Inviato a Procida
Il teaser della Voiello mostrava Liberato in barca a remi imbarcarsi per chissà dove. «Miezz''o mare», dicevano gli episodi-briciole di Pollicino che dovevano condurre i volenterosi alla meta sull'onda dell'indovinatissima campagna pubblicitaria. Ovvero su una piattaforma davanti alla spiaggia della Lingua, nella Procida capitale di cultura, dove Liberato è apparso ieri sera, poco dopo le 20, per un concerto rimasto top secret fino a poche ore prima, quando era ormai troppo tardi per riversare masse sull'isola. Concerto sponsorizzato appunto, verace, con meno di mille persone a goderselo dal vivo e chissà quante migliaia in streaming sul sito del ragazzo mascherato.
Mascherati, a dir la verità ieri erano tutti su quell'improvvisato palchetto, il dj che spippolava i suoni, il quartetto d'archi che lo accompagnava in sintonia culturale con lo storytelling dell'ultimo album, «Liberato II».
«'Oi Marì» continuava il gioco da metacanzone, rilanciando una gloriosa tradizione con giochi di parole, lacerti di melodie, ammiccamenti, citazioni, reinvenzioni. «Nove maggio» era, inevitabilmente, l'apoteosi, tutto cominciò con quella canzone, tutto cominciò quel giorno, compreso il mistero che continua e che nemmeno i droni-spioni sono riusciti a risolvere: chi - e perché - si nasconde dietro il ragazzo dal volto coperto, anzi copertissimo (cappuccio, occhialoni, quant'altro)? «Zitto chi sape o juoco», ripeteva qualcuno, facendo probabilmente finta di conoscere il «gioco». «Gaiola portafortuna» portava una spiaggia su un'altra spiaggia, come «Partenope» rispolverava un'antica capitale di cultura, la storia della sirena dal cui canto, incanto, schianto, tutto iniziò, come in un «Nove maggio» antelitteram.
Esibizione breve, meno di un'ora, Liberato rimaneva seduto dietro il piano, mentre il tramonto aggiungeva colori inediti alla disperazione metronapoletana di «Me staje appennenno amo'» e «Tu t'e' scurdate e me», che non a caso cita l'isola, sia pure in una giornata di pioggia. «Ccchiù forte guagliu'», aveva urlato poco prima, nel secondo messaggio e ultimo messaggio al pubblico. «Sono venuto a Procida e te si' scurdato e me» il saluto: un po' di fumo azzurro, una lancia azzurra che scivolava dietro la piattaforma e via. Fatto? Già fatto. La spiaggia si svuotava, la notte continuava, come la nostra curiosità intrappolata nel mistero Liberato.