Ligabue, la confessione: «Ho pensato di ritirarmi»

Ligabue, la confessione: «Ho pensato di ritirarmi»
di Federico Vacalebre
Martedì 12 Ottobre 2021, 09:59 - Ultimo agg. 13 Ottobre, 07:08
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Tira la pietra e nasconde la mano, Ligabue, 61 anni, di cui 30 spesi sul palco, nel presentare alla stampa «È andata così», la docuserie che racconta la sua carriera creata per Raiplay (tre puntate da 15 minuti sono disponibili da oggi, le altre quattro lo saranno a dicembre). «Alla fine di tutto, con Stefano Accorsi, che è il complice privilegiato di questa avventura, ci scambiamo una promessa per il futuro e... Vedere per sapere».

Qualcosa di più la dice, bisogna pur conquistarsi i titoli dei giornali, ammettendo di «aver pensato di mollare, di smettere, per ben tre volte». Nella quinta puntata spiega, «racconto le mie crisi. Ne ho avute tre. La prima fu la più dura, sino a farmi pensare al ritiro. Era il 1993, era uscito Sopravvissuti e sopravviventi e invece di portarmi nuovo pubblico mi aveva fatto perdere anche quello vecchio». Le discese ardite e le risalite: due anni più tardi «Buon compleanno Elvis» supera il milione di copie vendute, una bella soddisfazione, ma «anche il problema di doverla gestire tutta quella popolarità». Il disagio si fa depressione, da cui nasce «Una vita da mediano»: «La cosa più giusta che potevo fare era testimoniare lo spaesamento che portavo dentro». Cinque anni fa, l'ultima, «per ora», crisi: «Made in Italy era un progetto-concept, forse troppo articolato: teneva insieme un album e un film. Come se non bastasse in tour persi pure la voce per un polipo alle corde vocali».

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Oggi quelle crisi sono alle spalle, ma c'è il silenzio costretto dalla pandemia, che pure in fondo è il motivo per cui è nata la docuserie: «Il Covid mi ha tenuto lontano dal palco, che rimane il mio elemento naturale, così, non potendo guardare al futuro ho guardato al passato.

E ho provato nostalgia per quello che ero. Il primo disco non arrivava mai, facevamo cosette, mai... la cosa giusta. Angelo Carrara pagò l'lp di tasca sua. Partimmo dalla campagna sognando megastudi di registrazione e segretarie scosciate, ci ritrovammo a registrare in un vecchio scantinato: bisognava pedalare e pure in fretta».

Accorsi, già protagonista di «Made in Italy» ma soprattutto del film d'esordio «Radiofreccia», è «voce narrante, volevo confidare gli alti e i bassi di questi trent'anni a un amico piuttosto che a un giornalista. E, poi, lui ha una propensione al cazzeggio, che mi sembrava perfetta per l'occasione». La regia è di Duccio Forzano, che porta sullo schermo anche il fratello del cantautore, Marco, il suo manager Cladio Maioli, ed amici come Francesco De Gregori, Elisa, Eugenio Finardi, Gigi e Michele, Camila Raznovich e Walter Veltroni: «Avevamo trent'anni da narrare, 77 singoli, se mi volessi fermare a quelli, che ho peraltro messi in fila in una raccolta. E non ci sono tutti: non puoi mai riassumere una vita, nemmeno nelle cinque ore di materiale da cui siamo partiti. Io sono di quella scuola di pensiero per cui le canzoni non si devono spiegare, perché parlano da sole. Ma, in fondo, è un modo anche vigliacchetto di non esporsi, stavolta parlo di me, smentendo anche qualche leggenda, come quella secondo cui sarei un personaggio riservato».

Tredici album, tre film e sei libri (compresa l'autobiografia dell'anno scorso, intitolata anch'essa È andata così) alle spalle, eppure Luciano ha ancora cose da dire, non solo in musica, anche se la propensione a autocelebrarsi è sempre più che in agguato: «Pensavo di aver messo nei miei testi tutto quello che potevo, che avevo dentro, in testa, nel cuore, negli occhi: lutti, separazioni, nuovi amori, nascite, ma si vede che qualcosa ancora da narrare c'era. Il mio passato, chi ero, dove sto andando».

Un amarcord stimolato anche dal video di «Sogni di rock'n'roll» (non ce n'era mai stato uno), affidato trent'anni dopo alla regia di Fabrizio Moro, che la coppia di cantautori-registi presenterà il 16 ottobre alla Festa del cinema di Roma. Ma Liga, si sa, pensa quasi solo al ritorno sul fronte del palco, il 4 giugno 2022 a Campovolo, a Reggio Emilia, previsto inizialmente per il 2020, 100.000 biglietti venduti: «Scalpito, non vedo l'ora, ma so aspettare, capisco che il problema più urgente al momento non è quello dei concerti, ma la salute di tutti noi. Vengo da un'astinenza lunghissima, guardo a quella serata come un obiettivo che merito».

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