M'Barka Ben Taleb, il suo canto libero è un «Passion fruit»

M'Barka Ben Taleb in una fotografia di Eugenio Blasio
M'Barka Ben Taleb in una fotografia di Eugenio Blasio
Sabato 5 Luglio 2014, 16:41 - Ultimo agg. 7 Luglio, 16:23
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Da Passione a Passion fruit, passando per Gigol per caso: M’Barka Ben Taleb ha appena pubblicato il suo secondo album (etichetta Graf/Full Head, produttore Jerry de Concilio con Michele J. Romano), facendo fruttare al massimo la duplice esperienza sul set con John Turturro, prima nel film dedicato alla canzone napoletana di ieri e di oggi, poi nell’affresco ebraico-newyorkese che l’ha vista al fianco di Woody Allen, Sharon Stone e altri divi hollywoodiani. Il suo «frutto della passione» è stato annunciato da due singoli che in qualche modo spiegano il disco: prima una rivisitazione al femminile e trendy dello scandaloso «Je t’aime moi non plus» di Serge Gainsbourg e Jane Birkin, accompagnata da un videoclip diretto da Elena De Candia, poi, nei giorni scorsi, la rilettura di un’altra canzone «maschile», «Storia d'amore» di Celentano, trasformata in chiave electroswing con tanto di tip tap e di giungla jazz. «Ci sono incontri che cambiano un’artista», racconta la cantante, tunisina ormai di casa a Napoli: «Grazie a Turturro sono stata al Festival di Venezia e in tour per l’Italia, ho girato delle scene in America, ho capito che potevo, anzi dovevo, scommettere su me stessa. Ho cambiato suono e collaboratori, senza tradire quanto fatto finora. Le canzoni che canto in questo disco, che siano prese in prestito o scritte per me, servono per dire chi sono, chi ero, chi sarò. Versi e suoni mi rappresentano in pieno». L’album (disponibile sugli store digitali e presto in cd, poi anche in vinile per un'edizione limitata), infatti, tiene insieme inediti e cover notissime, filtrate e rinnovate dalla produzione di un team che affianca il beatmaker Tonico '70, Arcangelo Michele Caso e Salvio Vassallo. «Grazie alla loro direzione», continua M’Barka , che ha militato a lungo nella band di Eugenio Bennato ma non ha forse mai liberato così tanto la potenza della sua voce, «ho guardato ai suoni digitali, coniugando il calore della mia voce con i colori del sound più contemporaneo. E ho giocato con le lingue: canto in arabo, utilizzando la traduzione di Lili Boniche, ma anche in napoletano e francese ”Guaglione”, che diventa quasi uno sberleffo ai toy boy così di moda, oltre che un omaggio alle storiche versioni del brano incise da Aurelio Fierro e Dalida». La Ben Taleb usa la sua «lingua adottiva» anche in «Nun te scurda’», un classico degli Almamegretta che qui diventa una cavalcata country reggae tra derive rap e la chitarra di Fausto Mesolella. Poi passa al francese campionando la Piaf e Armstrong per una «Vie en rose» in versione giamaicana post-Grace Jones. E allo spagnolo per una meno innovativa «Besame mucho». Tre i brani scritti per lei: «Enzo Gragnaniello è insieme un amico e un maestro, sono davvero onorata di avere nel mio disco un suo inedito, duettato con lui per di più», racconta parlando della coinvolgente «Sotto ’o cielo ’e Paris», impreziosita anche dal rap di Tonico '70. Emergenti, invece, gli autori degli altri due pezzi: «Alessio Arena - un cantautore napoletano che si sta facendo notare più in Spagna che in Italia, dove mercato e media sono pigri e distratti come ho imparato sulla mia pelle - mi ha regalato la deliziosa ”Nisciuno”, che dividiamo all’unisono. Il brano che dà il titolo al disco, invece, è frutto della creatività di Salvio Vassallo, che ha firmato la canzone su testo di Armando Pirozzi, e di Valentina Gaudini, ovvero il Tesoro di San Gennaro, una delle più belle nuove realtà della scena partenopea». «Passion Fruit», insomma, «è un disco di svolta, di trasformazione, di orgogliosa accettazione della donna che sono diventata. Oltre a cantare suono la darbuka e il tar, muovendomi tra beat digitali e strumenti acustici come il violoncello, una sezione di fiati, l’organo Hammond di Ernesto Vitolo. Abbiamo cercato di realizzare un album dal suono moderno, maturo, in sintonia con i tempi, insieme da dancefloor e da camera, da concerto e da party. Il tour estivo ci dirà se il sound è giusto».
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