Mogol: «Il segreto per cantare oggi? Non cantare ed essere sinceri». E sulla morte...

Mogol: «Il segreto per cantare oggi? Non cantare ed essere sinceri». E sulla morte...
di Francesca Cicatelli
Giovedì 16 Novembre 2017, 22:12 - Ultimo agg. 17 Novembre, 12:20
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Uno dei pochi uomini ad esordire con un rassicurante: «Mantengo sempre le promesse». Si definisce «sintetico» ed è talmente preciso da premurarsi di non far attendere il pubblico in sala pronto ad ascoltarlo, vuole iniziare con puntualità. Il tempo di infastidirsi per l'appellativo paroliere, «sono quelli della settimana enigmistica», riparare la ferita al collo con la sciarpa per un recente intervento che annuncia:  «vi dirò una cosa, facciamo un applauso a Battisti perché oggi è qui con noi». Tra i tanti artisti per cui ha scritto canzoni, l'endiadi è ancora indissolubile. Come con Mango, «non apprezzato abbastanza ma anche per via del suo animo puro: è rimasto un ragazzo semplice che non ha mai voluto lasciare la sua terra, Lagonegro». Mogol, al secolo Giulio Rapetti, ha fatto incetta di riconoscimenti a Napoli, il Premio Elsa Morante e il sigillo dell'Università Federico II dove oggi ha tenuto una lectio magistralis (moderata da Lello Savonardo, docente di comunicazione e culture giovanili e con il rettore dell'ateneo Gaetano Manfredi nonché Red Ronnie e Optima), a telecamere rigorosamente spente, su come si produce musica oggi, su come bisogna cantare, partendo da Claudio Villa fino a Elvis Presley passando per Dido, Arisa (allieva proprio del suo Cet in Umbria) fino ad approdare a Somebody that i used to know dei Gotye e diplomando i presenti in «esperti nel riconoscimento di una bella canzone meglio dei giudici di XFactor dove si ostenta solo la voce e non la musica». Racconta del rifiuto di un contratto con i Beatles molto vantaggioso che prevedeva il 75 per cento del diritti e che Battisti liquidiò con un: «Ci saranno altre occasioni». Mogol sente ancora il rammarico per quella scelta ma lo rincuora l'orgoglio per l'interesse internazionale nei confronti delle sue canzoni.
 


Il segreto delle canzoni di successo oggi?
«Bisogna essere sinceri e non cantare, non ostentare la voce, sussurrare, accennare e sentire le parole, nessuna finzione, ogni frase dece essere credibile e basta orchestre, la canzone è minimal pochi strumenti ma che rapiscono»


Napoli è una città per parolieri o per poche parole?
«E' solare, ironica e ci sto bene»

Sta per rilanciare il Festival di Napoli, ci voleva un milanese e il suo rigore per rilanciarlo?
«In realtà è ancora tutto indefinito. Non c'è ancora alcun accordo. Ma certo mi piacerebbe portare avanti un discorso rigoroso dove  prevale la qualità; sarebbe importante per l'italia che ha bisogno di canzoni di spessore».

Come mai le canzoni di oggi restano meno?
«Perché chi si occupa della promozione gestisce anche la produzione, una volta non era così. Se adesso la radio, XFactor e Amici producono i dischi che promuovono c'è qualcosa che non va e non prevarrà la qualità ma l'appartenenza alla società che ci guadagna. Adesso è partita la formazione nei conservatori italiani voluta da Franceschini, per cui sarà garantito il livello della musica classica anche nel pop»

Ha composto oltre 150 successi, per produrre musica ci vuole metodo o ispirazione ? 
«Un musicista segue il suo animo, la sua creatività, l'unico metodo è studiare, arricchirsi di cultura prima di comporre, altrimenti non si ha nulla da dare»

Figlio di Mariano Rapetti direttore della Ricordi che la instradata a questa professione, occorre sempre qualcuno che creda in noi o la bravura arriva sempre? Insomma sn gli altri a renderci uomini e donne? 
«Non basta la bravura. Ci vuole la posibilità di far ascoltare le canzoni. E 'questpo dipende dalla promozione»

Come si cede una canzone senza sentirsi deprivati? 
«L'importante è che sia interpretata bene e che non venga deturoata ma la missione è farle ascoltare le canzoni».

Social e talent sono la nuova gavetta? 
«Sono un mezzo di comunicazione come la radio e la tv. Non sono pratico dei social, li rispetto però. C'è un nuovo mezzo ma non so quanto sia promozionale, oggi c'è troppa confuzione e la musica si distingue solo in bella o brutta»

Le canzoni di oggi seguono ancora la traccia dei sogni? Sono ancora canzoni per sognare o solo per protestare? 
«C'è chi scrive canzoni per conquistarsi il pubblico io non l'ho mai fatto. Oggi continuo ad ispirarmi ai racconti della mia vita e il mio metodo è ascoltare prima la musica e sentire cosa trasmette per rendergli parole».

Ha parlato di Dioincidenze più che di coincidenze, la morte non deve spaventare perché?
«Perchè se stiamo accolti alla nascita dai genitori, non avrebbe senso non essere accolti alla morte».

 

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