My Funny Valentine, canzone scritta nel lontano 1937 dagli americani Richard Rodgers e Lorenz Hart per il musical Babes in Arms, in 83 anni di vita è passata per mille voci e mille strumenti, da Miles Davis a Chet Baker (la cui versione è di una morbida e indimenticabile dolcezza), da Billy Eckstine a Johnny Hartman, Gerry Mulligan, Sarah Vaughan, Chaka Khan, Julie London, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, e da noi è stata incisa anche da Rossana Casale, Bruno Lauzi e Ornella Vanoni. Adesso arriva la versione di Noa, all’anagrafe Achinoam Nini, annata 1969, israeliana nata a Tel Aviv ma cresciuta a New York («Abitavo nel Bronx, ecco perchè sono una tosta», dice sorridendo), tornata in Israele, sposata con il medico Asher Barak, madre di tre figli (Ayehli, Enea e Yum) e famosa nel mondo ma anche in Italia per tanti suoi concerti e dischi, per una partecipazione a Sanremo, per la cittadinanza italiana onoraria, per un Premio Tenco nonché per aver splendidamente interpretato Beautiful That Way nella colonna sonora firmata da Nicola Piovani del film 'La vita è bella di Roberto Benigni.
Torniamo a My Funny Valentine. «Io amo - spiega Noa - le canzoni del grande songbook americano, quelle di Cole Porter, Leonard Bernstein, Pat Metheny, Rodgers & Hammerstein e compagni, ci sono cresciuta, e una selezione di quei brani celebri da decenni sarà protagonista dell’album in arrivo.
Noa sostiene che gli evergreen che ha deciso di incidere per voce e chitarra «sono sensazioni che vengono generate da posti molto profondi e lontani e che hanno il merito di unire una moltitudine di esseri umani diversi tra loro attraverso l’ascolto di una stessa o delle stesse grandi canzoni, che decennio dopo decennio restano ancora nel cuore dei cuori di tutti, e non solo degli adulti ma anche dei giovani che hanno la fortuna di scoprirle in un periodo difficile e pieno di musica in buona parte modesta».
Qualcuno dirà che le canzoni scelte da Noa e Gil sono “roba vecchia”, “roba da nostalgici rincoglioniti”, insomma roba che ha fatto il suo tempo. Può anche darsi, ma provate a sentire senza commuovervi il My Funny Valentine magicamente cantato da Chet Baker. Provate a trovare, oggi, qualcosa che sia paragonabile a composizioni d’annata, sì, ma con il fascino e la genialità di Stardust (Hoagy Carmichael & Mitchell Parish, annata 1927), It Don't Mean a Thing (Duke Ellington, 1931), Chega de saudade (Vinícius de Moraes e Antônio Carlos Jobim, 1958), Imagine (John Lennon, 1971), No Woman No Cry (Bob Marley, 1974) e altri mille evegreen davanti ai quali bisogna solo inchinarsi. Viva Cole Porter, George Gershwin e compagni, e grazie a Noa per farli rivivere per l’ennesima e meritatissima volta.