«Napoli segreta 2», ballando
con le pepite trash anni '70/80

Nu Guinea, Napoli segreta 2
Nu Guinea, Napoli segreta 2
di Federico Vacalebre
Giovedì 26 Marzo 2020, 21:04 - Ultimo agg. 21:09
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La ricerca di «oscure gemme» di questo o quel periodo, di questo o quel sottogenere, è ormai da tempo passione conclamata dei musicofili di mezzo mondo. Almeno da quando «Nuggets: original artyfacts from the first psychedelic era, 1965–1968», preziosa raccolta voluta nel 1972 da Jack Holzman fondatore della Elektra e prodotta da Lenny Kaye, non ancora chitarrista di Patti Smith, mostrò quante «pepite» fossero state dimenticate dalla storia del rock. Che quella formula si potesse applicare, non solo al garage rock, al pop giapponese, alla cumbia più o meno psichedelica, ma anche alla scena nostrana non ci aveva ancora pensato quasi nessuno, con antologie e compilation utilizzate per testimoniare un fenomeno ai suoi albori, o al massimo per riepilogarne gli apici della produzione.
Nel 2018, però, nei garage di Scampia, nei club di Berlino e nelle disco di Segrate ci scoprimmo a ballare con scampoli di neapolitan power mai arrivati al successo di critica o di pubblico, spesso dimenticati dagli stessi autori e interpreti. « Napoli segreta» (ri)scopriva «nuggets» veraci, custodite da dj e collezionisti che li condividevano non senza ritrosia: dietro quella antologia c’erano Lorenzo Sannino di Famiglia Discocristiana e Gianpaolo Della Noce di DNApoli, ma anche i Nu Guinea (Massimo Di Lena e Lucio Aquilina, talenti veraci trapiantati a Berlino) di «Nuova Napoli». « Napoli segreta vol. 2», uscito per la tedesca Ng records, conferma lo studio del repertorio minore newpolitano: funky, disco, afro, pre-acid jazz, trash sublime...
Come già nel primo album, spicca la presenza di un brano di Antonio Sorrentino, stavolta si tratta di «Luna lu’»: il cantattore, scomparso a soli 38 anni, nel 1998, viene ancora ricordato grazie a Valentina Stella che ne riprende ogni sera «’Nu penziero», drammatica melodia su un amico perso per colpa dell’eroina, ma è qui alle prese con ritmi ben più sostenuti, come in una coda del miglior neapolitan power, funkissima, scritta con Rino Giglio e Peppe Vessicchio, si, proprio lui. «Festa a Furcella», l’lp da cui proviene, come «’E prumesse», che stava sul vol. 1, è ricercatissimo dai collezionisti, disposti a pagarlo 100-150 euro.
Arriva sino ad 800 euro la valutazione di «Fantasticando», lp del 1979 attribuito a Tonica & Dominante, griffe che già il primo « Napoli segreta» aveva riportato all’attenzione: «Babilonia» conferma il groove esotico-ingenuo del combo messo in piedi guardando alle colonne sonore dei film poliziotteschi da autori come Tony Iglio e Antonio Moxedano. Dal cantato - poco intonato, ma che fa - in italiano si passa a quello in dialetto con Gibo & Pummarola Band: «Comm’’è chicazza ‘a chiattona ca’ vene a balla’, cu chella pacca paccona te po’ scamazza’», canta l’incipit alla Squallor di «Sexy pummarola», title track dell’album omonimo del 1985, frutto di una stagione che cercava di approfittare del successo di Pino Daniele per praticare ulteriori commistioni stilistiche, guardando anche alla pista da ballo, allora demonizzata dalla sinistra dura e pura, dai militanti dela canzone engage’. Etichetta misteriosa, la Tre Golfi Musica, tra le firme quella di Bruno Lanza, vista al servizio di Nino D’Angelo e Andrea Bocelli, per dirne solo due, trecento euro la quotazione. Più bassa - si trova sul mercato dai 250 ai 20 euro - quella per mettere le mani su «Reflection», singolo e album degli Ara Macao, tentativo italo disco del 1984 nelle cui fila troviamo musicisti poi ben noti come Adriano Pennino (produttore di Gino Paoli e Gigi D’Alessio), Paolo Picone, Roberta Andalò. Si trattava, come si vede, spesso di progetti messi in piedi da sideman, da turnisti che prestavano le braccia ma non il volto.
Etichetta più importante, la Harvest, e circolazione più vasta, dunque, e quindi tiratura più copiosa e valore minore sul fronte dell’usato, per il Tony Verde di «Calypso», latin jazz, in qualche modo precursore dell’onda acid jazz già nel lontano 1977. Verde, classe 1954, qui sfoggia il sax di Lol Coxhill, jazzista tra i più radicali, le tastiere di Vincent Crane (Arthur Brown, Atomic Rooster, Peter Green, Dexy’s Midnight Runners), e il basso di David Vorhaus (White Noise). Nel suo curriculum i Saint Just di Jenny Sorrenti, collaborazioni con Arbore, Albertazzi e molti altri prima di mettersi in proprio come produttore di musica elettronica.
Completano la raccolta «Dimme» di Maria Kelly (Luciano e Roberto Aita, Bob Fix e Aldo Mercurio tra i musicisti coinvolti), una versione di «Sciummo» attribuita a tal Bernardino (arrangiamento di Augusto Visco), una buffa traduzione di «Ain’t no sunshine» di Bill Whiters («Non c’è sole» di Armando Cusopoli, arrangiamento di Michele Schembri), e «Luci a New York» di Tony Iglio.
Nessun capolavoro ritrovato, «Campagna» o «Yes I know my way» restano perle inarrivabili, ma com’è divertente e stiloso ballare al ritmo della « Napoli segreta 2».
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