Addio a Paul Kantner, infiammò Woodstock con i Jefferson Airplane: aveva 74 anni -Foto

Paul Kantner
Paul Kantner
di Federico Vacalebre
Venerdì 29 Gennaio 2016, 08:30 - Ultimo agg. 30 Settembre, 22:31
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L'anno orribile del rock continua con un altro cadavere eccellente, quello di Paul Kantner, stroncato a 74 anni di una crisi di setticemia: con i Jefferson Airplane infiammò Woodstock, eroe chitarristico di una performance entrata negli annali, ma ormai gli eroi non muoiono giovani e belli, vanno via anzianotti e appesantiti, con le ultime foto che assomigliano a un'ingiuria, a un oltraggio alla grande bellezza di quello che erano stati.
Nelle ultime esibizioni, negli ultimi caroselli della nostalgia canaglia che si era concesso, che ci aveva concesso, con i complici di una vita, era stanco ma ancora capace di graffiare, lontano ricordo della grande bellezza rivoluzionaria divisa sul palco con quella Grace Slick che nelle tre notti di pace, amore e musica tutti - uomini e donne - sognarono di possedere.
Nell'Aeroplano Jefferson entra nel 1965, su invito di Marty Balin, di cui poi prenderà il posto come leader. San Francisco, estate dell'amore, l'Lsd ad espandere le coscienze, la rivoluzione dei sensi e dell'intelletto come utopia: nella Bay Area la scena è ribollente, quando Balin lo ingaggia Kantner sogna di diventare il nuovo Pete Seeger e suona al fianco di Jerry Garcia, Janis Joplin e David Crosby. I due trovano una cantante in Signe Toly Anderson, che la storia del rock ricorderà la maternità che la porterà a lasciare il posto alla Slick, la chitarra malata di blues di Jorma Kaukonen, il batterista Jerry Peloquin (presto rimpiazzato da Skip Pence), il bassista Bob Harley (a sua volta sostituito da Jack Casady). E il nome per la band: in slang indica il fiammifero tagliato a metà in verticale per reggere il joint ormai troppo corto per essere tenuto tra le dita, ma forse non c'entra nulla, piuttosto si tratta di un omaggio al mitico bluesman Blind Lemon Jefferson. 
Le armonie di Byrds e Lovin' Spoonful si colorano di psichedelia nel rito lisergico dei light show. Il contratto con la Rca, le notti sballate al Fillmore con supporter i Warlocks che diventeranno poi i Grateful Dead, la comune Family Dog a tenere in piedi il movimento. «Jefferson Airplane takes off» ('66) è un assaggio virato di folk e di trip, anche se dopo la prima tiratura «Runnin' all over the world» scompare dall'lp per un riferimento troppo esplicito ai viaggi psichedelici. Ma a dettare legge arriva la voce della Slick, uno sparo nella notte, esuberante come la sua fisicità. L'ex modella si porta dietro un brano inciso con i Great Society «Somebody to love», che con la sua ugola da contralto libertino e il clangore drogato dei Jefferson alle spalle diventa una sorta di inno generazionale. Come «White rabbit», anche quella scritta da lei, che porta Ravel e Lewis Carroll nel magico mondo dell'Lsd.
Ormai il mito è alle porte, come l'ondata hippie a cui serve un manifesto come «Surrealistic pillow» ('67) che sfonda e conduce il gruppo al Monterey Pop Festival, davanti alle cineprese di David A. Pennebaker, e poi in Inghilterra tra Hendrix e Who. «After bathing at Baxter's» ('67) sposa l'onda acid rock, il suono più pesante e grezzo, l'improvvisazione con Kantner e la Slick ormai leader dichiarati. Nel fatidico '68 arriva «Crown of creation», con l'apologia del triangolo di «Triad» firmata da David Crosby e l'ancora più esplicito «Greasy heart» scelto per singolo. Sesso, droga e rock'n'roll, l'ideale per arrivare a Woodstock, protagonisti dello storico festival, e film, e disco, prima della svolta militante di «Volutenteers» '69), scatenato atto d'accusa all'America del Vietnam. 
Poi l'Aeroplano inizia a perdere quota, quasi avesse voltato troppo alto, quasi che la vita spericolata suggerisse cure intensive, quasi che la coscienza del tradimento degli ideali di rivoluzione inseguiti suggerisse nuove etiche ed estetiche. Casady e Kaukonen lanciano gli Hot Tuna, Kantner battezza l'epopea dell'Astronave Jefferson con «Blows against the empire», gli Airplane provano a sopravvivergli con «Bark» ('71), ma ormai la frittata è fatta, e «Long John Silver» ('72) è anche più inutile. Kantner e la Slick provano a far coppia con «Sunfighter» ('71) e «Baron Von Tollbooth & the Chrome nun» ('73), poi consegnano il futuro agli Starship di «Dragon fly» ('74) e «Octopus» ('75). Paul va via, lascia il marchio di dita, accorciato in Starship tout court. alla Slick, ma poi anche lei molla e Kantner torna e resta sino alla fine, invischiato in quell'amarcord infinito che nell'estate del '95 li porterà anche a Napoli, parco Virgiliano.
Droga, alcol, il sogno libertario dei volontari di un'altra America possibile, la chitarra acid folk, la visione delle migliori menti della sua generazione accese per spesso bruciare senzo rimedio: Paul Kantner c'era quando tutto questo successe e non si tirò mai indietro, sopravvivendo alla triste leggenda dei morti giovani per essere stroncato da una setticemia.

Sono le uniche storie rock possibili da raccontare nel terzo millennio.

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