Il ricordo di Enzo Gragnaniello: «Mimì, l'omaggio arriva troppo tardi»

Il ricordo di Enzo Gragnaniello: «Mimì, l'omaggio arriva troppo tardi»
di Federico Vacalebre
Giovedì 14 Febbraio 2019, 08:28 - Ultimo agg. 12:26
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«Il paradosso è che la storia di Mimì, interpretata benissimo da una grande cantattrice napoletana, ha dimenticato proprio i giorni napoletani della piccola grande donna». Enzo Gragnaniello l'altra sera era tra i 7.727.000 spettatori di «Io sono Mia», il film tv diretto da Riccardo Donna che ricostruiva la diceria dell'untore di cui fu vittima Mia Martini. Per Raiuno, dopo Sanremo e Montalbano, ancora ascolti da record (share del 31%) e la conferma che le fiction con protagonisti canori (da Modugno a De Andrè) tira.
 
Per Gragnaniello, che della voce di Bagnara Calabra fu amico e confidente, oltre che autore, questo è «un modo per chiedere scusa, sia pur troppo tardi, a un'artista immensa. L'hanno condannata a morte appiccicandole addosso l'etichetta di jettatrice: il film-tv, magnificamente interpretato da Serena Rossi, brava come attrice ma persino più brava nel confronto impossibile con una cantante di feroce passionalità, mi è piaciuto nel suo denunciare l'ignoranza e la protervia di chi andava in giro dicendo che Mimì portava sfiga, meno in certi abbellimenti, nell'assenza di personaggi importanti come Ivano Fossati e Renato Zero che non hanno voluto essere tirati in ballo, ma, soprattutto nel mancato racconto del suo periodo napoletano».

«Io sono Mia» si chiude nel 1989, con lei sul palco di Sanremo che canta «Almeno tu nell'universo», il brano che provò a regalarle una seconda vita, il brano a cui lei regalò una seconda vita, vista che la prima era stata abortita: «Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio lo scrissero nel 1972, insieme a Piccolo uomo, ed era rimasto inedito fino a quel punto. Vinsero la Oxa e Leali con Ti lascerò, lei arrivò nona, dietro, tra gli altri, a Fiordaliso con Francesco Cabrini ma anche Francesco Salvi. Però venne il premio della critica, che ora porta il suo nome», ricorda Gragnaniello. Solo l'oggi vituperata sala stampa dell'Ariston (la classifica era stata dettata dalle schedine Totip) si accorse di quella canzone-urlo contro il cielo, le vide aprire le braccia, non per volare nel blu dipinto di blu come Modugno, ma come un Cristo in croce.

«Era fiera di quel riconoscimento - racconta ancora Gragnaniello - Ormai ci frequentavamo da un paio di anni, l'avevo conosciuta nel periodo buio, l'avevo vista cantare a una festa di piazza e ne ero rimasto commosso, squassato, come se oggi mi imbattessi in Amy Winehouse in un bar da karaoke. Scrisse per lei, in una notte, Donne, lei la trasformava in uno sparo nella notte, in un grumo di sangue che si scioglieva miracolosamente. Amava Napoli e con me se ne innamorò ancora di più, iniziai a portarla a casa di Roberto Murolo, me la ritrovai con la sciarpa del Napoli al collo, tifava per la squadra azzurra, andava allo stadio, incideva le mie canzoni. Io, ma tutta la città direi, la amavamo, pur essendo scaramantici eravamo felici di scrivere per lei, cantare con lei, dividere il palco con lei, cenare con lei, applaudirla, riaccompagnarla a casa. Nello showbusiness nazionale c'erano grandi manager, discografici e cantanti che mettevamo in giro le peggiori voci su di lei: Non lavorare con lei, porta sfiga, ripetevano, come ha appena ricordato anche Biagio Antonacci. Ma per noi Mia era manna del cielo, emozione assoluta, altro che jettatrice».

Poi venne «Cu''mme»: «L'avevo scritta come in trance, Murolo stava lavorando al disco dei suoi ottant'anni, doveva essere una grande festa per il vecchio-bambino, per il maestro della canzone napoletana. Capivo di avere per le mani una gemma delicata, quando Nando Coppeto, allora mio manager, pensò di farla cantare a Roberto e Mimì... successe come un miracolo. La coppia portò il pezzo in hit parade, riportò la canzone napoletana in hit parade».

Mia era rinata a Napoli. Negli anni più bui, due impresari di feste di piazza, Luciano Cuosta e Alfonso Pisano, l'avevano trovata in pessime condizioni psicofisiche, l'avevano quasi adottata, le avevano ridato pian piano fiducia e un lavoro, il suo: cantare, anche se non sui palchi che meritava: «Capisco che il film-tv finisca prima, ma se Mimì tornò a sorridere fu grazie a Napoli, a Murolo, agli altri amici napoletani, alla mia chitarra, ai peperoncini rossi che un giornalista napoletano le regalava ogni volta che si vedevano. Mi dispiace davvero che tutto questo non sia stato raccontato, per Mimì, per Napoli, per la città che non aveva mai creduto alla diceria dell'untore».

Intanto, tra i tanti messaggi di complimenti, a partire da quelli dei vertici Rai, uno ha fatto particolarmente piacere a Serena Rossi, quello di Loredana Berté: «Vederti nei panni di mia sorella è stato un colpo al cuore, sembravi proprio lei».
 
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