Settembre 2011, quando George Michael
si esibì Acciaieria Sonora di Bagnoli:
la recensione di Federico Vacalebre

Settembre 2011, quando George Michael si esibì Acciaieria Sonora di Bagnoli: la recensione di Federico Vacalebre
di Federico Vacalebre
Lunedì 26 Dicembre 2016, 09:51 - Ultimo agg. 20:48
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Nel giorno della morte di George Michael, pubblichiamo la recensione dello storico all'Acciaieria Sonora di Bagnoli, nel settembre 2011. 

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L'orchestra per i cantanti pop è spesso una sorta di refugium peccatorum, un viagra preso per rialzare le proprie quotazioni. George Michael al mestiere di crooner postmoderno ci aveva pensato già nel 1999 all'epoca di un disco come «Songs of the last century». In «Symphonica», il tour passato domenica sera anche dall'Acciaieria Sonora di Bagnoli davanti a 6-7.000 persone tra cui il sindaco De Magistris e Ciro Ferrara, l'ex Wham! porta alle estreme conseguenze il discorso, ma il risultato non cambia: la Czech National Symphony Orchestra diretta fa quello che può, l'ugola del divo inglese è calda e vellutata come sempre, ma massa sonora e repertorio non permettono grandi libertà e il pubblico, in fondo, vorrebbe soltanto godersi gli hit pop dell'uomo di «Careless whisper».

L'inizio con «Through» serve solo a rompere il ghiaccio e prendere le misure, il palco è kolossal, il maxischermo alle spalle della popstar ha un'alta definizione eccezionale, che regala giochi di computer graphic e primi piani del cantante, 48 anni e in ottima forma («è 'nu poco sciupatiello», commenta qualcuno). «My baby just cares for me» è subito un passo falso, misurarsi con un cavallo di battaglia di Nina Simone non farebbe bene a nessuno, George si muove a ritmo di swing ma inutilmente. Con «Kissing a fool» si ritorna al repertorio michaeliano per sinatreggiare con moderazione, non a caso il brano è stato ripreso anche da quel Michael Bublè il cui fantasma torna come pietra di paragone per tutta la serata, anche se gli arrangiamenti scelti dal canadese sono di gusto più jazzy, ed in ogni caso più mossi. «Understand» mette in primo piano la band rispetto all'orchestra, che in più momenti si limiterà a fare da comprimario, ad aggiungere appena qualche colore. «Let her down easy» è uno dei momenti migliori della serata, la ballad dell'uomo che non vuole più farsi chiamare Terence Trent d'Arby ha il gusto da pulp-soul che George ama, e il pianoforte in evidenza cadenza la struttura armonica.

 
 

Dopo «Cowboys and angels», riscoperta tra gli scheletri dei propri armadi (è il primo tour in cui la esegue), ecco l'acme del concerto, «Going to a town» di Rufus Wainmwright, uno dei grandi songwriter americani dei nostri giorni, resa con accorata partecipazione e un emozionante campionario melismatico ricco di pause, legati, code, singhiozzi, vocali trattenute. Brutta, invece, la versione di «Roxanne», privata del suo ritmo in levare tipico dei primi Police e «salvata» solo dal videoclip costruito su corpi e volti di prostitute sin troppo glamour per corrispondere alla protagonista del titolo.

Il gusto camp di George Michael è inevitabilmente al centro dello spettacolo, che fa pausa dopo il gusto retrò di «Brother can you spare a dime?», per riprendere dopo venti minuti scanditi dall'orologio sul maxischermo. «John & Elvis are dead» è una stucchevole tiritera politicamente corretta che alterna sullo schermo i volti di Lennon e Mandela, Presley e Wojtyla, Bowie e madre Teresa di Calcutta... «Wild is the wind» è rubata a David Bowie, «True faith» ai New Order (nominandoli George spera in un applauso della platea, ma scopre con disappunto che quest'ultima o non li conosce nemmeno o non capisce nemmeno una parola di inglese), ma le versioni originali restano cento volte preferibili.

Le immagini di Amy Winehouse e la dedica su «Love is a losing game» sono accolte invece da un'ovazione, ripetuta a ogni nuova immagine della diva caduta di «Back to black».
E al ritmo black vintage riporta anche la conclusiva «Feeling good», accompagnata da un filmato burlesque che vede le curve di Dita von Teese stagliarsi nude alle spalle del divo gay che oggi, insieme a Elton John, terrà a battesimo alla Camera dei Comuni londinese una campagna contro le discriminazione degli omosessuali in tutto il mondo e soprattutto nelle nazioni del Commonwealth, mirando ad abbattere le leggi coloniali anti-gay nei paesi dell'ex impero britannico. Con i bis, l'orchestra praticamente messa da parte ed il pubblico ancora insoddisfatto, Michael abbandona modi e sgabello da neocrooner e dà alla gente quello che vuole, tra schegge di Wham! e della sua carriera solista, da «Amazing» a «I'm you man» sino a «Freedom! 90». E l'Acciaieria Sonora, promossa a quasi pieni voti (bisogna solo impedire la processione profana dei collezionisti di fotografie e souvenir ai piedi del palco) si trasforma in discoteca revival.
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