Luca D'Alessio e papà Gigi: «Cantavo 'a città 'e Pulecenella, così mio padre scoprì la mia passione»

Luca D'Alessio e papà Gigi: «Cantavo 'a città 'e Pulecenella, così mio padre scoprì la mia passione»
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 11 Giugno 2021, 14:02 - Ultimo agg. 14:05
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Era talmente timido e introverso che da bambino - convinto di non essere ascoltato - cantava solo sotto la doccia. Un quarto d'ora tutto suo. Musica a palla e piglio alla Freddie Mercury. In sottofondo il rumore dell'acqua che scorreva e scandiva il ritmo della sua voce sminuendo quel disagio che avrebbe provato se avesse cantato in qualunque altro posto. Luca, 18 anni, pronto per l'esame di maturità, è il terzo dei quattro figli di Gigi D'Alessio.

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Hai smesso di cantare solo sotto la doccia?
«Non smetterò mai.

Scherzo. Con la musica ora ci lavoro ma cantare a squarciagola sotto la doccia mi piace assai».

Sei sempre tanto timido?
«Un po' alla volta ce l'ho fatta a vincere la timidezza. Però all'inizio mi vergognavo tantissimo».

Eppure te la cavavi molto bene già da bambino.
«In realtà temevo il giudizio di mio padre. È sempre stato un mito per me e non avrei mai voluto deluderlo».

Ci sei riuscito?
«Credo di si. Almeno fino a oggi. Anzi, mi sembra sempre molto appassionato a ciò che faccio».

Quando hai deciso che la musica sarebbe stata la tua strada?
«Su quattro figli, un cantante in casa D'Alessio ci doveva stare per forza. Ed eccomi qua. Scherzo di nuovo. La musica mi è sempre piaciuta, sono cresciuto con il suono del pianoforte nelle orecchie».

Tuo padre che suonava?
«Sempre. Scriveva e provava e riprovava. E io lì che ascoltavo e imparavo. Ricordo ancora la canzone che ho cantato per la prima volta davanti a lui».

Quale?
«T'accumpagno vico vico. Sulo a tte ca si' n amico. E te porto pe' e quartiere addo' o sole nun se vede...».

A città e Pulecenella.
«Eravamo a casa, nel suo studio. Cominciai a canticchiarla sperando di non essere ascoltato. Lui invece sentì benissimo: Luca, a papà, ricomincia che ora registriamo».

Registriamo?
«Voleva mettermi alla prova».

E capire se avevi davvero talento.
«Quello era il suo obiettivo. Mi nascondevo sempre e non gli davo la possibilità di ascoltarmi».

Come andò il provino?
«Per niente facile. Suonava cambiando sempre tonalità».

Quanti anni avevi?
«Dieci. Cantavo già imbarazzatissimo e in più dovevo stargli dietro con la voce ogni volta che all'improvviso modificava gli accordi».

Fatto apposta?
«Ma certo. L'ho detto: mi stava mettendo alla prova. Prova che per fortuna superai a pieni voti».

Quindi?
«Capimmo entrambi che la stoffa c'era e potevo provarci. Adesso mi iscriverò anche al Conservatorio. Voglio studiare come ha fatto lui. La musica per me è ben più di una passione».

D'Alessio&D'Alessio, insomma.
«Coppia perfetta».

Avete già lavorato insieme?
«Non potevo non esserci nel suo disco rap, il titolo è Buongiorno. È uscito l'anno scorso».

Bella soddisfazione.
«Enorme. Davvero non me l'aspettavo. Quando mi propose di partecipare gli feci tre domande: Me lo merito?, Sarò all'altezza?, Ma sei sicuro?».

Che cosa ti rispose?
«Tre sì uno dopo l'altro. E così è iniziata l'avventura. Attualmente sto lavorando a 36 pezzi e insieme sto preparando anche un remix internazionale. Ci sto mettendo il cuore».

Tu vivi a Napoli, tuo padre a Roma. Riuscite a incontrarvi?
«Quando non è in giro per il mondo abbastanza spesso. Comunque ci sentiamo al telefono ogni giorno. I miei genitori si sono separati che ero molto piccolo: ho imparato presto a convivere con le distanze».

Non sarà stato facile.
«Da bambino lo seguivo spesso. Andavo ai concerti con la baby sitter e lo aspettavo dietro le quinte. Una volta, a Cagliari, mi fecero una bella sorpresa».

Una sorpresa?
«Ascoltavo papà che cantava sul palco e canticchiavo pure io guardandolo nel maxi schermo. A un certo punto - manco me n'ero accorto che mi stavano inquadrando - spunto gigantesco proprio su quel maxi schermo».

E tuo padre?
«Cantava e rideva indicandomi al pubblico che aveva davanti e applaudiva a più non posso. Volevo morire dalla vergogna. Mamma mia che ricordi...».

Tutti così imbarazzanti?
«Ce n'è un altro. Bellissimo. Quando mi regalò il campo di calcio».

Un campo di calcio addirittura?
«Compivo sette anni. Andai a Roma a festeggiare con lui. Mi fece entrare in casa e poi mi portò di nuovo fuori a occhi chiusi. Li riaprii e non riuscivo a crederci. Pensavo fosse un sogno».

Volevi fare il cantante o il calciatore?
«Come gran parte dei bambini ho vissuto anche io la fase calciatore. Ero pure abbastanza bravo. Poi ho scelto la musica ma una partitella, se capita, me la faccio sempre volentieri».

Ultima curiosità. Qual è la canzone di tuo padre che ti piace di più?
«Io comm'a trov'a nata comm'a tte. E pure tu dimm'addo trov' nu guaglione ca te vo cchiu bben'e me.... Si chiama Oj Nenna Ne. Ascoltatela, piacerà da impazzire anche a voi».

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