«Questo giovane suona tecnicamente già meglio di tutti noi», disse compiaciuto Arthur Rubinstein nel 1960, quando Maurizio Pollini, appena diciottenne, vinse il premio Chopin a Varsavia. Quell’ex ragazzo di talento - che il 5 gennaio compirà ottant’anni - oggi è entrato nella leggenda, tra i più grandi pianisti di fama internazionale. Un traguardo dovuto certamente alle doti naturali, ma anche a decenni di studio e di durissima disciplina.
#OnAir 'Il clavicembalo ben temperato' - Libro I - Praeludium et Fuga in si bemolle minore BWV867 by Johann Sebastian Bach (1685-1750) #MaurizioPollini -> Listen live: https://t.co/928mDzeC8S pic.twitter.com/rE6vYyMbTT
— Venice Classic Radio (@veniceclassic) December 27, 2021
Oggi il maestro ammette di cominciare a provare una certa fatica: «I pianisti invecchiano, certo - racconta - ma dalla loro hanno un ottimo antidoto, la musica.
La vita di una leggenda del pianoforte
Maurizio Pollini nasce a Milano il 5 gennaio 1942, figlio dell'architetto razionalista Gino Pollini e della musicista Renata Melotti. «Sono cresciuto in un ambiente di entusiasmo per l’arte in genere - ha raccontato a Simona Antonucci del Messaggero, qualche anno fa - Mio padre suonava il violino, mamma amava cantare, mio zio suonava il pianoforte e considerava la musica una grande fonte d’ispirazione per i suoi lavori. Quello che ricordo bene e con piacere è la presa di posizione nei confronti del moderno: l’amore per il nuovo, sempre».
Pollini ha avuto una carriera straordinaria: il perfezionamento con Arturo Benedetti Michelangeli, l’uomo dal tocco magico, uno dei più celebrati pianisti del Novecento; il sodalizio con Claudio Abbado, che inevitabilmente assume i toni dell’impegno politico, quando porta la musica nelle fabbriche negli anni Settanta o prende posizione contro la guerra in Vietnam.
L'impegno politico
«Non avevo la pretesa di fare propaganda politica - spiegò poi al Corriere della Sera - era una semplice protesta contro un efferato episodio di guerra». L’impegno politico di Pollini - il cui cuore batte invariabilmente a sinistra - tuttavia è spesso stato evidente: nel 2011 firmò una petizione firmata da tanti intellettuali come Umberto Eco e Roberto Saviano per chiedere le dimissioni dell’allora premier Silvio Berlusconi.
In musica, la sua fede nello spartito è enorme, ma con molta modernità nell’interpretazione. Dalla sua versione “romantica” di Bach alla varietà di timbri e di sfaccettature che ha portato in Mozart, Pollini ha sempre cercato di coinvolgere il pubblico nel proprio lavoro: «Bisogna - ha spiegato - imparare a capire il silenzio, le pause, come parte essenziale della musica, se si vuole arrivare a comprendere i contemporanei. Le novità, del resto, hanno sempre spaventato e richiesto un certo tempo per affermarsi: quando Beethoven scrisse l'Eroica, tanti dissero “speriamo che torni a comporre una musica più gentile”. Ma intanto la creazione va avanti». Auguri, maestro.