Lo Stato Sociale, nuovo album: «Dalla parte di noi sfigati»

Intervista ad «Albi» Cazzola, cantante, bassista e fondatore del collettivo bolognese che non vorrebbe lasciare al solo Lodo la sua immagine pubblica

Lo Stato Sociale
Lo Stato Sociale
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Sabato 6 Maggio 2023, 09:00 - Ultimo agg. 11:47
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È insieme un rilancio, un mea culpa, un ritorno alle origini quello di cui lo Stato Sociale si fa protagonista con l'album in uscita oggi, «Stupido sexy futuro», a sei anni dal precedente.

Un disco più stupido, sexy o futuro? Lo chiediamo ad Alberto «Albi» Cazzola, cantante, bassista e fondatore del collettivo bolognese che non vorrebbe lasciare al solo Lodo la sua immagine pubblica.
«Le trinità sono indissolubili, ma il futuro è il sostantivo guida. Un disco che vuole essere sexy come tutti i giovani e gli aspiranti giovani, che poi finiscono per restare stupidamente delusi. In fondo, il futuro è un presente che non ce l'ha fatta».

E lo Stato Sociale? Ce l'ha fatta? Il disco sembra un modo per dire: «Compagni abbiamo sbagliato» e dire addio all'«intronata routine del cantar leggero» (copyright Panella per Battisti).
«No, non ce l'abbiamo fatta, volevamo cambiare il mondo, ci siamo illusi di poterlo fare dall'interno, ma...

il mondo è cambiato, e in peggio, e non per merito/colpa nostra».

Intanto ha cambiato voi? Sanremo, il mainstream, le vite in vacanza, la vecchia che balla?
«No, anche se ci ha provato, anche se abbiamo rischiato di perderci. Ma... sempre e per sempre dalla stessa parte ci troverai».

Quello era De Gregori, però.
«Sì, abbiamo messo le cose in chiaro. Apriamo il disco con “La musica degli sfigati”, preferendo stare dalla parte dei perdenti, anche quando non sono "eautiful losers, ma sfigati: meglio perdenti in buona compagnia, che vincenti solitari. Non abbiamo il culto edonista della perfomance».

Si passa dal vittimismo di «Fottuti per sempre» con Vasco Brondi all'antagonismo di «Pompa il debito» in cui, come il miglior Rino Gaetano, fate i nomi, anzi solo i cognomi: Agnelli, Elkann, Valditara, Cairo, Draghi, Berlusconi, Briatore, Moratti, Renzi, Boschi, Salvini, Letta, Calenda, Sgarbi, Meloni.
«In un disco onesti bisogna essere onesti, non temere liste di proscrizione, anzi persino augurarsele. C'è chi è contro di te, chi distrugge il mondo che vorresti costruire e chi sta dalla tua parte, anche se magari quel mondo non riesce a costruirlo, proprio come te».

Il suono è indie pop, elettronico, ballabile, filastroccoso. Eppure prova a dire no: «Volevano le hit. Volevano i concerti negli stadi. Volevano un'altra vita in vacanza. Volevano un altro primo posto in radio. Volevano un Sanremo ogni due anni. Volevano un tormentone dell'estate», cantate.
«Volevano e noi volevamo tornare a sporcarci le mani, come dice un altro testo».

«Una band che ha un popolo, non un target di pubblico». Eppure a quel target forse avete guardato anche voi.
«Abbiamo ammesso gli errori, il mainstream ci ha distratto, come le nostre attività extraband. L'autocritica c'è, ma non dobbiamo chiedere scusa a nessuno».

«Ops l'ho detto» ironizza sul «politicamente corretto» proprio nel momento in cui tornate a fare canzone «politica».
«Si può ancora fare? O è troppo un paradosso?».

Si può fare. Ma davvero viviamo una «Vita di m3rda 4ever»? E credete ancora che il rock and roll non morirà mai?
«Sulla vita che viviamo credo che possiamo essere tutti d'accordo nel definirla come... non la migliore possibile. Quanto al rock and roll, forse non è mai nato, forse è una musica giovane invecchiata male, forse è l'atteggiamento ribelle che ogni generazione farà sua. Forse è un'altra vittima del nostro bisogno di essere anche politici, ma in modo politicamente scorretto». 

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