Monica Sarnelli e la vita a Napoli: «Io, i Decumani e Pino Daniele vicino di casa»

Monica Sarnelli e la vita a Napoli: «Io, i Decumani e Pino Daniele vicino di casa»
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 10 Giugno 2022, 12:00
5 Minuti di Lettura

Nu juorno mme ne jètte da la casa, jènno vennenno spíngule francese.... Le sembra ieri che, nel chiostro di Santa Chiara, cantava a squarciagola la canzone scritta da Salvatore Di Giacomo, tra gli applausi di turisti incantati e il compiacimento delle suore di clausura che l'ascoltavano con piacere sbirciando attraverso le grate del monastero. E invece sono passati cinquant'anni ma l'emozione forte, ogni volta che torna lì, è sempre la stessa. Monica Sarnelli - la voce di Un posto al sole - nel centro antico ci è nata, a due passi dalla casa di Pino Daniele, tra piazza del Gesù e via San Sebastiano, cuore pulsante della migliore tradizione musicale napoletana. 

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E spingule francese, insomma.
«E pure Scapricciatiello, Maruzzella, Palomma e notte, Lazzarella, le sapevo tutte e le cantavo tutte: il mio palcoscenico preferito era Santa Chiara».

Quanti anni aveva?
«Cinque.

Mi esibivo per amici e parenti: veri e propri spettacolini che mettevo in scena come una professionista».

Baby artista.
«Diciamo che il centro storico lo consideravo il mio territorio. Non ricordo neanche particolari pericoli. Anzi, uscivo spesso pure da sola. Il quartiere era accogliente e protettivo: i più grandi guardavano i piccoli e si viveva serenamente».

La sua Napoli, quindi.
«In realtà sì. E ancora oggi quando cammino per quei vicoli mi perdo: profumi, rumori, colori, botteghe, gente che parla, canta. Quanta allegria».

C'è una zona dove torna più volentieri?
«Una su tutte: il Decumano maggiore. È un museo a cielo aperto, facendo pochi passi ti ritrovi tra le botteghe di San Gregorio Armeno, la basilica di San Lorenzo e poi, scendendo a 40 metri di profondità, il percorso di Napoli Sotterranea. Lo consiglio a tutti, napoletani e non: è un'esperienza straordinaria».

Quindi Pino Daniele era un vicino di casa?
«La sua storia è nota: dopo i primi anni vissuti in un basso a San Giovanni Maggiore Pignatelli, Pino andò a abitare a piazza Santa Maria La Nova, a casa di due zie acquisite che si occuparono della sua crescita».

Dal centro storico poi però è andata via?
«Sì, con la mia famiglia, da piazza del Gesù ci trasferimmo a abitare ai Colli Aminei, dove iniziai a frequentare la parrocchia dei rogazionisti. Quella fu la vera svolta».

Dalla passione per il canto a quella per la chiesa?
«Ci divertivamo moltissimo. I preti erano bravi e svolgevano davvero una funzione sociale. Partite di calcetto, danza, concerti, commedie: ogni pomeriggio si organizzava qualcosa».

Il modo migliore per tenere lontani i ragazzi dai rischi della strada.
«E certo, quello era lo scopo dei preti. Oggi forse più di allora sarebbe importante creare luoghi di aggregazione e socializzazione per offrire alternative sane agli adolescenti. In ogni caso ai Colli Aminei ci misi poco a diventare una piccola star».

Addirittura?
«Partecipavo a tutti gli spettacoli insieme con i miei fratelli e le amiche. Ricordo che le insegnanti a Natale mi portavano in giro per le classi, e ogni volta era un piccolo show: mi piazzavo al centro dell'aula e via con Jingle Bells, White Christmas, We Wish You a Merry Christmas».

E il Posto al sole?
«Che record! Oltre seimila puntate e 25 anni di messa in onda: credo di essere diventata una sigla storica. È una canzone che ormai rappresenta me stessa e la canto sempre più spesso. La chiedono e io sono felice di farla ascoltare».

C'è un'altra canzone alla quale si sente particolarmente legata?
«Chesta sera nun c'a faccio a piglia' a vita comme vene, me ne vaco dinta notte, e nu bicchiere p'addurmì a verità...».

Chesta sera, la canzone scritta da Nino D'Angelo?
«È nata da un momento di grande sofferenza».

Per questo è carica di emozione?
«Il testo in realtà racconta il dispiacere di un uomo che non riesce a dimenticare una storia d'amore finita e che, in una serata assai malinconica, ricordando gli occhi di quella donna la rievoca cantando l'estremo bisogno di riaverla al suo fianco».

Canzone struggente.
«Chi non ha mai sofferto per amore almeno una volta nella vita? A me è successo e Chesta sera mi ha coinvolto, e travolto, fino in fondo. Sarà anche per questo che ha avuto un grande successo».

È vero che ha conosciuto Mina? E che Mina le avrebbe fatto anche i complimenti?
«Certo che è vero. Talmente vero che ho appena mandato a Massimiliano Pani il racconto di quell'incontro».

Pani, il figlio della cantante?
«Lui. Sta raccogliendo una serie di testimonianze, tante, che farà confluire in un libro dedicato a sua madre. Quando mi ha cercata per chiedermi di partecipare è stata una gioia infinita».

Racconti: come - e dove - si è imbattuta nella grandissima Mina?
«Fu un caso. Avevamo lo stesso produttore discografico, Andrea Lo Vecchio. Ve la faccio breve, ero in sala, a Milano, stavo provando alcune canzoni quando a un certo punto la vidi: mi scrutava dalla platea, ero convinta di sbagliarmi, ma poi mi accorsi che c'era anche Andrea. Oddio è Mina pensai, e mi avvicinai».

Quindi?
«Scambiammo due chiacchiere, ma sai che sei brava? - mi disse con quella sua inconfondibile voce. Poche parole, vero, ma più che sufficienti a farmi vivere per qualche ora nell'oblio». 

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