'è sfunnat': lui canta la lingua dei ragazzi degli anni 2.1. E aggiorna la canzone napoletana, le dà un futuro, non è Salvatore Di Giacomo, non è nemmeno Pino Daniele, ma...».

Ma un nipotino di Nino D'Angelo sì?
«Certo, lui è 'A discoteca, Capellone e 'Nu jeans e na maglietta dei giorni nostri: io giocavo con il suono degli anni Ottanta, pop, lui con quello dei suoi tempi: rap, trap, latin urban, house. Ma rimane un neomelodico».

Postmelodico?
«Ma sì, post come tutto quello che succede in questo nuovo millennio. Newpolitano, anzi persino nu-politano, esiste il nu metal, anche la canzone popolare napoletana si aggiorna».

Altre affinità tra voi due?
«Potrei dire che io mi nascondevo sotto il caschetto biondo come lui sotto il cappuccio, ma non è vero, lui non deve combattere contro i pregiudizi che ho subito io, Napoli, e l'Italia l'hanno accolto subito, non l'hanno trattato come un fenomeno di serie B, se non peggio, e ne sono contento. Non ha bisogno di sdoganamenti lui, anzi, potrebbe servire per sdoganare definitivamente certa nostra produzione popolare: lo vedi quanto è importante culturalmente il fenomeno Liberato? Comunque, non mento: muoio dalla curiosità di sapere chi è».
 
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