Nick Cave, il blues per il figlio è un viaggio al termine della notte

Nick Cave
Nick Cave
di Federico Vacalebre
Mercoledì 14 Settembre 2016, 13:48 - Ultimo agg. 15:16
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Alla Mostra di Venezia è stato protagonista senza esserci, con «One more time with feelings», il docufilm di Andrew Dominik vissuto da Nick Cave - è di lui che stiamo parlando - come un esorcismo dopo la morte del figlio Arthur, quindicenne precipitato nel 2015 da una scogliera sotto probabile effetto di Lds. Un esorcismo che continua con questo nuovo album, spettrale parto di bellezza feroce: inciso con i fedeli Bad Seeds (senza Barry Adamson e con Warren Ellis e Jim Sclavunos in gran spolvero), «Skeleton tree», è un viaggio al termine del dolore, un blues senza scampo, la notte nera in cui Lou Reed e Leonard Cohen provano a diventare Johnny Cash (o viceversa).
Il canto, che spesso è un talkin’, è pianto imploso, il sinth è un organo in una stanza senza più pareti nè senso, «Jesus alone» e l’ineludibile richiamo di «I need you» sono rosari profani annegati tra feedback che preferiscono ormai essere bordone piuttosto che esplosione. «Girl in amber» è una lapide sotto mentite spoglie canore.
Il cielo senza speranza di «Magneto» trova ingannevole balsamo nei cori femminili che guardano all’uomo di «Suzanne» e di «Marianne» come maestro di vita e dell’arte di attraversare il dolore, a tratti sembra di trovarsi di fronte alla versione maschile della Nico di «No one is there», ma con l’autocontrollo che l’australiano si è imposto dopo gli anni dissennati dei Birthday Party. Il potere terapeutico di questo rockeggiare pallido e assorto coinvolge l’ascoltatore portandolo in oscurità che ricordano lo sciamano Jim Morrison (di nuovo «Magneto»), ma facendo a meno di qualsiasi enfasi e sensualità. Più che elaborazione del dolore è la quotidiana pornografia della vita di un padre costretto a convivere con la scomparsa del figlio. Più che un requiem la disperata confessione di sopravvivenza al proprio futuro. La «murder ballads» tante volte intonate diventano canzoncine per bambini di fronte all’uomo che cammina con la morte in tasca, di fronte all’assedio dell’assenza, di fronte all’inevitabile consapevolezza che la vita deve continuare, e lo spettacolo pure, ma nessuno sa fino a quando, e nemmeno perché, se non per forza di inerzia, perché così fan tutti. Alla fine del disco, l’ascoltatore, perplesso e attonito, al nunzio sta. Poi riprende la «bad medicin», riascolta l’album, oscenamente intenso, di devastante fascino sadomaso. Il Re Inkiostro non ha mai conosciuto notte più buia, tenebrosa, senza consapevolezza di un’alba possibile. Un capolavoro.
 

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