Noa, il nuovo singolo My Funny Valentine (annata 1937), esce oggi con la sua voce e la chitarra di Gil Dor

Noa, il nuovo singolo My Funny Valentine (annata 1937), esce oggi con la sua voce e la chitarra di Gil Dor
di Fabrizio Zampa
Venerdì 12 Febbraio 2021, 10:20 - Ultimo agg. 10:21
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My Funny Valentine, canzone scritta nel lontano 1937 dagli americani Richard Rodgers e Lorenz Hart per il musical Babes in Arms, in 83 anni di vita è passata per mille voci e mille strumenti, da Miles Davis a Chet Baker (la cui versione è di una morbida e indimenticabile dolcezza), da Billy Eckstine a Johnny Hartman, Gerry Mulligan, Sarah Vaughan, Chaka Khan, Julie London, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, e da noi è stata incisa anche da Rossana Casale, Bruno Lauzi e Ornella Vanoni. Adesso arriva la versione di Noa, all’anagrafe Achinoam Nini, annata 1969, israeliana nata a Tel Aviv ma cresciuta a New York («Abitavo nel Bronx, ecco perchè sono una tosta», dice sorridendo), tornata in Israele, sposata con il medico Asher Barak, madre di tre figli (Ayehli, Enea e Yum) e famosa nel mondo ma anche in Italia per tanti suoi concerti e dischi, per una partecipazione a Sanremo, per la cittadinanza italiana onoraria, per un Premio Tenco nonché per aver splendidamente interpretato Beautiful That Way nella colonna sonora firmata da Nicola Piovani del film 'La vita è bella di Roberto Benigni.

My Funny Valentine è il nuovo singolo di Noa che esce oggi su tutte le grandi piattaforme digitali e che anticipa il suo album Afterallogy inciso nel suo studio di Tel Aviv insieme allo storico partner musicale della vocalist, il chitarrista Gil Dor, ottimo musicista che di suo ha una storia legata a Roma: durante la seconda guerra mondiale suo padre, pianista, finì nascosto a Roma a casa di una famiglia ebrea, ed era felicissimo di esserci perché nell’appartamento c’era un pianoforte che lui, quando fascisti e nazisti non giravano da quelle parti, poteva finalmente suonare. Quelle note, racconta Gil, «si potevano ascoltare solo quando la città era semivuota e i cattivi erano altrove».

Torniamo a My Funny Valentine. «Io amo  - spiega Noa - le canzoni del grande songbook americano, quelle di Cole Porter, Leonard Bernstein, Pat Metheny, Rodgers & Hammerstein e compagni, ci sono cresciuta, e una selezione di quei brani celebri da decenni sarà protagonista dell’album in arrivo.

L’American Songbook e i grandi standard del jazz sono una mia radice musicale essenziale, e tuffarmi di nuovo in mezzo a loro è naturale per me, quanto esplorare le mie radici ebraiche o yemenite. Il mio obiettivo era, allora come oggi, solo quello di "fare bene" affrontando questi straordinarii pezzi, accentuando la loro grandezza con umiltà, guardandoli da un punto di vista personale rispettoso e amorevole. Ho la fortuna di avere in casa un piccolo studio, e lì ci siamo rinchiusi io e Gil per elaborare gli arrangiamenti, semplicissimi, dei brani in scaletta».

Spiega Noa che negli ultimi 30 anni Gil e lei hanno condotto un dialogo continuo. «L'argomento è essenzialmente lo stesso: “cosa” e “perché”. A "cosa" è relativamente facile rispondere: facciamo semplicemente ciò che possiamo, ciò che amiamo, sappiamo o sperimentiamo, ciò in cui siamo bravi e a cui sentiamo di poter contribuire, mentre impariamo costantemente cose nuove. E’ il "perché” che stimola la discussione ed è il responsabile di tutto ciò che creiamo. Le risposte vengono man mano che si va avanti. Forse stiamo cercando l'espressione di cosa significa essere umani, forse ci perseguita il ricordo di un'esperienza di bellezza della prima infanzia, una spinta in cerca di una nuova nascita, dopo essersi reincarnata migliaia di volte attraverso l'arte di musicisti monumentali nel corso della storia. Il risultato è semplice: cerchiamo di spingerci verso l'eccellenza, in profondità e in alto, assicurandoci di non tradire mai la fiducia riposta nelle nostre mani dalle muse, dal dio della musica e dalle persone che da 30 anni ci hanno aperto il loro cuore».

Noa sostiene che gli evergreen che ha deciso di incidere per voce e chitarra «sono sensazioni che vengono generate da posti molto profondi e lontani e che hanno il merito di unire una moltitudine di esseri umani diversi tra loro attraverso l’ascolto di una stessa o delle stesse grandi canzoni, che decennio dopo decennio restano ancora nel cuore dei cuori di tutti, e non solo degli adulti ma anche dei giovani che hanno la fortuna di scoprirle in un periodo difficile e pieno di musica in buona parte modesta».

Qualcuno dirà che le canzoni scelte da Noa e Gil sono “roba vecchia”, “roba da nostalgici rincoglioniti”, insomma roba che ha fatto il suo tempo. Può anche darsi, ma provate a sentire senza commuovervi il My Funny Valentine magicamente cantato da Chet Baker. Provate a trovare, oggi, qualcosa che sia paragonabile a composizioni d’annata, sì, ma con il fascino e la genialità di Stardust (Hoagy Carmichael & Mitchell Parish, annata 1927), It Don't Mean a Thing (Duke Ellington, 1931), Chega de saudade (Vinícius de Moraes e Antônio Carlos Jobim, 1958),  Imagine (John Lennon, 1971), No Woman No Cry (Bob Marley, 1974) e altri mille evegreen davanti ai quali bisogna solo inchinarsi. Viva Cole Porter, George Gershwin e compagni, e grazie a Noa per farli rivivere per l’ennesima e meritatissima volta.

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