Mannarino e il crollo dell'impero:
l'intervista e il contest per i biglietti

Alessandro Mannarino
Alessandro Mannarino
di Federico Vacalebre
Domenica 15 Aprile 2018, 10:43 - Ultimo agg. 16 Aprile, 08:49
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In piena crisi siriana, con i dylaniani padroni della guerra che si fregano le mani, Mannarino se ne va in giro per teatri con un concerto dal titolo inquietante, «L'impero crollerà», che arriva a Napoli per un doppio shoe al teatro Augusteo, domani e martedì sera sull'onda lunga del successo di un album come "Apriti cielo", testimoniato anche dalla versione live.
Quale impero crollerà, Alessandro?
«Quello che sento esplodere intorno a me, dentro di me, quello che mi imprigiona, quello che mi ha liberato».
Difficile identificarlo così.
«Ma io non voglio identificarlo, dargli un nome, spiegare che parlo dell'impero capitalistico o di quello di ”''Star wars''. Quando scrivo canzoni e le canto non ho nomi e cognomi e trame e finali e morali, ma sensazioni, emozioni, ombre da condividere con chi mi sta ad ascoltare. In fondo, tutto quello che faccio è reclamare il diritto alla fantasia, al chiaroscuro, all'attesa».
All'attesa?
«Abbiamo lasciato che la razionalità cancellasse il diritto alla fantasia, all'immaginazione. La dipendenza dai social non è che una conseguenza: a volte vedo i teatri in cui mi esibisco riempirsi di gente che, fino a quando entro in scena, e anche dopo a volte, compulsa i telefonini per paura di perdersi uno status, una notizia, una storia. Non abbiamo più tempo per vivere il tempo, lo attraversiamo con ansia bruciandolo. Si può immaginare un amore, un orgasmo, una poesia, un samba senza conoscere il gusto di aspettare che tutto questo avvenga?».
Mannarino in scena riesce a interrompere l'intronata routine del mondo virtuale?
«Mannarino in scena è uno stato alterato di conoscenza, non so se riesco a garantirlo anche a chi mi viene ad applaudire. Se uso molto, nelle mie canzoni, la parola ''impero'' è pensando a un simbolo, a una metafora, ad un luogo immaginario e distopico che accoglie molte delle mie storie in musica. Qualunque sia il tuo impero, qualsiasi nome abbia, ovunque si trovi deve esistere da qualche parte un suono che lo farà crollare».
Magari con l'aiuto di uno spettacolo affine al teatro-canzone.
«Quando sta per iniziare una serata, non so che cosa dirò, ma so che dirò qualcosa, di solito tra brani antichi e recenti lascio sempre lo spazio per un paio di interventi parlati. Non sono un guru e non parlo per nessuno, ma ci sono idee che mi attraversano, dubbi, ansie, speranze. E mi piace giocare a ping pong con il pubblico. Io spingo le mie emozioni dall'altra parte del tavolo da gioco/palcoscenico per vedere come riusciranno a rimandarmele indietro loro».
In scena c'è una bandiera nera, chissà se simbolo anarchico o dell'impero che sta per franare. Un light show sontuoso che non ha paura del buio. E poi?
«Quello che più conta, la musica: Puccio Panettieri (batteria), Alessandro Chimienti (chitarre), Renato Vecchio (fiati), Seby Burgio (pianoforte e tastiere), Lavinia Mancusi (voce, violino e tamburi), Nicolò Pagani (basso e contrabbasso), Daniele Leucci (percussioni,vibrafono e suoni)».
Per salvarci dall'omologazione culturale fondi in salsa postmoderna la canzone d'autore, il folk rock, il suono western, la batucada, i profumi gitani e gli stornelli. A proposito: Barbarossa ha detto che sei stato fondamentale per convincerlo ad incidere «Roma è de tutti».
«Per cultura, esperienza e credibilità romanesca Luca potrebbe darmi lezioni, lo ringrazio di quanto mi attribuisce, è un amico oltre che un artista. Forse però ha ragione: diciamo che ho riaperto un filone che si era sterilizzato, prigioniero degli stereotipi. Il dialetto è lingua viva, l'italiano burocratico. De Andrè diceva che atti di nascita, di nozze e di morte si scrivono in italiano, gli amori si vivono nei dialetti. A Napoli, dalla canzone classica a Pino Daniele, lo sapete meglio di tutti».

Ps. «Il Mattino» regala ai lettori del suo sito ancora dieci biglietti per andare a vedere Alessandro Mannarino il 17 aprile al teatro Augusteo. Come aggiudicarseli? Basta rispondere per primi a una semplicissima domanda: come si chiamava la band di sei elementi fondata nel 2006 dal cantautore romano? I primi dieci webnauti che, dopo averlo visto, ci scriveranno le loro impressioni in proposito, avranno diritto ad un biglietto per il concerto. Mandate le vostre email all'indirizzo eventi@ilmattino.it, le prime dieci risposte esatte saranno ricompensate con un biglietto omaggio, da ritirare alla casa dell'Augusteo il 17 aprile, con modalità che comunicheremo ai vincitori
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